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Le nuove geografie del turismo LGBTQIA+

di Gayly Planet
Dai Grand Tour ai Gay Camp: il turismo LGBTQIA+ in Italia racconta la storia della nostra comunità, dall’Ottocento fino ai giorni nostri.
Viaggi LGBTQ
Foto Gayly Planet

Le destinazioni, le esigenze e la portata di questo settore sono molto cambiate negli anni, esattamente come è cambiata la comunità LGBTQ+.

In Italia è una realtà consolidata da alcuni decenni, eppure sono in tanti a non sapere cosa sia e cosa voglia dire! Di cosa parliamo? Dei viaggi gay! 

Facciamo una premessa, “viaggio gay” è un termine sicuramente poco inclusivo rispetto a quello più corretto di “viaggi LGBTQ+”, però è così che per molti anni sono state chiamate queste vacanze davvero importanti per moltissime persone. 

Chi pensa che questa tipologia di vacanza sia qualcosa di nuovo e più contemporaneo sbaglia, perché, in realtà, il concetto di vacanza gay nasce nell’Ottocento con i famosi “Grand Tour”. 

I Grand Tour erano dei viaggi a cui partecipavano i giovani rampolli delle famiglie aristocratiche europee. Alcuni di loro sceglievano le destinazioni da visitare in base ai propri interessi storici e artistici, altri invece, soprattutto se omosessuali, venivano spediti in terre più frivole per sperimentare liberamente la propria sessualità e quindi tornare all’ovile appagati e pronti a rinunciarne.

L’Italia fu la principale e più importante destinazione del turismo omosessuale maschile dell’Ottocento e alcune città divennero vere e proprie Mecca dell’omosessualità. Taormina, Venezia, Napoli, Firenze e soprattutto Capri erano i luoghi più ambiti.

Per capire quanto fossero popolari queste destinazioni come luoghi di libertà sessuale e per questo molto amati dai turisti omosessuali, basti pensare che Goethe, già nel 1787,  scrisse che qui poté assistere a un “un curioso fenomeno che non ho mai potuto osservare in proporzioni tali in nessun altro luogo: mi riferisco all’amore fra uomini”. 

Il motivo per cui l’Italia, in quegli anni, divenne meta del turismo omosessuale fu l’assenza di leggi e regolamentazioni che bandivano l’affezione tra persone dello stesso sesso. A questo si aggiungeva un’accentuata libertà sessuale che permetteva ai visitatori di realizzare sogni d’amore proibiti nei loro luoghi d’origine.

In Europa, questi erano gli anni della rigida morale vittoriana inglese e diversi artisti, fra cui Oscar Wilde e Radclyffe Hall, trovarono rifugio proprio in Italia dalle accuse di oscenità e oltraggio alla pubblica morale.

L’aspetto legato alla “sicurezza” e a un sistema legislativo a favore e/o a protezione delle relazioni tra persone dello stesso sesso ha sempre rappresentato la spinta principale per scegliere una specifica destinazione come luogho di vacanze friendly. 

Oggi come allora.

Passata l’epoca del “Grand Tour”, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, la cultura di molti luoghi subì un cambiamento radicale e le persone LGBTQ+ iniziarono a prendere coscienza di sé come comunità esigendo visibilità e rispetto. Il turismo LGBTQ+ cambiò di conseguenza e arrivò ad essere molto simile a quello di oggi.

Un primo, importante e radicale cambiamento nel panorama del turismo LGBTQ+ italiano si ebbe nel 1979. Molto prima del fenomeno Torre del Lago o Gallipoli.

MARCO SANNA CAMPEGGIO GAY – Foto Archivio CCO Mario Mieli

Nel piccolo paradiso di Isola di Capo Rizzuto in Calabria, venne organizzata, da un gruppo di attivisti della rivista Lambda, quella che è stata definita la prima vera e propria vacanza gay italiana: il “Gay Camp”. Nato come un ritrovo estivo tra omosessuali, questo camp vide la partecipazione di tantissime persone da tutta Europa. Qui, in un ambiente sicuro e protetto, era possibile celebrare l’estate in totale libertà con feste, danze, travestimenti e tantissimo amore. Alcuni scatti fotografici di questa vacanza sono oggi conservati nell’archivio Sanna del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli e pubblicati sul libro, edito da TLON, “Rivoluzionari3”, e meritano di essere visti e tramandati. 

Al primo “Gay Camp” ne seguirono altri e sebbene la pandemia di aids a partire dal 1981 frenò bruscamente la visibilità e l’inclusione della comunità LGBTQ+, nel mondo cominciarono a fiorire nuove destinazioni gay come luoghi di maggiore accettazione e libertà sessuale. 

Tra gli anni ‘90 e il 2000 le principali destinazioni europee estive furono Mykonos, Ibiza, Sitges. I Paesi Bassi, che per primo nel 2001 approvò il matrimonio egualitario, e la Spagna, che fece la stessa cosa nel 2005, divennero invece destinazioni perfette per essere visitate tutto l’anno.

Anche l’iconografia del viaggio gay cambiò molto. Una meta LGBTQ+, nell’immaginario, era tendenzialmente un luogo di divertimento, principalmente frequentato da soli uomini e per lo più promossi con immagini di ragazzi muscolosi e piacevolmente lascivi. 

Delle donne e delle destinazioni amate dalle donne, come l’isola di Lesbo in Grecia e l’emergente Torre del Lago in Versilia, non c’era traccia.

Regina Miami a Torre del Lago in Versilia – Foto Gayly Planet

A proposito di Torre del Lago, c’è da dire che in Italia questa è stata, e per alcuni versi lo è ancora, una delle poche destinazioni ufficialmente conosciute per le vacanze LGBTQ+. La storia di Torre del Lago e del circuito “Friendly Versilia” nasce nel 1998 quando l’Arcigay di Pisa si fece promotore della trasformazione di questo luogo in una destinazione italiana per il turismo gay. Grandi festival e locali iconici come il “Mamamia” fecero il resto, e tuttora Torre del Lago resta uno dei pochi luoghi italiani dove fare delle vacanze friendly. 

Oggi il turismo LGBTQ+ è molto cambiato e si sta capendo, ovunque nel mondo, l’impatto non solo sociale ma anche economico di questo turismo. Secondo le ultime stime, nella totalità dei turisti in tutto il mondo, il 5-10% fa parte della comunità LGBTQ+, ed entro il 2030 l’impatto economico di questo settore ammonterà a 560 miliardi di dollari. 

Le destinazioni, le esigenze e la portata di questo settore sono molto cambiate negli anni, esattamente come è cambiata la comunità LGBTQ+. 

Il sondaggio annuale realizzato da Gayly Planet per analizzare l’andamento del turismo LGBTQ+ italiano ci può far capire maggiormente cosa davvero voglia dire “vacanza gay” e “destinazione LGBTQ+ friendly” oggi. 

Il 57% delle persone che hanno partecipato al sondaggio identificano questi luoghi come posti in cui poter “essere liberi di non dover dare spiegazioni sul proprio genere, orientamento e tipologia di famiglia”, mentre per altre persone questi sono luoghi “dove poter incontrare facilmente persone della stessa comunità” e luoghi con una “maggiore sicurezza per le persone LGBTQ+”. 

Le destinazioni più ambite in Europa rimangono Spagna e Paesi Bassi. Nel mondo a farla da padrone sono ancora i Paesi dell’Unione Europea, seguiti da Canada e Stati Uniti. Gli USA, negli ultimi anni, sono passati dall’essere a “big gay thing” a un luogo percepito come poco sicuro soprattutto per via delle leggi transfobiche e delle limitazioni all’espressione che stanno diventando paurosamente sempre più comuni e frequenti in molti Paesi degli Stati Uniti.

Non possiamo sapere quale sarà il futuro del turismo LGBTQ+, ma siamo sicuri che i luoghi dove tutte le persone potranno sentirsi libere di esprimersi liberamente e sentirsi al sicuro saranno le nuove destinazioni LGBTQ.

Saranno anche passati tantissimi anni dal “Grand Tour” eppure la necessità delle persone LGBTQ+ rimangono immutate: socialità e sicurezza. 

Fonti:

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