AUT Magazine

Basta un pezzo di carta (?)

di Ali Bravini
Tabù di genere e percorsi trans: la necessità di un cambio radicale.
Foto di Raphael Renter Raphi
Foto di Raphael Renter Raphi

In vari paesi, come Malta, Belgio, Lussemburgo (e in Germania, se dovesse passare la nuova legge proposta dalla maggioranza di governo) per intraprendere il percorso di transizione basta un foglio: un consenso informato che garantisce l’autodeterminazione del singolo e della sua identità di genere. Un solo pezzo di carta, allora, potrebbe mettere fine a una serie di abusi, umiliazioni e discriminazioni a cui fino adesso siamo statз sottopostз. Perché, allora, non cerchiamo di allinearci agli standard internazionali? Sostituire la trafila psichiatrica con un consenso informato non vuol dire che il supporto psicologico e psichiatrico non sia spesso necessario per chi decide di intraprendere il percorso, ma c’è un’enorme differenza tra l’obbligo di sottoporsi ad una pesante patologizzazione del proprio essere e il supporto che uno Stato dovrebbe offrire, in maniera accessibile a chiunque, a chi sta andando incontro a dei cambiamenti importanti nella sua vita.

Secondo gli studi dell’Istituto Superiore di Sanità (dati 2022), le persone trans* in Italia sarebbero circa 400mila, circa lo 0,6% della popolazione, una stima al ribasso se pensiamo alla difficoltà nel fare coming out ed affermare al mondo la propria identità di genere.

Se il tasso di felicità e benessere di un paese si misurano in base a come vengono trattate le minoranze, la situazione italiana è desolante. Tra la popolazione trans* e non binaria, infatti, le ricerche ci restituiscono un dato allarmante: circa il 40% delle persone trans* soffre di depressione, con un tasso fino a dieci volte più alto rispetto alla popolazione generale, una percentuale che sale al 60% nella popolazione non-binaria. A tutto questo si aggiunge il triste primato italiano per vittime di transfobia in Europa nel 2022: Roma è la città più violenta ed è elevatissimo il tasso di suicidio, soprattutto tra i minori. Non possiamo non pensare a questa condizione senza considerare l’enorme tabù che nel nostro paese vige intorno alla salute mentale e alle neurodivergenze, così come sul suicidio, un argomento che si tocca a malapena, si sfiora; tra l’altro la stampa ne parla poco e male e il fatto, alla fine, rimane lì per noi ad appesantire il numero delle vittime, delle nostre sorelle che non hanno più voce.

Questa situazione è causata ed esasperata da una società patriarcale fondata solidamente sul binarismo di genere uomo-donna, che non ammette l’esistenza di una realtà terza e a malapena tollera chi quel binario cerca di scavallarlo, di attraversarlo. Le persone trans* e non binarie sono percepite come una minaccia per questo ordine costituito, una falla nel sistema. 

La mancanza di formazione del personale pubblico e privato sui temi specifici riguardanti la vita delle persone trans* in ambienti fondamentali come istruzione e sanità ci rendono sempre più fragili ed emarginatз; il rifiuto e l’esclusione da parte della famiglia e del gruppo dei pari alza il concreto rischio di diventare homeless. Una legge di 41 anni fa, e che speriamo prossima alla pensione, l’umiliante ed infinita odissea del percorso di affermazione di genere completano il quadro; la visione della persona trans* come disturbata mentalmente o sessualmente, porta a un pericoloso allontanamento dal mondo sanitario, psicologico e psichiatrico da parte di chi è traumatizzatƏ o spaventatƏ a priori dal dover fare coming out e subirne le discriminazioni annesse. Poca prevenzione, pochi screen oncologici e pap-test, incostanza nei percorsi psicoterapeutici e psichiatrici, uno stile di vita meno salutare e tanto altro: questo il risultato del minority stress, dei continui episodi transfobici e della transfobia interiorizzata.

Ma allora cosa si può fare, cosa si dovrebbe fare per invertire la rotta? Oltre alla formazione del personale pubblico, abbiamo sicuramente bisogno di un cambio radicale nelle scuole, dove introdurre un diverso tipo di educazione (sessuale, sentimentale, alle differenze, al consenso) fin dalla scuola elementare: è necessario, anche per combattere la cultura dello stupro, la misoginia e la trans-misoginia. A livello nazionale, negli ultimi anni, non abbiamo visto altro che tiepide proposte al riguardo: nonostante si consigli un’educazione sessuale e al consenso già nella scuola elementare, in Italia il tema rimane un enorme tabù. L’educazione, sia sessuale che alle differenze, rimane un compito appaltato alle famiglie, poco o per niente in grado di sopperire all’enorme importanza che invece ricopre a livello sociale; il resto, subappaltato alla pornografia maschilista.

Ma oltre ad obiettivi di lungo termine, forse, per iniziare a cambiare e migliorare la vita delle persone trans* e per iniziare ad abbattere questi tabù, basterebbe una nuova legge e un pezzo di carta.

Al momento, in Italia, per iniziare la TOS (Terapia Ormonale Sostitutiva), per avere accesso ad eventuali operazioni chirurgiche e per ottenere la rettifica anagrafica (dove ancora, però, non è comunque riconosciuta la possibilità di inserire un genere “altro” rispetto a M o F), è necessario innanzitutto avere una perizia psichiatrica. Dopo il coming out “sociale” (totale o parziale: in ambito lavorativo, amicale, familiare, etc.), ecco che quindi ci si ritrova davanti al primo grande scoglio: la relazione di “disforia di genere”, passo necessario e fondamentale per il resto del percorso. Va innanzitutto detto che il percorso di affermazione di genere, e tutto l’iter, non è lo stesso per tutte le persone, e va adattato a seconda delle esigenze individuali; ad es. non tutte le persone trans* e/o non binarie vogliono sottoporsi ad operazioni chirurgiche e anche gli obiettivi a livello di terapia ormonale cambiano da persona a persona. 

Questa terminologia sta iniziando, finalmente, a cambiare: la disforia di genere, classificata da sempre tra i disturbi mentali, nell’ICD-11 (International Classification of Diseases) del 2018 viene depatologizzata in “incongruenza di genere” e spostata in una nuova sezione dedicata alla salute sessuale. L’incongruenza di genere viene quindi definita come una “condizione caratterizzata da una significativa e persistente incongruenza tra identità di genere e sesso assegnato alla nascita”. Anche se quindi, a livello internazionale, le persone trans* non sono più considerate “malate mentalmente”, rimane una forte patologizzazione all’interno del percorso, soprattutto da parte di medichз, psichiatrз e personale sanitario in generale; in più, nella maggior parte dei casi, si continuano a firmare relazioni con la dicitura di “disforia di genere”, che ora si usa principalmente per indicare i casi in cui l’incongruenza sia avvertita come un forte disagio fisico. Questa, però, è un’esperienza del tutto personale, che si distingue in disforia fisica e sociale e che non tutte le persone trans* vivono ed esperiscono nelle stesse modalità; sarebbe anche ora, direi, che si smettesse di guardare alle persone trans* come in perenne sofferenza, anime in pena vittime di una genetica maligna. Il tema della rappresentazione, importante per quanto possa sembrare un più piccolo tabù, sta pian piano iniziando ad aprirsi alle nuove sfumature del genere, anche se spesso e volentieri è ancora in mano al rainbow-washing delle grandi piattaforme di streaming; solo a marzo 2023 usciva il “Propedeutico manifesto della rappresentatività” (sottoscritto in Italia dall’associazione trans* Libellula) come protesta contro la scelta, per i ruoli trans*, di persone cis nel teatro e nel cinema.

Foto di Shane j.

Il tabù che regna sulla sessualità e sul genere ci porta anche alla mancanza di informazione pubblica su quali e quanti sono i servizi e sul funzionamento del percorso, e che porta naturalmente le persone trans* a scoprire tardi le possibilità esistenti di migliorare le proprie condizioni di vita; il rapporto con lз psichiatrз (fondamentalmente delle persone cis) diventa un enorme ostacolo da affrontare. Come già detto, la mancanza di preparazione porta ad una serie di atteggiamenti transfobici e micro-violenze continue (ad esempio, misgendering e deadnaming) e conseguentemente ad una difficoltà ad esporsi da parte della singola persona, fino all’allontanamento e al rifiuto di sottoporsi a queste visite. Un’assenza fondamentale è quella di servizi pubblici che rilascino relazioni a costi contenuti e calmierati, vista anche, in media, la fragile situazione economica di tante persone trans*. Ma anche se, nel migliore dei casi, si trovi unƏ psichiatra e i soldi per poter pagare la relazione, ci si trova di fronte ad una batteria di test, spesso antiquati, inadeguati e umilianti quanto gli incontri; anche dove ci si trovi di fronte a professionistз apertз, informatз e non escludenti, questз sono comunque obbligatз a somministrare dei test che riguardano anche la sintomatologia dellз pazienti, necessario per poter convincere un giudice ad approvare i passi successivi. 

Penso sia abbastanza chiaro da dove provenga il senso di umiliazione a cui ci si deve, obbligatoriamente, sottoporre: in sostanza, ci si deve rimettere a una persona cis che dovrà decretare se sei o meno “abbastanza trans”, decreto che giunge alla fine di una serie di domande e test molto personali, che possono riguardare i genitali della persona in questione, le proprie abitudini sessuali (ad es. quante volte ci si masturba…) e che poco hanno a che vedere con la propria identità di genere.

Ovviamente, al di là dell’esperienza personale, queste situazioni cambiano molto a seconda del contesto in cui ci troviamo: regione per regione, nord rispetto al sud, città rispetto alla provincia (dove spesso certi servizi non esistono proprio) e, purtroppo, da professionista a professionista. Se in città più grandi troviamo qualche servizio in più e più aggiornato, esistono realtà diverse e più “arretrate”, dove questi tabù rimangono quasi del tutto inviolabili: da qui escono esperienze discriminatorie sotto più fronti e che costringono le persone a dover abbandonare casa, città, regione o persino Stato. Un esempio concreto è dato dal rifiuto di vari centri del centro-sud di redigere la relazione a persone trans* autistiche, scaricando la “confusione” di genere come portato dell’autismo, contribuendo ad infantilizzare le persone nello spettro e invalidando la loro autodeterminazione.

Una volta ottenuta, faticosamente, la relazione si può iniziare il trattamento ormonale, considerato ormai salvavita e completamente gratuito se ci si rivolge, con il piano terapeutico, al presidio farmaceutico della propria ASL di riferimento; con esso parte l’infinito iter burocratico per avere l’autorizzazione per le operazioni chirurgiche e la rettifica anagrafica da parte del tribunale di residenza, che può durare anni e che, anche qui, è fin troppo legato alla singola sentenza del singolo giudice. 

Allora, questo pezzo di carta? In vari altri paesi, come Malta, Belgio, Lussemburgo (e in Germania, se dovesse passare la nuova legge proposta dalla maggioranza di governo) per intraprendere il percorso basta un foglio: un consenso informato che garantisce l’autodeterminazione del singolo e della sua identità di genere. Un solo pezzo di carta, allora, potrebbe mettere fine a una serie di abusi, umiliazioni e discriminazioni a cui fino adesso siamo statз sottopostз. 

Secondo gli standard di cura del WPATH (World Professional Association of Transgender Health), per poter accedere al trattamento ormonale devono essere soddisfatti questi criteri: “incongruenza di genere marcata e stabile; capacità di fornire il consenso informato al trattamento; se sono presenti problemi di salute fisica e/o psicologici potenzialmente interferenti con l’esito della terapia, questi devono essere presi in carico; comprensione degli effetti della terapia ormonale sulla fertilità e discussione delle possibilità di preservazione della fertilità”. Perché, allora, non cerchiamo di allinearci agli standard internazionali?

Sostituire la trafila psichiatrica con un consenso informato non vuol dire che il supporto psicologico e psichiatrico non sia spesso necessario per chi decide di intraprendere il percorso, come scritto appunto anche dal WPATH: ma c’è un’enorme differenza tra l’obbligo di sottoporsi ad una pesante patologizzazione del proprio essere e il supporto che uno Stato dovrebbe offrire, in maniera accessibile a chiunque, a chi sta andando incontro a dei cambiamenti importanti nella sua vita. Inoltre, abbiamo un serio bisogno di includere le esigenze specifiche delle persone non-binarie, ad esempio per quanto riguarda il microdosing ormonale, cercando di personalizzare il più possibile la TOS.

Davanti a queste proposte si alzano spesso delle critiche, soprattutto per quanto riguarda i limiti di età per l’accesso alle terapie e/o alle operazioni chirurgiche: si può iniziare a 14, a 16 o tocca aspettare la maggiore età? È importante qui fare delle considerazioni generali, sia dal punto di vista psicologico che biologico. Se la pedagogia ci dice che lз bambinз iniziano ad avere consapevolezza dei propri caratteri sessuali e di quelli altrui già, circa, all’età di 7 anni, l’esperienza ci restituisce una realtà fatta di ragazzз adolescenti e preadolescenti già consapevoli della propria identità di genere. Prendiamo quindi in considerazione due fattori importanti, la pubertà e la depressione. La terapia ormonale consiste nella somministrazione di ormoni femminilizzanti (estrogeni) o mascolinizzanti (testosterone) e dai bloccanti degli ormoni: questo percorso, soprattutto all’inizio, è del tutto reversibile, smettendo semplicemente l’assunzione dei farmaci e lasciando che il corpo riproduca naturalmente gli ormoni che ha sempre prodotto. La terapia consigliata in questa fascia d’età (diciamo 14-16 anni) prevede infatti inizialmente dei bloccanti degli ormoni per “ritardare” la pubertà: la pubertà e l’adolescenza possono essere un periodo difficile per tuttз noi ma può essere devastante per chi sente già che il proprio corpo verrà stravolto in direzione contraria al proprio sentire, alla propria identità di genere. E qui rientra in gioco la depressione: come abbiamo detto, siamo più portatз alla depressione e al suicidio rispetto al resto della popolazione, soprattutto tra i minori, fetta della popolazione che, rispetto a decenni fa, grazie ai social e alla caduta di certi tabù, sono sempre più precocemente consapevoli della propria identità di genere.

Contrariamente alla retorica destrorsa e transfobica del “traviare lз bambinз” (le stesse identiche accuse che arrivavano nei confronti degli omosessuali decenni fa…), cercare di far iniziare il percorso il prima possibile è una questione di prevenzione del suicidio. In più, ritardare la pubertà e/o intanto iniziare la terapia ormonale prima dello sviluppo completo, porta a risultati nettamente migliori nelle modifiche del corpo. Questo dato è particolarmente vero soprattutto per quanto riguarda la terapia femminilizzante o al contrario per bloccare la crescita del seno, solitamente grande fattore di disagio e disforia per le persone AFAB (Assigned Female At Birth). Se il consenso dei genitori è necessario quando parliamo di preadolescenti, dovremmo iniziare a smettere di considerarlз come incapaci di volere e di una consapevolezza più o meno profonda del proprio io e di come si vuole apparire: l’affermazione di un tribunale che possa risolvere il conflitto minore trans*-genitori mi sembra fondamentale. Aspettare anni e anni per la terapia, magari con il rifiuto costante dei genitori, non è come aspettare i diciotto anni per farsi un tatuaggio: significa vedere il proprio corpo che cambia nei suoi aspetti sessuali primari e secondari, mutamento che può portare a una disforia accentuata, alla difficoltà ad affermare il proprio sé, con possibile sviluppo di disturbi mentali e fenomeni di autolesionismo.

Un discorso diverso riguarda l’accesso alle operazioni chirurgiche che chiameremo “primarie”, quelle riguardanti il seno e/o i genitali. Lasciando intatta la sacrosanta autodeterminazione della singola persona e il suo diritto a sottoporsi consensualmente a qualsiasi operazione chirurgica si voglia, c’è comunque una grande differenza tra la terapia ormonale reversibile e delle operazioni chirurgiche potenzialmente molto pericolose e non reversibili. Qui è ovviamente più delicata la situazione del consenso da parte dei genitori nei confronti del minore. Personalmente, sono convinta che in una società non fondata su un rigido binarismo di genere, meno sessualizzata e non ostracizzante nei confronti delle persone dal genere non conforme, cadrebbero tutte quelle prescrizioni di come debba essere una donna e come debba essere un uomo affermando e riconoscendo tutte le varianti possibili dell’identità di genere degli esseri umani. Cadute queste, ci sentiremmo meno a disagio con il nostro corpo, con il nostro essere e l’accettazione, propria e altrui, ci porterebbe tuttз ad avere meno quel sentimento di urgente bisogno di stravolgere il nostro corpo.

Intanto? Intanto abbiamo bisogno di un cambio radicale, che permei la società tutta, a partire dalla famiglia, la scuola, la sanità; abbiamo bisogno di abbattere un tabù dopo l’altro, dalla sessualità alla salute mentale; abbiamo bisogno di essere vistз, riconosciutз e riconosciuti i nostri bisogni, le nostre esigenze specifiche; abbiamo bisogno di formazione del personale pubblico e privato con cui ci rapportiamo tutti i giorni; abbiamo bisogno di depatologizzare il percorso e le nostre vite, di de-medicalizzare il corpo delle persone trans*; abbiamo bisogno di eliminare un iter burocratico umiliante e respingente. Abbiamo bisogno di tante cose, sì, ma possiamo iniziare da un pezzo di carta.

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Extra-complicate
LesboDrammi – Episodio 1: l’eterno ritorno dell’etero-curiosa

Una nuova rubrica, nata tra i corridoi del Mieli e approdata qui per raccontare, ridere e ironizzare su una delle caratteristiche più frequenti della comunità lesbica: i drammi amorosi che solo le donne tra loro riescono a creare. Nasce quindi su Aut: LesboDramma, rubrica ironica, tragicomica e spaventosamente realistica sulle liturgie amorose tra ragazze. A firmarla è il collettivo delle Extra-complicate che, attraverso il loro spazio, ci raccontano, con autoironia e un pizzico di cinismo, il caos sentimentale, i déjà vu amorosi e quelle piccole grandi nevrosi che ogni donna queer conosce bene. Non perdetevi nemmeno un episodio. Eccovi il pilota.

Luca Ragazzi
La lettera T nel cinema

Per troppo tempo il cinema ha parlato delle persone trans senza lasciarle parlare davvero, riducendole a inganni, tragedie o mostri. Da The Rocky Horror Picture Show, che ha scardinato il genere con ironia, fino a Emilia Perez, dove identità e destino si riscrivono, il cinema inizia a restituire alle persone trans il diritto di essere protagoniste. Non è solo rappresentazione, è riscrittura dell’immaginario. Ecco i film che hanno segnato questo viaggio.

Andrea Amadio @LibriconFragole
5 libri sull’essere transgender

Le parole creano ponti, non barriere. Per questo vi consigliamo 5 libri che raccontano l’essere transgender con profondità e autenticità. Dalla letteratura classica ai graphic novel, storie di transizione, identità e resistenza. Perché leggere significa anche comprendere. A fare questa “classifica” non poteva che essere lui: Andrea Amadio, ovvero @Libriconfragole, il più brillante book influencer in circolazione. “In un mondo dove i vari governi cercano di annullare i dibattiti sulla questione dei corpi e delle persone transgender, voglio continuare a combattere e lottare con le armi che so usare meglio: i libri”.

Emiliano Metalli
“Erodiade” di Testori: il grido del desiderio al Teatro Vascello

Nella poetica di Giovanni Testori, il corpo e la parola si fondono in un grido lacerante, una lingua slabbrata e reinventata, che in “Erodiade” diventa l’urlo di un’identità che sfugge a ogni definizione. In scena a Roma.

Emiliano Metalli
“Ho paura torero” al Teatro Argentina: quando l’attore diventa Resistenza

Il teatro, come la letteratura e il cinema, si conferma uno spazio di resistenza culturale, capace di dare voce a chi spesso viene messo a tacere. Su Aut vi segnaliamo, raccontiamo e consigliamo tutti quegli spettacoli da non perdere.

Egizia Mondini
Editoriale – The T Word

Aut torna con un monografico sulla comunità trans e una nuova sezione aggiornata con rubriche, attualità, storie e approfondimenti dal mondo LGBTQIA+. Questo mese, accendiamo i riflettori su “The T Word” e sulla nuova sezione Aut Now.

Ignazio Billera
L’ombra di Trump: perché riguarda tuttə noi

Dagli attacchi alle persone transgender alla censura del linguaggio: le politiche di Trump minacciano i diritti LGBTQIA+ e potrebbero avere ripercussioni anche in Europa. Anzi, hanno già iniziato. 

Giorgio Umberto Bozzo
In ricordo di Ivan Teobaldelli

Scrittore, poeta, critico d’arte, è stato fondatore, editore e direttore di «Babilonia», la prima rivista di cultura omosessuale in Italia pensata per un pubblico generalista, fondata nel 1982. Aveva 76 anni. Questa è l’ultima intervista concessa a Giorgio Umberto Bozzo, con cui vogliamo rendergli omaggio e riconoscergli il ruolo che merita nella storia della cultura LGBTQIA+ italiana.

Antonia Caruso
Ma è davvero solo colpa di Trump?

Dalla paura del complotto alla caccia alle streghe: come la transfobia si alimenta attraverso la cultura del sospetto e della paranoia collettiva. Una voce un po’ fuori dal coro. O no?

Karma B
Quell* che al Pride non ci vogliono andare secondo le KarmaB

Il Pride è inclusività, comprensione e difesa strenue della libertà individuale, anche quella di non partecipare al Pride. Ma chi sono quelli che al Pride non ci vanno o non ci vogliono andare? Abbiamo chiesto alle Karma B di interpretare per noi questo concetto attraverso la loro scintillante creatività.  

Egizia Mondini
L’editoriale – GenderAzioni: 30 anni di pride

Com’è cambiato il pride negli ultimi 30 anni? È possibile che il suo significato politico, culturale e sociale si sia modificato? In meglio? In peggio? Con GENDERAZIONI abbiamo voluto mettere in prospettiva il percorso che la comunità LGBTQIA ha fatto dal primo Pride del 1994. È l’occasione per riflettere su come il significato del Pride sia cambiato nel corso degli ultimi tre decenni. E per ripercorrere le diverse istanze evolute in base al contesto storico.

Egizia Mondini
Annalisa, la Queen del pop che conquista tutt*

L’artista italiana più ascoltata su Spotify, prima italiana nella top 100 globale di Billboard, è la madrina del RomaPride 2024. L’abbiamo intervistata alla vigilia della manifestazione. 

Loredane M. Tshilombo
Pride: ieri, oggi, domani

Nel corso di 30 anni il pride in Italia ha attraversato diverse fasi. Come è cambiato negli anni, come è percepito diversamente dalle generazioni, nei propositi, negli obiettivi, nei racconti e soprattutto in un’ottica intersezionale? Una prospettiva personale e politica di una militante cresciuta insieme e in mezzo ai cortei.

Santiago Olivares
L’ispirazione di SakoAsko per il RomaPride

Santiago Olivares, meglio conosciuto come SakoAsko, è l’artista che ha realizzato l’illustrazione-manifesto del RomaPride 2024. Gli abbiamo chiesto di di raccontarci cosa lo ha ispirato per realizzarla.

Luca Ragazzi
40 anni di pride attraverso il cinema

Abbiamo fatto passi da gigante da quel ’94 del primo Pride italiano e il cinema e la televisione, da sempre specchio della società, lo hanno saputo raccontare bene. Anzi, talvolta, è lecito pensare che abbiano aiutato il dibattito, mostrando quantomeno modelli diversi da quelli veicolati dalle barzellette e nel migliore dei casi, traghettando il paese verso il progresso. Ripercorriamo insieme i film più significativi per la comunità.

Chiara Sfregola
Le unioni civili ci hanno regalato l’illusione di essere un Paese normale

Le istanze dei Pride dal 1994 a oggi sono cambiate? E come si sono evolute? Un dato è certo: volevamo una legge contro l’omolesbotransfobia e non l’abbiamo. Sono passati 8 anni dall’approvazione delle unioni civili e del matrimonio egualitario nemmeno l’ombra. Si sta avverando la profezia paventata da Famiglie Arcobaleno all’epoca, e cioè che questa legge “contentino”, incompleta a causa dello stralcio della stepchild adoption, non sarebbe stata toccata per 10 anni. Poi dicono che i Pride non servono più…

Isa Borrelli
Nostra è la rabbia

Il primo Pride fu rivolta. E mai come oggi in Italia e nel mondo lottiamo per la sopravvivenza. Viviamo sotto un governo fascista che perseguita le persone trans* e nonbinarie, le coppie omogenitoriali e lesbiche, che picchia studenti, ostacola il diritto all’aborto, nega una casa e un salario minimo a una popolazione sempre più povera, ma soprattutto è complice di un genocidio che osserviamo sempre più assopiti dagli smartphone. E’ tempo di riprendenderci spazi, luoghi e potere di parola.

Alessandro Michetti
Scie luminose queer al METEORE Fest 2024

Quest’anno non dovremo aspettare la notte di San Lorenzo per vedere delle meteore attraversare il cielo, basterà puntare il nostro sguardo verso gli spazi di Roma Smistamento fino al 15 giugno e di BASE Milano dal 21 al 29 giugno. A sprigionare l’energia detonatrice queer sarà il METEORE Fest – Lo spazio è queer. Ne parliamo con Carlo Settimio Battisti, Nicola Brucoli e Federico Sacco di TWM Factory.

Valeria Scancarello
La genZ incontra Dario Bellezza

“Bellezza, addio” è il titolo del documentario ideato da Massimiliano Palmese e diretto insieme a Carmen Giardina. Si tratta di un omaggio alla figura di Dario Bellezza, il celebre poeta romano, amico di Pasolini, Moravia, Morante, una delle voci più intense e originali della poesia italiana contemporanea. Ci siamo chiesti: quanti giovani oggi lo conoscono? Per questo abbiamo affidato a una delle nostre giovani penne l’intervista a Massimiliano Palmese. Quello che state per leggere è l’incontro tra le nuove generazioni e Beltà.

Sciltian Gastaldi
Fra pischell* e “scarti” 

Come cambiano i giovani di oggi rispetto a quelli di ieri. Fra errori, imprecisioni, ideologie e voglia di cercare un senso. Tre prospettive raccontate da student* del liceo e una panoramica offerta dal loro professore.

Paolo Notarticola
Il presente e il futuro visto dagli student*. Battaglie di oggi e obiettivi di domani

Le manganellate a Pisa. Il decreto ecovandali. I tagli all’istruzione. Segnali forti di assenza totale di politiche concrete a sostegno dei giovani. In questo contesto, le manifestazioni studentesche rappresentano non solo un mezzo per esprimere dissenso, ma anche un’opportunità di partecipazione attiva alla vita democratica del Paese. 
Un’appassionata analisi in prima persona delle sfide che si trovano a fronteggiare l* giovani. Con granitica determinazione.

Andrea Collins Amadio
Libri young adult, per adolescenti e non solo

La letteratura young adult è un genere per giovani adulti, ossia quella nicchia di adolescenti che va dai 14 ai 19 anni, troppo grande per le storie da bambini, ma ancora acerbo per un Michel Houellebecq o un Carrère. Hanno per protagonisti teenager da poco maggiorenni che affrontano i dilemmi tipici dell’adolescenza La realtà, però, è che il genere viene spesso letto maggiormente da chi i 20 li ha superati anche da alcuni anni. I maggior fruitori infatti sono persone di 40 anni. Forse perché la letteratura non ha mai età, come le emozioni. 

Sara Innamorati
La grammatica del conformismo nella scuola e nelle università italiane

Quanto è difficile riuscire a trovare una propria identità e una propria verità in un contesto di estremo conformismo, studiando su libri di testo scritti perlopiù da uomini eterosessuali e cis-gender? Continuare a insegnare con un sistema binario limita studentesse e studenti nella loro consapevolezza identitaria. La grammatica del conformismo spiegata da chi la vive sui banchi di scuola.

Camilla Rugolotto
Il modello transfemminista per rendere la scuola un posto sicuro

Per raggiungere un modello di scuola inclusiva servono strumenti per riconoscere, combattere e prevenire dinamiche di prevaricazione e violenza di genere insite in abitudini, gesti e parole di matrice patriarcale di cui siamo inconsapevoli. Abbiamo chiesto a Rete degli Studenti Medi, associazione fatta da student3 delle scuole superiori, di raccontarci la scuola italiana da chi vive quelle aule e quei corridoi ogni giorno.

Nicolas Pasantes
Come rendere la scuola uno spazio aperto a tutti i corpi e le identità?

La scuola italiana deve fare i conti con un problema di omobilesbotransfobia e, per quanto carriere alias e bagni genderless siano un primo passo per diminuire il minority stress che le persone lgbtqia+ soffrono quotidianamente anche dentro le mura scolastiche, bisogna fare molto di più. A dircelo, questa volta non sono i dati, ma loro: l3 student3. Abbiamo chiesto infatti a Rete degli Studenti Medi, associazione fatta da student3 delle scuole superiori, di raccontarci la scuola italiana da chi vive quelle aule e quei corridoi ogni giorno.

Nicola Brucoli e Ulderico Sconci
Roma, una puntata alla volta

Si dice sempre che c’è uno scollamento tra i giovani e la politica. Che la gen Z pensa solo ai social e a diventare famos*. Noi invece vi raccontiamo un’altra realtà. Quella dei tant* ragazzi e ragazze roman*, i pischelli appunto, impegnati e interessati alla politica. E lo facciamo attraverso gli autori di Roma Capita, un podacast che racconta una capitale piena di associazioni e comitati dal basso, di iniziative e centri culturali indipendenti formati da giovanissim* e che fa le pulci agli amministratori. Altro che i balletti di TikTok.

Emiliano Metalli
Pischellə teatrali e non: qualche esempio e un po’ di storia

Nel mondo del teatro e dello spettacolo sono tant* i giovani e le giovani artist* che hanno conquistato passo dopo passo spazi di creatività, influenzando sottili mutamenti sociali. Da Sarah Bernhardt a Greta Garbo, da Marlene Dietrich a Judy Garland, da Mario Mieli fino ai giovan* autori di oggi. Artist* che hanno saputo scavare nel tema identitario cercando di rinnovare lo spessore, il volume e il carattere di ogni scelta di autodeterminazione, impiegando linguaggi trasversali. 

Chiara Tesei
Quel (poco) che ho capito sull3 piskell3

Non può esistere più lotta queer senza quella transfemminista, antirazzista, per il clima e per qualunque istanza non rispetti la vita, umana e non. Le nuove menti affrontano le loro battaglie con creatività. Hanno i mezzi e sanno come usarli. Conoscono le parole per comunicare ciò che sentono. E se per quello che sentono la parola non esiste, nessun problema: la creano. Ecco come sono l3 pischell3 attivist3 della gen Z, visti da Chiara Tesei, referente del Gruppo Giovani del Mario Mieli. 

Sciltian Gastaldi
HIV, 40 anni senza vaccino

La scoperta del virus dell’immunodeficienza acquisita umana (Hiv) compie in questi giorni 40 anni, 23 aprile 1984, ed è un compleanno davvero triste, perché a oggi non esiste ancora un vaccino e le prospettive future non sembrano promettere nulla di buono. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Caterina Fimiani, medico specialista in Allergologia e Immunologia clinica presso il Policlinico Umberto I di Roma.

Egizia Mondini
L’editoriale – Pischell*

La parola a chi è adolescente, studente, nativodigitale, alle giovani menti, alle generazioni Zeta e Alfa. Del resto sono da sempre ciclicamente loro il motore del loro tempo. Questo AUT lascia la parola (e la tastiera) ai pischell*.

Francesco Ferreri
Dall’alto al basso. Perché è sempre tutta colpa dei giovani

Quando parliamo di discriminazioni, e di come quelle discriminazioni vengono raccontate, non possiamo non riconoscere il ruolo che il potere ha in questa dinamica. La società ha imposto delle gerarchie molto chiare sui corpi e sulle identità delle persone e questo sistema di potere fa di tutto per preservarsi, così come fa di tutto per manipolare ogni forma di protesta che potrebbe metterlo in difficoltà. Finché le generazioni più grandi continueranno a guardare quelle più piccole “from top to bottom”, non avremo uno sguardo oggettivo.

Yuri Guaiana
L’importanza della solidarietà internazionale per la comunità lgbtqia+ in Russia

Una delle situazioni più pericolose che come comunità ci troviamo oggi a fronteggiare è la dura repressione in Russia. La Corte Suprema russa ha dichiarato il movimento pubblico internazionale lgbtqia+ come estremista. A pochi giorni dalle elezioni presidenziali, due persone che lavoravano in un bar gay sono state arrestate e ora rischiano fino a 10 anni di reclusione. Non potevano che scatenarsi proteste, petizioni e azioni collettive: un’ondata di solidarietà internazionale necessaria e, ci auguriamo, efficace. 

Emiliano Metalli
Neapolis e le sue voci. In memoria di Enzo Moscato

A distanza di un mese dalla sua morte, disegniamo un profilo del regista e attore italiano, esponente di spicco della nuova drammaturgia partenopea. Enzo Moscato ha espresso Napoli con spudoratezza, narrando un mondo parallelo di emarginati, prostitute e omosessuali, metafora di una condizione esistenziale sospesa tra il maschile e il femminile.

Luca de Santis
L’editoriale – Monopolis: la città per un solo giocatore

Nel gioco del “Monopolis”, metafora della nostra società attuale, le nostre città sono diventate più chiuse che mai, i benefici e i privilegi sono tutti per un singolo cittadino: quello maschio, eterosessuale, bianco, abile, ricco, conforme, quello che vince “senza passare dal Via!”, mentre il resto della popolazione viene messo da parte, ignorato o addirittura penalizzato.

Baldurs gate 3
Marina Pierri
Quando il (video)gioco è inclusivo: la lezione del consenso di Astarion in Baldur’s Gate 3

Può un videogioco insegnare cosa sia il consenso e l’abuso? Essere survivor o abuser? Nel pluripremiato videogame Baldur’s Gate 3 il personaggio pansessuale di Astarion è una masterclass di scrittura, in un “viaggio dell’eroina” sviscerato dalla più esperta studiosa del campo, Marina Pierri.

Majid Capovani
Stai fermo un turno, anzi, due! La (velata) oppressione delle identità impreviste

Non si è solo emarginatə in quanto queer, ma in quanto queer e razzializzatə, in quanto queer e religiosə, queer e neurodivergentə/disabilə e molte altre possibili combinazioni. Trovare dei luoghi davvero safe, in cui poter esprimere liberamente la propria identità con tutte le sue intersezioni, diventa molto difficile, contribuendo ad alimentare quel senso di solitudine e isolamento che moltə di noi si portano dietro, imprevisti di una società che non contempla esistenze e vissuti come i nostri. Strettə nella sensazione di essere sempre “troppo” o “troppo poco”.

Luca Ragazzi
Festival di cinema queer in Italia. Lo stato dell’arte

In tempi in cui il cinema è nel nostro salotto, hanno ancora senso i festival? Se i film a tematica LGBTQIA+ ormai vincono gli Oscar, ai festival restano solo gli scarti? Non è così. Dietro questi festival c’è un enorme lavoro di ricerca.

Milo Serraglia
Perché è importante la carriera alias nelle scuole e sul lavoro

Le vite delle persone trans* sono sotto bombardamento istituzionale e mediatico: ispezioni, illazioni, interrogazioni parlamentari, talk televisivi, raccolta firme piegati alla retorica pro-life. Alla battaglia contro la carriera alias, ora si aggiunge il caso dell’Ospedale Careggi di Firenze con l’ennesimo attacco strumentale nei confronti delle persone più piccole della nostra comunità, bambin* e adolescenti gender variant. E’ necessario proteggere le persone trans* più giovani a partire dal diritto allo studio e a non essere oggetto di discriminazione, proprio come prevede la nostra Costituzione.

Mohamed Maalel
Imprevisti e probabilità: essere italiani di seconda generazione

Nascere e crescere in Italia con un padre tunisino e una madre italiana spesso significa essere ritenuti soggetti al limite, continuamente in cerca di definizione. Siamo sicur* di star giocando con le stesse regole?

Marcello Lupo
Vai in prigione! Storia di una rinascita

Quanti sono i pregiudizi e le difficoltà che gli ex detenuti devono fronteggiare quando vengono reintrodotti nella società? La reintegrazione nel tessuto sociale e lavorativo è un passo cruciale per la vera libertà e il cambiamento positivo nella vita di chi ha scontato una pena e deve essere messo in condizione di tornare alla vita.

Aldo Mastellone
Soldi colorati: come riconoscere il rainbowashing nelle campagne Pride

Nella città di Monopolis come orientarsi nella comunicazione aziendale della diversity e inclusion? Perché un’azienda decide di esporsi su questi temi? E’ vero che “guadagnano sulla nostra pelle” come spesso leggiamo sui social network? Ed è davvero solo per soldi? Ecco una guida semplice e pratica su come riconoscere il rainbowashing. 

Marina Cuollo
Tu non giochi! Rivoluzionare la rappresentazione della disabilità nei media.

Mentre i paesi anglofoni iniziano ormai a considerare inammissibile la simulazione del corpo disabile come performance attoriale, in Italia questa è una pratica ampiamente diffusa. Riconoscere l’importanza di avere persone con disabilità nell’intera filiera dell’industria audiovisiva è un passo fondamentale. Che è tempo di fare.

Isabella Borrelli
Sfamiglia Queer: da cura a pratica politica

La decostruzione della famiglia tradizionale: una riflessione sulle nuove dinamiche relazionali che mettono in discussione una serie di concetti che non ci rappresentano più nelle identità. E ancora: l’importanza delle reti relazionali queer e le sfide nel contesto politico contemporaneo. Perché oggi più che mai la famiglia è politica.

Luca de Santis
Il mio mondo nei videogiochi

In occasione dell’uscita del suo nuovo romanzo “Gamer girl”, abbiamo intervistato Valerie Notari, autrice transgender, gamer e veterana del cosplay italiano. Un intimo sguardo a un’altra famiglia, quella virtuale del mondo dei videogiochi. Una conversazione appassionante sulla crescita personale, l’identità di genere e il potere transformativo delle storie.

Sciltian Gastaldi
Storia di un gruppo rivoluzionario degli anni ’80

Uno dei primi esempi di quella che oggi chiamiamo famiglia queer ebbe origine proprio a Roma, tra le persone del gruppo dirigente del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, nella seconda metà degli anni ‘80. Una domenica pomeriggio, abbiamo riunito in un salotto romano alcuni di loro: Francesco Gnerre, Giorgio Gigliotti e Andrea Pini, e ci siamo fatti raccontare da loro quella che fu la loro ‘comune frocia’. Nel ricordo di Marco Sanna.

Sara Paolella
Scomodo: una questione di famiglia

Scomodo è uno dei prodotti editoriali più interessanti degli ultimi anni. E’ un mensile cartaceo di approfondimento che rappresenta uno spazio di espressione per centinaia di redattori, artisti, creativi e scrittori under 30. Come Aut, combattono la superficialità, la mancanza di approfondimento dell’informazione mainstream e vogliono connettere mondo fisico e digitale. E la redazione è all’interno dello Spin Time, spazio di rigenerazione urbana a Roma. Se non sapete chi sono, è tempo di conoscere questi ragazzi.

Luca de Santis
Queer family: le serie TV che la raccontano meglio

Nella comunità LGBTQIA+ la famiglia ha tanti significati, più ampi e complessi di quanto si creda, e le serie TV negli ultimi anni hanno provato a raccontarle. Io ho chiesto alla mia famiglia queer di mandarmi un vocale con i loro titoli preferiti. Un po’ diario, un po’ podcast, un po’ una finestra intima. Perché se si ha avuto la fortuna di incontrare persone così speciali, condividerle è il miglior regalo che si possa fare.

Mauro Angelozzi
Madonna Celebration Tour: riunione di famiglia

Quello che Madonna ci ha sempre insegnato è che non è nei legami di sangue che si trova la pace. E quella che si è ritrovata intorno a lei in occasione del Celebration Tour è sicuramente la sua fedele e inossidabile (come lei) queer family: vite sopra le righe, famiglie dove tutto è possibile, dove ci si ama e ci si odia in libertà, dove la stravaganza si fa arte e il genere conta zero. Noi eravamo alla tappa di Colonia e vi raccontiamo com’è andata. 

Karma B
A Michela Murgia

“Ricordatemi come vi pare”, ha detto, e si è fatta isola, miraggio superiore, fata morgana, distanza da non colmare, qualcosa che non si può ricordare, come un verbo che ha solo il presente, impossibile da coniugare. Se esistessero le parole giuste per “dire” Michela Murgia sarebbero quelle che le Karma B hanno dedicato a lei sul palco dei Rainbow Awards 2023, di fronte al marito, il figlio e una parte della sua numerosa e variegata queer family. 

Roberta Ortolano
Il nostro percorso di procreazione medicalmente assistita 

Un viaggio intimo attraverso le sfide della maternità lesbica: un racconto di coraggio, speranza, resistenza e determinazione con il sogno di diventare genitori.

Giovanni Raulli
Casa Arcobaleno: le famiglie che ti salvano

Siamo entrat* all’interno di Casa Arcobaleno, il rifugio per giovani LGBTQIA+ espulsi dalle proprie famiglie. Perché non sempre le famiglie di origine rappresentano un porto sicuro. E per salvarci abbiamo bisogno di scialuppe di salvataggio.

Egizia Mondini
L’editoriale – Queer families

Le famiglie queer, intese come reti di affetto e sostegno costruite al di là dei tradizionali legami di sangue, rappresentano un esempio tangibile di amore, inclusività e solidarietà. Quanto sono state importanti in passato e quanto lo sono ancora oggi?

Andrea Pini
Co-housing: una proposta per vivere insieme

Dove spariscono le persone LGBTQ+ quando invecchiano? La maggior parte si ritira riducendo contatti, relazioni ed attività sociali, fino all’invisibilità. Eppure sono tante le energie, le competenze, le esperienze che possiamo mettere in circolo per far fluire in azioni di aiuto reciproco. Serve un ponte tra le vecchie e le nuove generazioni, che dia un senso ai ricordi degli uni e forza agli altri. E il co-housing può rispondere a questa esigenza.

Pino Anastasi
Famiglie di salvataggio ai tempi dell’aids

Un viaggio nelle memorie di chi ha affrontato l’epidemia di aids, dalle prime notizie a una tesi di laurea, da Muccassassina all’Unità di Strada, il  racconto di chi ha trasformato l’impegno in sostegno.

Chiara Tesei
Di salute mentale e tabù di coppia

Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.

Elena Incatasciato
Di bisessualità e pansessualità

Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.

Ali Bravini
Di poliamore, neurodivergenze e salute mentale

Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.

Michela Andreozzi
E se non voglio essere madre?

Essere donna prima di essere madre. Decidere di NON avere figli è ancora un tabù. Dalla discriminazione alla scelta: il percorso verso una vita senza maternità raccontato dalla sagace penna di Michela Andreozzi.

Egizia Mondini
L’editoriale: quali sono i tabù di oggi?

Quello che è tabù per uno può essere pregiudizio per un altro. Quando apriamo il barattolo e dobbiamo decidere cosa metterci dentro, le diverse prospettive emergono e diventano esse stesse un interessante spunto di riflessione e confronto. 

Alessandro Michetti
Il porno è ancora un tabù?

La vergogna è il braccio armato dei tabù, che a loro volta sono l’impalcatura che tiene in piedi uno dei dogmi più insidiosi e castranti che esistano: la sacralità del sesso. Intervista ad Alice Scornajenghi, creatrice dell’acclamata fanzine erotica Ossì, spazio per una narrativa porno di qualità.

Raffaella Mottana
Soli

Il tema tabù coinvolge anche la questione delle nuove coppie: troppie, coppie aperte, poliamoros*. E proprio a questo è ispirato questo racconto. Un altro frutto della collaborazione con Accento Edizioni con i suoi promettenti, brillanti giovani autori. 

Francesco Ferreri
Tabù, tra paura e controllo

Il potere dei tabù: strumenti sociali di controllo e l’influenza infettiva all’interno dei gruppi, anche lgbtqia+.

Giulia Paganelli
Corpi grassi: tabù e identità nella comunità LGBTQIA+

Grassofobia: la battaglia contro gli stereotipi nella comunità LGBTQIA+, nell’era di Sam Smith.

Ali Bravini
Basta un pezzo di carta (?)

Tabù di genere e percorsi trans: la necessità di un cambio radicale.

Luca Ragazzi
La sessualità tra gli anziani nel cinema: oltre il tabù 

Desiderio e intimità: rappresentazioni della sessualità tra anziani, oltre gli stereotipi. Ecco un’antologia dei film che trattano (bene) l’argomento. 

Egizia Mondini e Alessandro Michetti
Lo stigma della depressione

Intervista al Trio Medusa, ambassador della campagna “La Depressione non si sconfigge a parole”.

Valeria Scancarello
Il “peso” dello stigma: centimetri della mia storia

Affrontando la grassofobia: una riflessione personale sulla società e l’accettazione di sé.

Egizia Mondini
L’editoriale – Nuove mappe per orientarsi

C’è venuta voglia di indagare nuove geografie, zoomando sui dettagli, sbirciando dentro i vicoli delle nostre sfumature, vedendo fino a che punto ci siamo spinti alla scoperta di nuovi territori, ridisegnando la mappa del nostro ecosistema. Ne è emersa una nuova cartografia della comunità lgbtqia+, e non solo, intrigante e stimolante, ma con confini mai troppo definiti. Non vi resta che sfogliare l’atlante insieme a noi.

Isabella Borrelli
Il linguaggio inclusivo fa schifo

“Vi inventate sempre nuove parole” è l’accusa più diffusa e fessa mai fatta alla comunità lgbtqia+. Il linguaggio neutro ha provato a proporre nuove mappature che scardinassero il maschile universale. L’utilizzo di linguaggi neutrali e non binari ha avvistato una nuova terra del linguaggio queer. La rottura del paradigma, della norma e del cambiamento è invece non solo qualcosa a cui aspirare ma una pratica politica. E’ anche attraverso il cambiamento e sovvertimento del linguaggio che pratichiamo la nostra dissidenza. E affermiamo la nostra esistenza. 

FRAD
Non si può più dire niente?

Sembra l’argomento del momento, anche in bocca a chi ancora fa fatica a capirne il senso. Un senso prima ancora umano che politico. E allora noi, abbiamo pensato di prenderci anche un po’ in giro. Per non farci dire che ci prendiamo sempre e solo troppo sul serio. E chi meglio di FRAD poteva riuscirci? Ma davvero con noi persone LGBQTQIA+non si può più dire niente? E non si può scherzare? Per fortuna ci sono le vignette di Frad.

Antonia Caruso
È davvero inclusivo parlare inclusivo? 

Abbiamo iniziato davvero a credere che cambiando le parole sarebbe cambiato il mondo. Se non ché, il resto del mondo continua a non saper né leggere né scrivere e la lingua del futuro non sarà sicuramente l’italiano.

Jennifer Guerra
Il movimento trans-femminista oggi in Italia

Non solo grandi città. Dalle Case delle donne ai centri antiviolenza; l’importante rete di supporto della rete transfemminista italiana cresce nei piccoli centri con oltre 150 gruppi e iniziative.

Gayly Planet
Le nuove geografie del turismo LGBTQIA+

Dai Grand Tour ai Gay Camp: il turismo LGBTQIA+ in Italia racconta la storia della nostra comunità, dall’Ottocento fino ai giorni nostri.

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