Nelle ultime due settimane i vestiti si accumulano nel cesto della biancheria sporca. All’inizio Nicola non ci fa caso, continua a buttare le camicie sopra la pila. Quella che ha addosso è l’ultima pulita.
In bagno trasferisce i vestiti dal cesto alla lavatrice, chiude l’oblò. Fissa i pulsanti, i numeri, passa il dito sui programmi. Di solito è Eva a fare il bucato. Il suo sguardo si sposta dai programmi alla roba ammassata in lavatrice. Prende il cellulare e chiama sua madre. La mette in viva voce e segue le sue istruzioni: mettere il detersivo, l’ammorbidente, il salva colori, scegliere il programma, la centrifuga, avviare. La chiamata dura più del previsto perché deve cercare il detersivo, l’ammorbidente, il salva colori, alla fine però la lavatrice si avvia.
Quando finisce tira fuori il bucato. Deve scrivere a Eva per sapere dove tengono lo stendino. Lo mette in soggiorno, dietro il divano, e inizia a disporre magliette, camicie e mutande. Ha quasi finito di stendere quando, dal fondo del catino, prende una delle ultime maglie. Sta per metterla sui fili quando le dà una seconda occhiata. La tira su, tenendola davanti a sé. Deve essere di Eva, ma c’è qualcosa di sbagliato: è molto corta, troppo, potrebbe essere una taglia bambino.
“Ah, cazzo”.
Sbuffa, appallottola la maglia buttandola nel catino. Ci ripensa, la stende insieme al resto.
Passa davanti allo stendino quando torna dal lavoro, tasta i vestiti ancora umidi. Prende la maglietta, che è di un blu scuro, forse quando asciugherà sarà più chiara. È sempre troppo corta e stretta. Sbuffa, la stende di nuovo.
Eva è dai suoi genitori per il fine settimana, gli ha scritto quando è arrivata da loro. Le ha risposto che la ama, non le ha detto della maglietta. Magari non è una a cui tiene, non ricorda di avergliela mai vista addosso.
Lunedì mattina Nicola apre gli occhi, la stanza è ancora buia ed Eva non è a letto. È davanti all’armadio, china su un cassetto aperto.
“È presto” le dice.
“Scusa, ti ho svegliato?”
Nicola non risponde.
“Hai lavato la mia maglia? È blu, di seta?”
“Non la trovi?”
“La sto cercando da dieci minuti”.
“Hai guardato sullo stendino?”
“Non l’ho vista, per quello ti ho chiesto se l’hai lavata”.
“Non puoi metterne un’altra?”
“Volevo quella”.
“Senti, non arrabbiarti… mi sa che te l’ho ristretta”.
Eva chiude il cassetto, quello fa un rumore secco.
“No… sei sicuro?”
“Non lo so, è blu…”
“Ma come hai fatto?”
“Boh, era in lavatrice!”
“Avrai usato un programma sbagliato”.
“Ho messo cotone qualcosa. È l’unica cosa che si è rimpicciolita”.
Eva esce dalla stanza, Nicola sposta le coperte e la segue. La trova davanti allo stendino, senza dire niente le passa la maglia. Lei la apre, sistemandola sopra i fili, la esamina. È così piccola, di sicuro non le sta più. Nicola tocca un lembo: il tessuto è ruvido, se era seta, ormai è insalvabile.
“Non ho fatto apposta” dice.
Eva sta in silenzio.
“Senti, scusa, te la ricompro”.
“Non è mia”.
Nicola guarda di nuovo la maglia, potrebbe stare a qualcuno di tre o quattro taglie meno di Eva.
“No?”
“Ti sembra mia?”
Non vuole dire la cosa sbagliata: Eva è suscettibile riguardo al suo corpo, al suo peso, una volta aveva avuto una crisi di nervi quando si era accorta che un suo vestito, che le era sempre andato bene, era stretto.
“Pensavo di sì” dice. “Meglio se non è la tua cosa di seta, no?”
Eva tira un lembo della maglietta.
“Davvero non sai di chi è?”
“Te l’ho detto, pensavo fosse tua e che la lavatrice l’avesse rovinata”.
“Non è mia”.
“Okay”.
Restano in silenzio per un attimo, poi Eva parla.
“Non è ancora passata a prendersi le sue cose”.
Nicola guarda Eva, poi la maglia. Capisce.
“Devo dirle di venirsele a prendere?”
“No. È che… la sua valigia è qui, non la vuole? Non le servono i vestiti?”
Non sa che cosa dire, dopo un primo momento in cui parlavano solo di lei, non l’hanno più nominata.
“Posso scriverle di nuovo…”
“Non ti ha risposto, non ti ha scritto?”
“No, te l’ho detto. Dopo un po’ ho smesso di mandarle messaggi”.
“Secondo te se le scrivo per dirle che abbiamo trovato la sua maglia?”
“Se ha qua la valigia e non le interessa…”
“Sì ma questa la metteva sempre! Come fai a non ricordarti?”
“Eva, boh, è una maglia, non è che è speciale” dice Nicola. “Vuoi scriverle?”
“Non lo so, l’ultima volta non mi ha risposto”.
“L’ultima volta quando?”
“Settimana scorsa? Credo”.
“Non mi avevi detto che le avevi scritto”.
“Pensavo di sì”.
“No”.
“Bè, non ha risposto”.
Nicola non dice niente per un po’. La maglia è ancora aperta sullo stendino.
La sera, quando torna dal lavoro, Eva ha ritirato il bucato. La chiama, segue la sua voce in camera. È seduta davanti a una valigia aperta. Alcuni vestiti sono lì dentro, altri sparsi sul pavimento.
“Stavo sistemando le cose” dice Eva.
Nicola non risponde. Toglie la camicia e si sdraia sopra le coperte, pensa a loro due insieme, senza di lui.
“Ti manca?” chiede Eva. Ha preso la maglia blu dal mucchio, la sta piegando. “Qualche volta a me manca, mi ero abituata ad averla qui. Un po’ mi piaceva”.
“Solo un po’?”
“Ma che hai?”
“Niente”.
Eva butta la maglia insieme agli altri vestiti, si siede sul letto.
“Guarda che di lei non mi importa, è solo che è strano essere di nuovo solo noi due”.
Nicola resta in silenzio.
“Non mi credi?”
“Perché ci hai fatto sesso?”
“Sei davvero arrabbiato per ‘sta cosa? È successo solo una volta, era un gioco!”
“Era la mia ragazza”.
“Ti piaceva quando facevamo sesso”.
“Sì, quando c’ero anch’io”.
Era sempre stato un tipo generoso, da bambino condivideva i suoi giochi senza fare capricci, ma non voleva che gli altri li portassero via, voleva che ci giocassero insieme a lui.
Eva gli si sdraia accanto. Sente il suo seno contro il braccio, la mano che gli accarezza la coscia.
“Se ti racconto com’è stato smetti di essere arrabbiato?” gli chiede.
La mano si sposta più su.
“Forse”.
Eva parla e lo tocca, infila le dita sotto i vestiti e gli stringe il cazzo. Gli parla di Laura senza mai chiamarla per nome, dice solo “lei”. Racconta quanto era bagnata, il modo in cui la fica ingoiava le sue dita, com’era calda, il modo in cui gemeva.
Racconta e muove la mano sul suo cazzo sempre più duro, gli si struscia addosso.
“Mentre me la scopavo pensavo a te, come sarebbe stato raccontartelo” dice e Nicola viene.
“La prossima la scopiamo insieme” le dice. Ha già in mente qualcuno, sul cellulare fa vedere a Eva il profilo Instagram di una ragazza magra e carina. Lei fa un cenno del capo, come a dirgli che va bene, ha ancora la mano sulla sua pancia appiccicosa di sperma. Nicola prende i fazzoletti dal comodino, gliene passa uno. Si pulisce e la guarda pulirsi, poi si alza e va in bagno. Quando torna, Eva è di nuovo seduta davanti alla valigia, non ci sono più vestiti per terra, sono tutti dentro, ben ordinati. In cima alla pila c’è la maglietta blu, piegata in un quadratino piccolo piccolo.