In un viaggio attraverso il mondo del cosplay e dei videogiochi, ci addentriamo nell’universo unico di Valerie Notari, conosciuta anche come Imriel, gamer ma anche divulgatrice sui temi lgbtqia+. Da rappresentante italiana all’EuroCosplay del 2014 a membro del team italiano al World Cosplay Summit di Nagoya due anni dopo, Valerie oggi si sta affermando nel mondo della scrittura. Nel 2021 ha debuttato con il suo primo romanzo “Cosplay Girl” (Mondadori), oggi esce con il suo secondo lavoro ispirato al famoso gioco League of Legends: “Gamer girl”, un #ownvoice che racconta il mondo degli e-sports.
Quand’è la prima volta che ti sei sentita rappresentata?
Con il tipo di percorso di vita che ho fatto, non è una domanda semplice a cui dare risposta. Ci sono stati molti esempi, nel cinema come nei videogiochi, di personaggi che mi hanno in qualche modo toccata su corde di cui a malapena intuivo l’esistenza, quindi non saprei individuare un momento in cui questa rappresentazione è stata ai miei occhi chiara come il sole. Mi sentirei però di citare due storie, che sono state importanti in due fasi distinte della mia vita: la prima è “Sense 8”, la serie delle sorelle Wachowsky, che ho seguito fin dall’inizio. All’epoca, vivevo credendomi un ragazzo cisgender ed etero e fu il mio primo, vero impatto con una storia queer di quella portata, la prima volta in cui vidi una donna transgender e lesbica raccontata come un personaggio a tutto tondo, con sogni e ambizioni in cui ho potuto riconoscermi, e non come una macchietta stereotipata. Negli anni, questa serie è diventata una zona di comfort assoluta per me, la riguardo spesso, e ogni volta scopro che riesce a parlare a una parte nuova di me. L’altra storia è quella del film di “Barbie” di Greta Gerwig. E’ uscito nel momento preciso in cui la mia transizione stava cominciando a dare dei risultati fisici davvero significativi, ma soprattutto è stato il film che per primo mi ha fatta davvero sentire inclusa come donna. Il modo in cui è in grado di parlare a tutte noi, trans o cis, di qualsiasi etnia o estrazione sociale, lo trovo incredibile. Ricordo bene, uscita dalla sala, di essere andata in bagno con le mie amiche ed essermi ritrovata circondata da donne, tutte vestite di rosa come noi. C’era qualcosa nei nostri sguardi, nelle occhiate che ci siamo scambiate, una sorta di mutuo riconoscimento, di senso di sorellanza. Non lo dimenticherò mai.
Essendo una gamer trovi difficoltà nelle community di videogiochi come persona transgender?
Non nel mio quotidiano, sebbene anche io non sia stata immune a episodi di transfobia online. Per fortuna, sono circondata da mutual e followers che mi sostengono e che più di una volta sono accorsi in mia difesa nel momento del bisogno. Detto questo, quella del gaming è una community ancora estremamente maschile e maschilista, il che rende complessa l’esperienza di qualunque donna, cis o trans, che si approcci a quel mondo, specie se lo fa a livello professionale, come pro-gamer, streamer o content creator.
Nei videogiochi come sta cambiando la percezione dei personaggi LGBTQIA+?
Radicalmente, e aggiungerei anche per fortuna. Sempre più spesso, abbiamo personaggi queer in ruoli chiave di titoli di successo e, in particolare nel mondo degli RPG (i giochi di ruolo), c’è un proliferare di opzioni di personalizzazione relativi all’identità di genere, come la possibilità di scegliere i propri pronomi e, in alcuni casi, anche i propri genitali. Trovo meraviglioso che proprio uno di questi giochi, ‘Baldur’s Gate III’, sia stato eletto Game of the Year 2023. Parliamo di una storia in cui tu puoi essere chi vuoi, letteralmente chi vuoi, e in cui gli altri personaggi si innamoreranno di te a prescindere dal genere e dal corpo che possiedi, per altro con relazioni scritte meravigliosamente e che includono addirittura delle opzioni poliamorose, cosa che da persona non monogama mi ha fatto particolarmente piacere.
C’è uno o più personaggi nei fumetti o nei videogiochi che per te sono importanti?
Direi che ce ne sono due, che sono stati fondamentali nel mio percorso di transizione. La prima è V di Cyberpunk 2077, il primo titolo in cui è stato possibile interpretare un personaggio transgender. Io la creai così quasi per gioco, ma fu proprio esplorando Night City nei suoi panni e poi facendone il cosplay che ho iniziato a mettere in dubbio la mia identità di genere. Al punto che quando si è trattato di scegliere il mio chosen name ho deciso di assumere il suo nome completo, Valerie. La seconda è Caitlyn di Arcane, la serie basata su League of Legends. Negli ultimi due anni circa è stata il personaggio di cui ho indossato più spesso il costume durante le fiere, e quello per cui sono più conosciuta. La sua forza, il suo aspetto, sono stati la mia armatura in alcuni dei momenti più difficili della mia vita. Per un lungo periodo, quando ero in crisi e la disforia non mi lasciava tregua, mi truccavo da lei e andavo live su TikTok.
Hai un gruppo di persone con cui giochi e che sono la tua famiglia gamer? Chi sono?
Ho molti amici con cui condivido questa passione, che di solito coincide anche con quella per il cosplay. Mi piace molto giocare online in compagnia, è una cosa che mi rilassa (lo so, è paradossale!) e mi aiuta a spegnere il cervello per un po’.
Credi che personaggi come quello di ‘Tell me Why’ o in ‘Apex’, oppure in ‘The Last of US 2’ possano fare la differenza nell’educazione delle nuove generazioni?
Credo di sì. I videogiochi, come qualsiasi altro prodotto della cultura popolare, possono avere una grande influenza sulla formazione di una persona. Senz’altro l’hanno avuta su di me, e in particolare Ellie di ‘The Last of Us’ è uno di quei personaggi che sento particolarmente affini, in quanto donna lesbica. In generale, credo che siamo sempre stati abituati a vedere i personaggi queer relegati in ruoli marginali oppure all’interno di storie che avessero il tema LGBTQIA+ al centro della trama, ma poche cose ti fanno sentire più rappresentata di vedere una ragazza come te che se ne va in giro a far fuori zombie in un mondo post-apocalittico.
Questo tuo secondo romanzo come può aiutare le lettrici e i lettori?
Non ho la pretesa di credere che una storia basti ad aiutare chi si trova in difficoltà, ma la mia speranza è che possa far sentire un po’ meglio quelle persone che soffrono di solitudine, che hanno perso la speranza, per qualsiasi motivo. Quella di Giulia è una storia di rinascita e rivincita, una di quelle in cui la protagonista rimasta da sola contro il mondo trova una nuova famiglia pronta ad accoglierla e combattere al suo fianco. Sono le storie che hanno sempre emozionato me, e spero che ora quello che ho scritto possa regalare lo stesso a chi mi leggerà.