AUT Magazine

Cronache da Carroll Gardens: appunti sotto le volte del Met, su famiglie e diritti per tuttə

di Alessandro Bentivegna
Cosa unisce due famiglie gay, un croissant decente a Central Park e la memoria dei sarcofagi egizi? In questa nuova puntata, Alessandro Bentivegna ci accompagna tra le sale del Met, tra tessere museali, brunch sospesi e domande scomode sulla democrazia. Perché i diritti civili, come i musei, sono spazi da abitare. Una riflessione in punta di penna sull’identità, i privilegi e il rischio (serissimo) di diventare progressisti solo nel proprio quartiere. Seconda puntata di Cronache da Carroll Gardens. Solo su Aut.
cronache CC

Qui a New York ho fatto diverse membership card, per saltare file e avere qualche vantaggio, accedere con discrezione a mostre temporanee, sedersi nei caffè museali senza dover dimostrare nulla se non una card in plastica.

Ieri mattina mi trovavo con la mia amica italoamericana Domy a passeggiare tra mummie e portali in pietra, parlando naturalmente di arte ma anche della differenza tra il gelato e l’ice-cream e sulla questione più spinosa di tutte: dove trovare la miglior pizza. Le risposte, naturalmente, le ho. Ma questo non è un blog per turisti, e inserirle qui suonerebbe out of context.
La fauna umana che popola i musei è, per l’appunto, varia. E chi crede che siano spazi riservati a scolaresche e intellettuali decadenti evidentemente non ci ha mai messo piede. I musei, oggi più che mai, sono i bastioni di una società civile e democratica, luoghi dove l’estetica si fa esperienza e il passato uno specchio per il presente. È lì che ho notato due famiglie.

La prima: colorata e fricchettona. con la figlia scalmanata che correva avanti indietro arrampicandosi su sarcofagi e pietre tombali di 4000 anni fa, mentre i genitori, con i loro accessori etnici si parlavano con una calma così dolce (e lo dico senza ironia) che sembravano quasi un’installazione performativa sul concetto di “libera educazione”.

Poi, una seconda famiglia ha attirato il mio sguardo: pacati, eleganti con due bambini educatissimi che ascoltavano le spiegazioni dei genitori, sembravano usciti da una campagna Ralph Lauren. A intuito, avrei detto: la prima veniva da Soho, o forse proprio da Carroll Gardens. La seconda, quasi sicuramente, dalle residenze art déco della Fifth Avenue e quel giorno la tata aveva il day off.

Usciti dal Met, Domy è dovuta andare via per un impegno. Io, da solo, ho preso posto a un tavolino nel cuore di Central Park, tentando di farmi piacere un espresso imbevibile, compensato da un sorprendentemente ottimo croissant. Ripensavo a quelle due famiglie, così diverse eppure simili. Perché entrambe (e questo dettaglio l’ho omesso fino ad ora) erano famiglie omogenitoriali. E qui cominciano le mie, diciamo così, serene considerazioni.

I diritti civili, come i musei, sono spazi da abitare secondo i mezzi, le attitudini e i vissuti individuali. Negli ultimi anni, i Democratici americani si sono spesi per l’approvazione di leggi che hanno permesso matrimoni egualitari, adozioni, gestazioni per altri, strumenti, in sostanza, per garantire a tutti il diritto di realizzarsi con pari dignità.
Questa “normalizzazione” ha avuto effetti profondi: molte coppie omosessuali oggi si sentono legittimate ad abitare lo spazio pubblico senza abbassare lo sguardo o diventare loro malgrado soggetti politici. Alcuni, persino, hanno riconciliato la propria identità con un voto conservatore. In America (forse un pò meno a NY) ci sono tantissime coppie gay con figli, che votano a destra. Pensate a Peter Thiel (fondatore di PayPal), imprenditore, trumpiano convinto, marito e padre, orgogliosamente gay. E qui arriva la mia domanda provocatoria e puramente teorica.

Supponiamo che la sinistra italiana riuscisse a far passare una legge che consentisse anche agli immigrati tutti di votare, anche quelle donne che raramente possono uscire da casa e quegli uomini fossilizzati nelle loro frequentazioni di soli maschi con cui condividono ideologie religiose e convinzioni sociali, quelli che, esattamente come la categoria “omosessuali”, rappresentano un “territorio politico”. Facciamoli votare tutti in un referendum su temi cruciali: divorzio, aborto, adozione e gestazione per altri, diritti delle persone trans. Aggiungiamo pure una legge che consenta di trasmettere solo il cognome della madre, e, perché no, l’inserimento del matrimonio egualitario nella Costituzione. O, al contrario, il rigetto totale e definitivo di tutte queste istanze. Secondo voi, se votassero anche loro, chi vincerebbe?

Care lettrici e lettori, possiamo essere d’accordo nel dire che i diritti sono diritti e non appartengono né alla destra né alla sinistra. Ma la natura umana è più contorta della nostra migliore retorica. Pensare che solo la parte “virtuosa” della società possa esercitare il diritto di voto è una forma di elitismo immorale, incompatibile con qualunque regime democratico.
Il cammino verso una civiltà pacifica è lungo, forse infinito. Eppure vale la pena percorrerlo, pur sapendo che ogni avanzamento nei diritti potrebbe, paradossalmente, condurre alla capitolazione definitiva della cultura progressista. O, peggio, all’instaurazione di un modello contemporaneo e intersezionale di regime autoritario.

Nel frattempo, non smettiamo di lottare. Anche se il terreno è scivoloso e il finale, per nulla garantito.
E da Carroll Gardens, per oggi, è tutto.

[Correlata a questa rubrica l’autore ha realizzato questa playlist. Ascoltala qui: LIVING IN THE CITY]

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EN-VERSION

Chronicles from Carroll Gardens: notes under the vaults of the Met, on families and rights for all

Here in New York, I’ve signed up for several membership cards—to skip lines and get a few perks, to access temporary exhibits discreetly, to sit in museum cafés without needing to prove anything beyond a plastic card.
Yesterday morning, I was walking through mummies and stone portals with my Italian-American friend Domy, naturally talking about art—but also about the difference between gelato and ice cream, and tackling the thorniest question of all: where to find the best pizza.
I do have answers, of course. But this isn’t a tourist blog, and dropping them here would feel out of context.
The human fauna that populates museums is, in fact, diverse. Anyone who still believes museums are only for school groups or washed-up intellectuals clearly hasn’t stepped inside one in a while. Museums today—more than ever—are the strongholds of a civil, democratic society: places where aesthetics become experience and the past becomes a mirror for the present.
That’s where I noticed two families.
The first: colorful and hippie-ish, with a hyperactive daughter running back and forth, climbing on 4,000-year-old sarcophagi and tombstones, while the parents—decked out in ethnic accessories—spoke to each other with such gentle calm (and I mean this with zero irony) that they almost seemed like a performative installation on the concept of “Education without social rules” Then, a second family caught my eye: calm, elegant, with two impeccably well-behaved children listening intently as their parents explained things. They looked like they’d stepped right out of a Ralph Lauren campaign.
If I had to guess, I’d say the first family was from Soho—or maybe even Carroll Gardens itself. The second, almost definitely from the art déco residences along Fifth Avenue, and their nanny must’ve had the day off.
After leaving the Met, Domy had to head out for an appointment. I found a seat at a small table in the heart of Central Park, trying (and failing) to enjoy an undrinkable espresso, offset by a surprisingly excellent croissant.
My thoughts returned to those two families—so different, yet so similar. Because both of them (and I’ve omitted this detail until now) were same-sex families.
And this is where my, let’s say, serene reflections begin.
Civil rights, like museums, are spaces to be inhabited according to one’s means, inclinations, and lived experiences.
In recent years, the American Democrats have championed laws enabling marriage equality, adoption, surrogacy—instruments, essentially, to ensure that everyone can realize themselves with equal dignity.
This “normalization” has had profound effects: many same-sex couples today feel legitimized to inhabit public space without lowering their gaze or becoming, unwillingly, political subjects. Some have even reconciled their identity with a conservative vote. In America (less so in New York), there are lots of gay couples with kids who vote Republican.
Just think of Peter Thiel (co-founder of PayPal), a staunch Trump supporter, entrepreneur, husband, father—proudly gay.
And here comes my provocative, purely theoretical question:
Let’s suppose the Italian left managed to pass a law granting voting rights to all immigrants—even the women who are rarely allowed to leave the house, and the men entrenched in all-male social circles, sharing religious ideologies and traditionalist views. These are people who, much like the “homosexual” category, represent a “political territory.”
Now imagine putting to a referendum some of the most critical issues: divorce, abortion, adoption and surrogacy, trans rights.
Let’s throw in a law allowing children to carry only the mother’s surname, and why not—add marriage equality to the Constitution.
Or, on the contrary, imagine a total and final rejection of all these initiatives.
If they all voted—who do you think would win?
Dear readers, we can agree that rights are rights. They don’t belong to the left or the right. But human nature is more twisted than our best rhetoric.
Believing that only the “virtuous” part of society should get to vote is a form of immoral elitism, incompatible with any democratic regime.
The road to a peaceful civilization is long—perhaps endless.
And yet, it’s worth walking, even knowing that every advancement in rights might, paradoxically, lead to the final collapse of progressive culture. Or worse—the rise of a contemporary, intersectional model of authoritarian regime.
In the meantime, we must keep fighting. Even if the ground is slippery and the outcome is far from guaranteed.
And from Carroll Gardens—for today—that’s all.

[Listen this playlist: LIVING IN THE CITY]

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Majid Capovani
Stai fermo un turno, anzi, due! La (velata) oppressione delle identità impreviste

Non si è solo emarginatə in quanto queer, ma in quanto queer e razzializzatə, in quanto queer e religiosə, queer e neurodivergentə/disabilə e molte altre possibili combinazioni. Trovare dei luoghi davvero safe, in cui poter esprimere liberamente la propria identità con tutte le sue intersezioni, diventa molto difficile, contribuendo ad alimentare quel senso di solitudine e isolamento che moltə di noi si portano dietro, imprevisti di una società che non contempla esistenze e vissuti come i nostri. Strettə nella sensazione di essere sempre “troppo” o “troppo poco”.

Luca Ragazzi
Festival di cinema queer in Italia. Lo stato dell’arte

In tempi in cui il cinema è nel nostro salotto, hanno ancora senso i festival? Se i film a tematica LGBTQIA+ ormai vincono gli Oscar, ai festival restano solo gli scarti? Non è così. Dietro questi festival c’è un enorme lavoro di ricerca.

Milo Serraglia
Perché è importante la carriera alias nelle scuole e sul lavoro

Le vite delle persone trans* sono sotto bombardamento istituzionale e mediatico: ispezioni, illazioni, interrogazioni parlamentari, talk televisivi, raccolta firme piegati alla retorica pro-life. Alla battaglia contro la carriera alias, ora si aggiunge il caso dell’Ospedale Careggi di Firenze con l’ennesimo attacco strumentale nei confronti delle persone più piccole della nostra comunità, bambin* e adolescenti gender variant. E’ necessario proteggere le persone trans* più giovani a partire dal diritto allo studio e a non essere oggetto di discriminazione, proprio come prevede la nostra Costituzione.

Mohamed Maalel
Imprevisti e probabilità: essere italiani di seconda generazione

Nascere e crescere in Italia con un padre tunisino e una madre italiana spesso significa essere ritenuti soggetti al limite, continuamente in cerca di definizione. Siamo sicur* di star giocando con le stesse regole?

Marcello Lupo
Vai in prigione! Storia di una rinascita

Quanti sono i pregiudizi e le difficoltà che gli ex detenuti devono fronteggiare quando vengono reintrodotti nella società? La reintegrazione nel tessuto sociale e lavorativo è un passo cruciale per la vera libertà e il cambiamento positivo nella vita di chi ha scontato una pena e deve essere messo in condizione di tornare alla vita.

Aldo Mastellone
Soldi colorati: come riconoscere il rainbowashing nelle campagne Pride

Nella città di Monopolis come orientarsi nella comunicazione aziendale della diversity e inclusion? Perché un’azienda decide di esporsi su questi temi? E’ vero che “guadagnano sulla nostra pelle” come spesso leggiamo sui social network? Ed è davvero solo per soldi? Ecco una guida semplice e pratica su come riconoscere il rainbowashing. 

Marina Cuollo
Tu non giochi! Rivoluzionare la rappresentazione della disabilità nei media.

Mentre i paesi anglofoni iniziano ormai a considerare inammissibile la simulazione del corpo disabile come performance attoriale, in Italia questa è una pratica ampiamente diffusa. Riconoscere l’importanza di avere persone con disabilità nell’intera filiera dell’industria audiovisiva è un passo fondamentale. Che è tempo di fare.

Isabella Borrelli
Sfamiglia Queer: da cura a pratica politica

La decostruzione della famiglia tradizionale: una riflessione sulle nuove dinamiche relazionali che mettono in discussione una serie di concetti che non ci rappresentano più nelle identità. E ancora: l’importanza delle reti relazionali queer e le sfide nel contesto politico contemporaneo. Perché oggi più che mai la famiglia è politica.

Luca de Santis
Il mio mondo nei videogiochi

In occasione dell’uscita del suo nuovo romanzo “Gamer girl”, abbiamo intervistato Valerie Notari, autrice transgender, gamer e veterana del cosplay italiano. Un intimo sguardo a un’altra famiglia, quella virtuale del mondo dei videogiochi. Una conversazione appassionante sulla crescita personale, l’identità di genere e il potere transformativo delle storie.

Sciltian Gastaldi
Storia di un gruppo rivoluzionario degli anni ’80

Uno dei primi esempi di quella che oggi chiamiamo famiglia queer ebbe origine proprio a Roma, tra le persone del gruppo dirigente del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, nella seconda metà degli anni ‘80. Una domenica pomeriggio, abbiamo riunito in un salotto romano alcuni di loro: Francesco Gnerre, Giorgio Gigliotti e Andrea Pini, e ci siamo fatti raccontare da loro quella che fu la loro ‘comune frocia’. Nel ricordo di Marco Sanna.

Sara Paolella
Scomodo: una questione di famiglia

Scomodo è uno dei prodotti editoriali più interessanti degli ultimi anni. E’ un mensile cartaceo di approfondimento che rappresenta uno spazio di espressione per centinaia di redattori, artisti, creativi e scrittori under 30. Come Aut, combattono la superficialità, la mancanza di approfondimento dell’informazione mainstream e vogliono connettere mondo fisico e digitale. E la redazione è all’interno dello Spin Time, spazio di rigenerazione urbana a Roma. Se non sapete chi sono, è tempo di conoscere questi ragazzi.

Luca de Santis
Queer family: le serie TV che la raccontano meglio

Nella comunità LGBTQIA+ la famiglia ha tanti significati, più ampi e complessi di quanto si creda, e le serie TV negli ultimi anni hanno provato a raccontarle. Io ho chiesto alla mia famiglia queer di mandarmi un vocale con i loro titoli preferiti. Un po’ diario, un po’ podcast, un po’ una finestra intima. Perché se si ha avuto la fortuna di incontrare persone così speciali, condividerle è il miglior regalo che si possa fare.

Mauro Angelozzi
Madonna Celebration Tour: riunione di famiglia

Quello che Madonna ci ha sempre insegnato è che non è nei legami di sangue che si trova la pace. E quella che si è ritrovata intorno a lei in occasione del Celebration Tour è sicuramente la sua fedele e inossidabile (come lei) queer family: vite sopra le righe, famiglie dove tutto è possibile, dove ci si ama e ci si odia in libertà, dove la stravaganza si fa arte e il genere conta zero. Noi eravamo alla tappa di Colonia e vi raccontiamo com’è andata. 

Karma B
A Michela Murgia

“Ricordatemi come vi pare”, ha detto, e si è fatta isola, miraggio superiore, fata morgana, distanza da non colmare, qualcosa che non si può ricordare, come un verbo che ha solo il presente, impossibile da coniugare. Se esistessero le parole giuste per “dire” Michela Murgia sarebbero quelle che le Karma B hanno dedicato a lei sul palco dei Rainbow Awards 2023, di fronte al marito, il figlio e una parte della sua numerosa e variegata queer family. 

Roberta Ortolano
Il nostro percorso di procreazione medicalmente assistita 

Un viaggio intimo attraverso le sfide della maternità lesbica: un racconto di coraggio, speranza, resistenza e determinazione con il sogno di diventare genitori.

Giovanni Raulli
Casa Arcobaleno: le famiglie che ti salvano

Siamo entrat* all’interno di Casa Arcobaleno, il rifugio per giovani LGBTQIA+ espulsi dalle proprie famiglie. Perché non sempre le famiglie di origine rappresentano un porto sicuro. E per salvarci abbiamo bisogno di scialuppe di salvataggio.

Egizia Mondini
L’editoriale – Queer families

Le famiglie queer, intese come reti di affetto e sostegno costruite al di là dei tradizionali legami di sangue, rappresentano un esempio tangibile di amore, inclusività e solidarietà. Quanto sono state importanti in passato e quanto lo sono ancora oggi?

Andrea Pini
Co-housing: una proposta per vivere insieme

Dove spariscono le persone LGBTQ+ quando invecchiano? La maggior parte si ritira riducendo contatti, relazioni ed attività sociali, fino all’invisibilità. Eppure sono tante le energie, le competenze, le esperienze che possiamo mettere in circolo per far fluire in azioni di aiuto reciproco. Serve un ponte tra le vecchie e le nuove generazioni, che dia un senso ai ricordi degli uni e forza agli altri. E il co-housing può rispondere a questa esigenza.

Pino Anastasi
Famiglie di salvataggio ai tempi dell’aids

Un viaggio nelle memorie di chi ha affrontato l’epidemia di aids, dalle prime notizie a una tesi di laurea, da Muccassassina all’Unità di Strada, il  racconto di chi ha trasformato l’impegno in sostegno.

Chiara Tesei
Di salute mentale e tabù di coppia

Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.

Elena Incatasciato
Di bisessualità e pansessualità

Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.

Ali Bravini
Di poliamore, neurodivergenze e salute mentale

Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.

Michela Andreozzi
E se non voglio essere madre?

Essere donna prima di essere madre. Decidere di NON avere figli è ancora un tabù. Dalla discriminazione alla scelta: il percorso verso una vita senza maternità raccontato dalla sagace penna di Michela Andreozzi.

Egizia Mondini
L’editoriale: quali sono i tabù di oggi?

Quello che è tabù per uno può essere pregiudizio per un altro. Quando apriamo il barattolo e dobbiamo decidere cosa metterci dentro, le diverse prospettive emergono e diventano esse stesse un interessante spunto di riflessione e confronto. 

Alessandro Michetti
Il porno è ancora un tabù?

La vergogna è il braccio armato dei tabù, che a loro volta sono l’impalcatura che tiene in piedi uno dei dogmi più insidiosi e castranti che esistano: la sacralità del sesso. Intervista ad Alice Scornajenghi, creatrice dell’acclamata fanzine erotica Ossì, spazio per una narrativa porno di qualità.

Raffaella Mottana
Soli

Il tema tabù coinvolge anche la questione delle nuove coppie: troppie, coppie aperte, poliamoros*. E proprio a questo è ispirato questo racconto. Un altro frutto della collaborazione con Accento Edizioni con i suoi promettenti, brillanti giovani autori. 

Francesco Ferreri
Tabù, tra paura e controllo

Il potere dei tabù: strumenti sociali di controllo e l’influenza infettiva all’interno dei gruppi, anche lgbtqia+.

Giulia Paganelli
Corpi grassi: tabù e identità nella comunità LGBTQIA+

Grassofobia: la battaglia contro gli stereotipi nella comunità LGBTQIA+, nell’era di Sam Smith.

Ali Bravini
Basta un pezzo di carta (?)

Tabù di genere e percorsi trans: la necessità di un cambio radicale.

Luca Ragazzi
La sessualità tra gli anziani nel cinema: oltre il tabù 

Desiderio e intimità: rappresentazioni della sessualità tra anziani, oltre gli stereotipi. Ecco un’antologia dei film che trattano (bene) l’argomento. 

Egizia Mondini e Alessandro Michetti
Lo stigma della depressione

Intervista al Trio Medusa, ambassador della campagna “La Depressione non si sconfigge a parole”.

Valeria Scancarello
Il “peso” dello stigma: centimetri della mia storia

Affrontando la grassofobia: una riflessione personale sulla società e l’accettazione di sé.

Egizia Mondini
L’editoriale – Nuove mappe per orientarsi

C’è venuta voglia di indagare nuove geografie, zoomando sui dettagli, sbirciando dentro i vicoli delle nostre sfumature, vedendo fino a che punto ci siamo spinti alla scoperta di nuovi territori, ridisegnando la mappa del nostro ecosistema. Ne è emersa una nuova cartografia della comunità lgbtqia+, e non solo, intrigante e stimolante, ma con confini mai troppo definiti. Non vi resta che sfogliare l’atlante insieme a noi.

Isabella Borrelli
Il linguaggio inclusivo fa schifo

“Vi inventate sempre nuove parole” è l’accusa più diffusa e fessa mai fatta alla comunità lgbtqia+. Il linguaggio neutro ha provato a proporre nuove mappature che scardinassero il maschile universale. L’utilizzo di linguaggi neutrali e non binari ha avvistato una nuova terra del linguaggio queer. La rottura del paradigma, della norma e del cambiamento è invece non solo qualcosa a cui aspirare ma una pratica politica. E’ anche attraverso il cambiamento e sovvertimento del linguaggio che pratichiamo la nostra dissidenza. E affermiamo la nostra esistenza. 

FRAD
Non si può più dire niente?

Sembra l’argomento del momento, anche in bocca a chi ancora fa fatica a capirne il senso. Un senso prima ancora umano che politico. E allora noi, abbiamo pensato di prenderci anche un po’ in giro. Per non farci dire che ci prendiamo sempre e solo troppo sul serio. E chi meglio di FRAD poteva riuscirci? Ma davvero con noi persone LGBQTQIA+non si può più dire niente? E non si può scherzare? Per fortuna ci sono le vignette di Frad.

Antonia Caruso
È davvero inclusivo parlare inclusivo? 

Abbiamo iniziato davvero a credere che cambiando le parole sarebbe cambiato il mondo. Se non ché, il resto del mondo continua a non saper né leggere né scrivere e la lingua del futuro non sarà sicuramente l’italiano.

Jennifer Guerra
Il movimento trans-femminista oggi in Italia

Non solo grandi città. Dalle Case delle donne ai centri antiviolenza; l’importante rete di supporto della rete transfemminista italiana cresce nei piccoli centri con oltre 150 gruppi e iniziative.

Gayly Planet
Le nuove geografie del turismo LGBTQIA+

Dai Grand Tour ai Gay Camp: il turismo LGBTQIA+ in Italia racconta la storia della nostra comunità, dall’Ottocento fino ai giorni nostri.

Vincenzo Branà
L’importanza dei pride di provincia

Piccoli centri, grandi Pride: dal caso di Latina a quello di Campobasso, dalla crescita di Ragusa all’abbraccio orgoglioso di Lodi. E se la politica LGBTQIA+ ripartisse da qui?

Alessia Laudoni Moonday_yoga
Mappe corporee: un viaggio affascinante di connessione e consapevolezza 

Chakra e identità, la connessione tra corpo e spirito è un viaggio di consapevolezza e integrazione che porta allo svelamento del proprio sé al resto della comunità.

Livia Patta
Una mappa verso il Sé: le costellazioni familiari

Accettazione e identità, liberando il passato e imparando dal lessico familiare. Il potere dei legami relazionali cambiano vite, costruiscono comunità, generano galassie.

Luca Ragazzi
Guida per orientarsi nelle piattaforme on demand

Se parliamo di mappe per orientarsi, allora sappiamo bene quanto possa essere utile una guida per non perdersi nei meandri labirintici e infiniti dei film a tematica lgbtqia+ delle library delle piattaforme on demand. Questa la nostra.

Alessandro Michetti
Via Balilla, è così che dovrebbe andare il mondo

Esplorando uno dei quartieri più accoglienti della comunità LGBTQIA+ a Roma, protagonista del documentario “Noi qui così siamo” di Maurizio Montesi.

Collettivo “La Gilda del Cassero”
Geografie queer dal pianeta nerd

La Gilda di Bologna da anni promuove i giochi da tavolo come strumento di impatto sociale e politico per le persone LGBTQIA+, battendosi per una giusta rappresentazione e decolonizzazione degli immaginari ludici.

Mohamed Maalel
Palermo è la mappa del mio corpo

Un diario pieno di coordinate alla ricerca di ricordi, aspettative e identità, nella capitale più LGBTQIA+ della Sicilia. Il racconto intimo e personale di un pugliese, per metà tunisino, che lascia la sua terra per un posto tutto nuovo: la Palermo di oggi.

Nicolò Bellon
Guida agli uomini passati di qua

Tra le note di Milva e Dalla, tra le strade di Roma e Biella, il giovane scrittore Nicolò Bellon disegna una mappa di ricordi, sentimenti e malinconie.

Alessandro Michetti
Chieti, la provincia che vive in mille città

Vivere l’identità LGBTQIA+ nei piccoli centri e il bisogno di spazi sicuri e protetti dall’omotransfobia: un’intervista al consigliere Arcigay di Teramo, Fabio Milillo.

Edoardo Tulli
Per una città diversa in una società di uguali

Una lotta che dal 1994 arriva a oggi: un progetto di riqualificazione per rompere i confini e accogliere la comunità del Palazzo Mario Mieli nel quartiere San Paolo a Roma.

Giacomo Guccinelli
Asessualità e aromaticismo. Identità politiche e narrativa dell’assenza

Le persone aroace, asessuali e aromantiche, sono identità che problematizzano, mettono in dubbio e si sottraggono da ciò che la maggioranza pensa sia normale all’interno delle dinamiche relazionali. Disegnando nuove geografie dei rapporti.

Simone Gambirasio
Corpi disabili, corpi invisibili

I luoghi di visibilità LGBTQIA+ sono davvero così accessibili per le persone con disabilità?

Antonia Caruso
Occhio non vede, cuore non vota

L’invisibilità si crea con l’esclusione dal campo visivo, è un processo attivo e selettivo per annullare l’essenza dell’altro. Ed è soprattutto all’interno della popolazione trans che troviamo un gatekeeping interno.

Stephan Mills
Il mio corpo intersex invisibile

Perché così poche persone conoscono la realtà intersex? E’ tempo di rendere più visibile una realtà ancora troppo poco conosciuta: quella dei corpi intersex. Un percorso di lotta per ottenere i cambiamenti desiderati e di accettazione degli aspetti che non vogliamo cambiare. 

Egizia Mondini e Alessandro Michetti
L’editoriale: Invisibili

Essere visibili è un atto politico, di autoaffermazione, autodeterminazione e affrancamento, ma anche un’urgenza esistenziale, oltre che di condivisione. Perché “fuori dalla collettività c’è solo la mitomania”. 

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