Un semplice ritornello. Poi le parole conservate nella memoria, a distanza di anni. Nei momenti più difficili, in quelli più belli. La musica è quel piccolo angolo di mondo in cui cerco riparo, uno spazio protetto dalla memoria.
Da adolescente, la musica ha rappresentato per me un racconto alternativo, una seconda possibilità, l’espressione massima della mia immaginazione. Quando ritornavo a casa, negli anni difficili che cerco di ricordare in quella playlist di Spotify in cui conservo i brani della mia vita, cercavo subito le cuffiette. Quelle erano sempre dannatamente ingarbugliate, un po’ come le mie giornate. Poi la musica partiva.
Non è stato facile, non lo è mai per nessuno. Quando fuori il mondo ti urla di essere sbagliato, hai bisogno di confinarti in un mondo in cui ogni regola è lasciata alla metrica, al ritmo, alla tonalità. Sono tanti i brani che ancora oggi raccontano ciò che sono stato e ciò che sono; ho bisogno di ascoltarli spesso, quando credo che tutto stia andando per il verso giusto. Non è semplicemente una questione di supervisione della realtà, quanto una vera e propria necessità. Faccio memoria attraverso la musica. I miei ricordi hanno un suono, dolce e delicato, aggressivo e coraggioso. Consapevole delle varie esperienze di chi ha sofferto per bullismo, ecco qui dieci canzoni che mi hanno aiutato nei momenti più difficili.
1- A new day has come – Céline Dion
“I was waiting for so long, for a miracle to come”. La prima volta che ho ascoltato il brano, aveva da poco compiuto nove anni. Il bullismo omofobico era ancora lontano, mentre iniziavo a fare i primi passi nell’odio razziale. Certo, alle elementari ero già quello un po’ strano. “Chi è questa?”, mi chiedevano i compagni di classe, mentre me ne stavo con lo sguardo vuoto, a cercare una risposta. Ancora oggi, a quasi trentadue anni, mi chiedo cosa mi abbia spinto a scegliere A new day has come come melodia delle mie giornate, belle e brutte. Sarà il ricordo di quella pubblicità alla tv, con la merendina che sembrava una nuvola leggera, o la perfetta descrizione del Paradiso.
2- Festival – Paola e Chiara
“Festival sei tu la mia felicità, la mia notte magica”. C’è una certa universalità dietro questo brano. È un inno alla gioia, alla felicità, alle notti leggere e a quelle che sanno di mare. Da adolescente, aspettavo con ansia l’arrivo dell’estate. Niente più compiti, niente più offese. Solo caldo, balletti organizzati in riva al mare, quel bagnino che mi incuriosiva, la sua barba, il petto villoso. E poi? E poi mi ritrovavo a muovere il bacino, e tutto sembrava passare. Ma alla fine tutto tornava alla normalità. La scuola, lo sguardo arrabbiato dei miei compagni, i professori disinteressati. Nel mio mp3, Festival era una delle canzoni più ascoltate. L’ascolto anche oggi, mentre mi preparo ad affrontare le sfide più difficili. Niente più balletti di gruppo, è ovvio, ma il ricordo della sabbia calda riesce a strapparmi un sorriso sincero.
3 – Left outside alone – Anastacia
“All my life I’ve been waiting for you to bring a fairytale my way”. E poi tutto il resto. Il pezzo è un promemoria sulla sofferenza eterna, l’abbandono (in questo caso del proprio padre), ma anche di rinascita, che in qualche modo arriva, prima o poi. Fu mio padre a farmi ascoltare, per la prima volta, questa canzone. Da allora non me ne staccai mai più. Certo, oggi fa male, senza più un padre che ti guardi da lontano, mentre con le cuffie realizzi nuovi scenari possibili. Eppure, Left outside alone è ancora oggi quel brano sicuro, che riaccende in me tutta la sofferenza degli anni difficili, per poi annientarla, mentre il brano suona le ultime note.
4- …Baby one more time – Britney Spears
“My loneliness is killin’ me (And I), I must confess, I still believe (Still believe)”. Le parti tra parentesi urlate in falsetto. Baby one more time è la nostra innocenza giovanile, la totale noncuranza per il futuro, il compleanno della nostra compagnetta di classe alle elementari. E poi alle medie. Poi alle serate amarcord durante le superiori, e ancora all’università. È la mia testimonianza queer, il mio essere queer. Potrebbe risultare quasi blasfemo scegliere solo una delle tante canzoni della Spears. Abbiate pietà di me, non è facile. Chiuso nella mia cameretta, ricordo di aver intonato falsetti più alti di certe offese gridate in faccia. Mia madre sorrideva, poi mi lasciava cantare da solo. Ho provato anche a tingermi i capelli di biondo, da ragazzino, ma questa è un’altra storia.
5 – Complicated – Avril Lavigne
“Why’d you have to go and make things so complicated?”. Il singolo di debutto di Avril Lavigne parla di ribellione, problemi adolescenziali ed enormi viaggi mentali che oggi trovano ancora spazio nella nostra vita. Avril Lavigne era la cantante preferita della mia compagna di classe, una di quelle seduta in ultima fila, con i teschi colorati e i glitter sparsi nelle pagine del diario. Fu la prima a chiamarmi finocchio. Per molti anni, ogni volta che alla radio partiva una delle sue canzoni, iniziavo ad agitarmi. Poi un giorno, non ricordo quando, tutto è cambiato. No, la compagna di classe è rimasta omofoba, almeno per i tre anni delle scuole medie. Ciò che è cambiata era la mia consapevolezza: non avrei permesso a nessuno di scegliere per me. Certo, la vita è sempre un po’ complicata, ma bisogna pur partire da qualcosa.
6 – Sere nere – Tiziano Ferro
“Perché fa male, male, male da morire senza te”. Tiziano Ferro è il mood dei nostri giorni, dei tempi passati, degli amori scommessi e altri vinti. Sere nere è il riassunto accurato di chi ha sofferto per amore. O chi ha sofferto mentre cercava l’amore. L’amore dei miei compagni, dei miei parenti, di tutti coloro che si avvicinavano a me, sfiorandomi con un gesto, con una parola. Una canzone che ho cantato a squarciagola, quando da ragazzino credevo che per sfuggire al razzismo bastasse imitare quanto più possibile gli altri, nei pomeriggi caldi all’oratorio salesiano. Ogni persona queer, ogni soggetto discriminato ha vissuto sere nere. Ma alla fine, dietro l’oscurità, si cela sempre uno spiraglio di luce.
7 – Parlo con te – Giorgia
“E tu spiegami adesso tutto questo silenzio dove va a finire”. Io non l’ho ancora capito. Ho cercato per anni di trovare la fine dei mille silenzi che mi circondavano. E non ci sono mai riuscito. Poi arriva questa canzone, era il 2007, avevo appena iniziato le scuole superiori. Tutto intorno cambiava, anche il mio corpo. Riproducevo il brano in loop, nel mio mp3 nuovo. E ogni volta, rimanevo con le parole tra le labbra, come se scappassero da me, per cercare al posto mio un luogo in cui essere ascoltate. Ho pianto e sorriso e oggi ne conservo i ricordi più belli, quelli di una rinascita che parte da una canzone, per farsi messaggio universale.
8- Superstar – Jamelia
“I don’t know what it is that makes me feel like this”. Nel 2003, Jamelia cantava un brano che sarebbe diventato must have di un’intera comunità di aspiranti popstar, nella propria cameretta. Volume altissimo, stacco di coscia e subito in pista (cioè il tappeto di paperino nella mia cameretta). Ancora oggi, quando mi ricapita di ascoltare il brano, non posso che pensare a quanto fosse bello immaginare di essere altro. Popstar di successo, una superstar invidiata da tutti. Poi ritornavi alla realtà, con il lettore cd ancora tra le mani. Bei tempi. tutto il resto rimaneva fuori. Nel mio club c’era posto solo per i sogni.
9- A chi mi dice – Blue
“A chi mi dice che tornerai, non credo oramai”. Un po’ il brano recap della mia vita. Il testo è scritto da Tiziano Ferro (nei miei drammi c’è sempre lui). La versione inglese, Breathe Easy, è solo una scusa per soffrire anche in un’altra lingua. Lo scorso novembre li ho visti in concerto a Roma, con la cugina Samira che conosceva a memoria tutti i vecchi brani. Questa canzone è importante, per me, per una serie di motivi: mi ricorda la Tunisia, la prima letterina scritta alla compagna di classe per cui credevo di avere una cotta (ma era semplice negazione del sé). Mi ricorda il freddo delle giornate passate in un angolo, con la speranza di non essere preso di mira dai miei compagni. L’ascolto oggi e un po’ sorrido: quanto bisogna soffrire prima di essere felici?
10 – …
Voglio lasciare l’ultimo brano a te che stai leggendo. A te che hai sofferto. A te che grazie alla musica hai trovato uno spazio in cui riprendere aria. Muovendo velocemente i polmoni, quasi a farli scoppiare. La musica crea collettività, un grande spazio in cui riflettere, ballare, piangere, ridere. E adesso, dimmi: qual è il brano che ti ha salvato la vita?