Roma è una città che dentro di sé ne accoglie decine di altre, ognuna con un suo carattere, una sua dignità, con abitanti tanti diversi gli uni dagli altri da far sembrare quasi stranieri chi vive anche solo nel rione confinante.
Come su una mappa di Google, se facciamo scivolare sullo schermo il nostro indice e medio, scopriamo storie che raccontano quartieri che raccontano persone. Allarga: Roma; allarga: Esquilino; allarga: la stazione Termini, allarga e scopri via Balilla, una vietta che potrebbe decorare un presepe napoletano e che, allo stesso tempo, accoglie persone LGBTQIA+ in perfetta convivenza con gli anziani storici, le famiglie con una valanga di bambini, giovani di belle speranze, amanti naïve e una delle comunità trans più forti e radicate di Roma provenienti da tutto il mondo e che, nonostante questo, collaborano a dare alla via quel sapore così romano (che a volte temi sia sparito del tutto) e quell’approccio “de core” alla vita che non ti impone di cambiare la tua ma semmai di condividere le tue radici, la tua cultura, la tua visione del mondo, qualunque queste siano.
Più che una strada, via Balilla è un multicosmo pronto a dimostrare con la vita vera che non importa chi sei, da dove vieni, cosa ti piace fare nella vita, l’importante è saper comprendere e condividere e, se ne sarai in grado, vedrai, sopra alle casette basse e colorate della via, un cielo più azzurro degli altri.
Via Balilla ha una storia lunga e tutt’altro che facile. La sua biografia sembra un film neorealista di Rossellini: la guerra, la fame, gli sfollati, la prostituzione e lo spaccio, quella che, con un pregiudizio borghesissimo potremmo definire: zona di degrado. Ma i suoi abitanti negli anni hanno preteso un riscatto sociale e umano, si sono dati da fare, hanno realizzato, spesso di loro iniziativa, delle azioni di riqualifica e con il tempo, la fatica e tanta volontà hanno creato un villaggio che potremmo definire un ideale di integrazione e solidarietà.
La comunità trans è stata tra le prime a popolare la via, al tempo così appartata e malfamata da essere rifugio e gabbia perfetta dove “segregare” certe persone “strane” e dalla “dubbia moralità”, per arrivare invece oggi, attraverso quelle belle storie di emancipazione (non rossellinianie), ad essere della via le numi tutelari.
Come dicevamo, via Balilla più che un luogo è una storia da raccontare e questo incarico se lo è preso il regista del documento-film “Noi qui così siamo”, Maurizio Montesi che a noi di Aut ha dichiarato:
“Se pensiamo a Via Balilla come un nuovo punto nella mappa dei presìdi LGBTQIA+ pensiamo soprattutto alla festa che si celebra qui da più di 30 anni: per sua natura una festa nata inclusiva, trasversale, aperta e colorata. Chiunque abbia visitato la strada in quel terzo sabato di giugno negli scorsi anni può aver capito quanto si respiri un’aria di condivisione, rispetto reciproco e tolleranza. Oggi la comunità che abita la strada conta molti membri della comunità LGBTQIA+, fra persone omosessuali e transessuali.
È interessante indagare come si sia arrivati ad un amalgama del genere e il film cerca di capire questo. Negli anni 70/80 Via Balilla è stata una via di spaccio e prostituzione, si dice che qui sia nata la prima vera comunità transessuale di Roma.
La volontà delle persone che abitavano qui di creare un collante per far nascere una rete comunitaria reale con tutte le frange della via ha spinto alcune donne a creare insieme questa festa, con la quale si cercava una sponda per consolidare i rapporti con tutti gli abitanti.Oggi la festa è ormai una manifestazione cittadina a tutti gli effetti, ma la comunità che la organizza è ancora solida e dialogante. Le feste, le riunioni, il contatto fisico e verbale reali sono secondo me l’unico antidoto all’atomizzazione dilagante e alienante della nostra contemporaneità”.
Presentato lo scorso anno al Pigneto Film Festival e durante il FLAG – Festival della letteratura, poesia, cinema e media arcobaleno, a Piazza Vittorio nel 2023, il documentario racconta la storia della via ma soprattutto la festa che si celebra ogni anno nella seconda metà di giugno, un evento di strada (che per l’occasione viene chiusa al traffico e liberata dalle auto) dove la vita di via Balilla esonda e investe le ormai migliaia di cittadini provenienti da tutta Roma in un orgiastico e felice festeggiamento fatto di cibi fatti in casa e condiviso con chiunque, musica dal vivo, bambini&bigliardini e dove la comunità trans trasforma i tavoli ingolfati di lasagne e vino rosso in cubi improvvisati (“i cubi delle discoteche li abbiamo inventati noi qui, 30 anni fa”, dice con orgoglio una delle abitanti della via durante il suo intervento amarcord nel documentario).
Durante quel giorno via Balilla diventa una TAZ, come racconta un’altra abitante intervistata, ovvero una zona temporaneamente autonoma, senza nessuna velleità politica o secessionista ma con l’intenzione di dimostrare un paradigma di convivenza sostenibile tutt’altro che utopico: “Oh ma lo sai che mo che ce penso, è er monno che dovrebbe diventa’ come via Balilla, vivremmo tutti mejo!”, parola di una viabalillara DOC.
Il regista, Maurizio Montesi, ha realizzato per Aut in esclusiva delle clip del suo documento-film. Potete vedere sul nostro canale Instagram.
Qui trovate invece il trailer di “Noi qui così siamo”.