AUT Magazine

Festival di cinema queer in Italia. Lo stato dell’arte

di Luca Ragazzi
In tempi in cui il cinema è nel nostro salotto, hanno ancora senso i festival? Se i film a tematica LGBTQIA+ ormai vincono gli Oscar, ai festival restano solo gli scarti? Non è così. Dietro questi festival c’è un enorme lavoro di ricerca.
MIX festival 2

Quando mi è stato chiesto di scrivere un articolo sui festival di cinema (e non solo) queer in Italia ho sentito una specie di stretta al cuore. Per anni, anzi per tre decenni, ho frequentato quei festival, prima come spettatore poi come giornalista accreditato, in seguito come giurato e in ultimo come regista di documentari a tematica LGBTQIA+ . Credo pertanto di poter dire che sono la persona giusta per parlarne.  Questi festival sono fondamentali a mio avviso per molteplici ragioni e credo che oggi più che mai ce ne sia un gran bisogno.  Per me, averli frequentati ha significato molto, per capire chi fossi, per conoscere altre persone della comunità, per vedere vecchi film sul grande schermo (come dimenticare le retrospettive viste a Torino, di Isa Miranda, Marene Dietrich, Joe D’Alessandro o David Bowie?) per conoscere gli ospiti. Che emozione quella volta con Martin Sherman, un ebreo americano simpaticissimo (all’epoca mi sembrava anziano ma mi sa che aveva più o meno l’età che ho io adesso…) che ha scritto per il teatro e poi per il cinema quel capolavoro che è Bent, sulla storia di due omosessuali reclusi nei campi di sterminio. 

Più di una volta nel corso di questi anni, mi sono chiesto se ha ancora senso un festival di questo tipo: voglio dire, film a tematica LGBTQIA+ ormai vincono gli Oscar, si pensi a Brokeback Mountain (2005 Oscar per la regia e la sceneggiatura), a Boys don’t cry, (Oscar a Hilary Swank nel 1999) a Capote (Oscar per il compianto Philip Seymour Hoffman nel 2005) a Milk (Oscar a Sean Penn nel 2008) Moonlight (2016  tre Oscar tra cui attore e al miglior film) o Call me by your name ( 2017 Oscar per la sceneggiatura) e sono titoli che non si sono visti nei festival di settore ma sono andati direttamente a Venezia, Cannes Berlino, Toronto. Il rischio era che ai festival LGBTQIA+ rimanessero solo gli scarti, commediole stupide o filmetti sciatti. Eppure… non è stato così. E questo perché dietro questi festival c’è un enorme lavoro di ricerca, c’è uno sguardo, una linea editoriale e un senso di missione non indifferente. 

Pensate che il primo festival in Italia a tematica gay fu quello di Torino, chiamato provocatoriamente “da Sodoma a Hollywood”. Fu Giovanni Minerba a inventarlo, con il suo compagno Ottavio Mai, nel lontano 1981, oggi noto come Lovers Film Festival (https://www.loversff.com/it/): è il più antico festival a tematica LGBTQIA+ d’Europa e tra i primi nel mondo. La direzione artistica è affidata a Vladimir Luxuria, mentre da quasi 30 anni una delle colonne portanti del festival è Angelo Acerbi che nel corso del tempo ha rivestito vari ruoli, da curatore a selezionatore a responsabile per la programmazione. Raggiunto al telefono mi parla di come il festival è cambiato negli anni, del pubblico che si è diversificato e adesso, oltre lo “zoccolo duro” di ultra cinquantenni che lo seguono con l’affetto di sempre, si è aggiunto un tipo di spettatore più variegato, non necessariamente gay, magari interessato al buon cinema di qualità o alle retrospettive che però, aimé adesso costano care. “Per fare la celebrazione di 5 film che fanno un anniversario, ci siamo svenati” dice Acerbi, poiché, dopo la pandemia i costi di quasi tutto sono raddoppiati ma i finanziamenti sono gli stessi da decenni. La pubblicità canonica sui giornali o con i manifesti per strada costa cara, meglio i social a costo zero, e il passaparola. Ma la cosa fondamentale resta il fare comunità, dare voce a chi voce non l’avrebbe. “Sulle piattaforme” continua Acerbi “si trovano film a tematica LGBTQIA+ ma spesso non sono film d’autore. Certi titoli li puoi trovare solo ai festival perché su Netflix, o altrove, se nessuno ci fa click, i titoli più di nicchia dopo un po’ spariscono”. C’è poi un altro aspetto importante di cui andare fieri, se oggi la questione transessuale sembra abbastanza dibattuta (ma lungi dall’essere accettata dalla massa) è stato proprio al festival di Torino che se ne è parlato già anni e anni fa. Il festival ha luogo al Cinema Teatro Massimo, esattamente davanti alla Mole Antonelliana, sede del museo del cinema che ne segue la gestione amministrativa, un’istituzione che non solo ospita il festival, ma è anche considerato uno dei musei più importanti al mondo per la ricchezza del suo patrimonio (e se non ci siete mai andati, correte adesso a farlo!).

Un altro festival importante al quale sono molto affezionato è il MiX festival di Milano (https://mixfestival.eu/). Al MiX è infatti legata quell’emozione indimenticabile provata vedendo il film che io e mio marito realizzammo nel 2008, proiettato nella sala gremita del Piccolo teatro di Milano (mica tanto piccolo, sono quasi 1000 posti). 

Quest’anno sarà alla sua 38 esima edizione. Dopo la gestione di Giampaolo Marzi, dal 2017 il Festival è stato diretto da Andrea Ferrari, Debora Guma e Rafael Maniglia. Oggi diretto da Paolo Armelli, Pierpaolo Astolfi e Priscilla Robledo, il MiX è una realtà molto radicata nel capoluogo lombardo e rappresenta uno dei Festival del Cinema LGBTQIA+ con maggiore affluenza di pubblico (con picchi fino a 12.000 ingressi). Continua, anno dopo anno, la sua missione di aprirsi a nuovi pubblici e nuove forme di contaminazione artistica e intellettuale.

I festival di questo tipo sono punti di riferimento fondamentali per una comunità in cerca di rappresentazione, comprensione e inclusione. Sono strumenti essenziali per combattere stereotipi dannosi, creare dialogo tra diverse comunità e abbattere barriere invisibili. Servono di esempio alla comunità, che può così rivedersi, riconoscersi e condividere gioie e dolori. 

Una storia a parte è quella rappresentata da Gender Bender, (https://genderbender.it/ ) il festival bolognese che da 20 anni porta in scena il meglio degli immaginari culturali e artistici legati al corpo e al genere. Si svolge a Bologna e con la sua programmazione attraversa l’intera città. Ricco di eventi e di ospiti, è in grado di trasformare il volto della città, portando ospiti internazionali e coinvolgendo i più giovani. Bologna è una città universitaria, non va dimenticato, ed è anche la città di Lucio Dalla e di Eva Robins. Il Cassero, sede dell’Arcigay, è un posto bellissimo, che per tutto l’anno è teatro di eventi, presentazioni e discoteca ma che nei giorni del festival raggiunge il suo acme. Fin dalla sua nascita il festival è stato improntato all’insegna del Gender, un modo per rivolgersi ad una comunità il più ampia possibile che si rivolge a tutti e tutte. Forse anche per questo il loro pubblico si definisce al 40% eterosessuale. “Abbiamo sempre fatto di tutto per avvicinare i giovani al nostro festival”, mi racconta Daniele Del Pozzo, il direttore artistico (insieme a Mauro Meneghelli) che ha cominciato la prima edizione nel  ’94,  “e la nostra presidente di adesso è nata proprio  nel ’94!” ride divertito. All’inizio del quadrimestre fanno delle presentazioni del festival all’università e per attrarre gli studenti propongono degli sconti interessanti. Sono stati tra i primi – se non i primi in assoluto – in Italia a parlare di genere, una cosa mutuata dai gender studies di origine anglosassone, quando nomi come quello di Judith Butler o Gayle Rubin da noi erano ancora sconosciuti. In più nel 2016 sono arrivate le unioni civili, il mondo gay è cambiato antropologicamente e anche giuridicamente per questo “stiamo lavorando sul fronte culturale con un immaginario in divenire che cambia costantemente, la nostra sfida è stargli dietro”. E poi c’è la danza, la letteratura, il cinema, i laboratori e le feste. Insomma, un festival interdisciplinare dove ognuno può trovare quello che sta cercando.

Scendendo al centro dello stivale si trova il Florence Queer Festival (https://www.florencequeerfestival.it/) che pure è giunto alla sua 21esima edizione, e si pone come la più importante rassegna toscana dedicata alla cultura queer. Il festival è organizzato dall’Associazione IREOS di Firenze, la direzione è affidata a Barbara Caponi e Giacomo Brotto e si svolge in autunno presso il cinema La Compagnia (bellissima sala specializzata in documentari). Nato nel 2003 con una piccola rassegna di 4 giorni al Teatro Puccini, ha ampliato negli anni la programmazione, passando dal cinema Alfieri e poi lo Spazio Uno, per approdare all’Odeon, la più prestigiosa sala fiorentina (oggi convertita in libreria). Cinema, teatro, fotografia, letteratura e costume, sono al centro del percorso che questo festival propone per raccontare  un’identità queer in continuo mutamento, che si prefigge di superare gli stereotipi nei quali è stata a lungo costretta. 

Rovistando nella valigia dei ricordi, non posso a questo punto non citare l’ultimo dei festival che prendo in analisi, il Sicilia Queer Festival (https://www.siciliaqueerfilmfest.it/) di Palermo, sostenuto e diretto da una squadra di professionisti del mondo del cinema e dell’audiovisivo che lavorano con passione e  in modo volontario alla costruzione di uno spazio che rappresenti un’alternativa. Questo festival, nato nel 2010, si propone come luogo di approfondimento teorico e cinematografico e vuole dare visibilità a una cinematografia di qualità; è molto cresciuto nelle ultime edizioni anche grazie alla capacità visionaria del suo direttore artistico, Andrea Inzerillo, un vero intellettuale cinéphile, autore tra gli altri di bellissimi saggi. Ma tutto il suo staff merita il plauso, basta sfogliare i cataloghi delle edizioni passate per capire quanta cura, quanta sapienza e quanto gusto hanno impiegato tutti, volontari compresi.  Il dipartimento di statistica dell’Università di Palermo ha rilevato che gli spettatori dell’ultima edizione, avevano l’età media di 23 anni, e già questo mi sembra un successo enorme, in un’epoca in cui i giovani vedono i film solo nelle piattaforme ed escono di casa per pagare il biglietto solo per i film di supereroi. 

Mi spiega Andrea Inzerillo: “Qualunque festival si deve porre a domanda: a chi mi rivolgo? Noi abbiamo fatto una politica di prezzi bassi e abbiamo cercato di attrarre un pubblico esigente, in cerca di qualcosa di diverso dall’offerta generalista. Dal momento che la comunità LGBTQIA+ ormai è diventata un target, non si può dire che l’offerta manchi, ma bisogna sapersi distinguere, non accontentarsi. Quando il nostro festival è nato nel 2010, il terreno era già stato preparato da tanti festival di cinema gay e lesbico che hanno fatto da pionieri già negli anni ’80.  Noi ci chiediamo cosa sia il cinema queer e in che modo questo cinema può costituire una sfida al cinema tout-court”.  Secondo Inzerillo, un festival come il suo deve essere un contributo culturale e deve anche fare ricerca. Film belli e di nicchia ce ne sono, basta saperli trovare. “Il nostro festival non vuole essere uno specchio della comunità LGBTQIA+ ma si pone l’obiettivo di aiutare a crescere una comunità consapevole. Il Festival Queer di Palermo non vuole essere un mero catalogo, ma una proposta”.  

Insomma, qualora vi siate chiesti se abbia ancora ragione di essere nel 2024 festival di questo tipo, mi sembra evidente che la risposta è si. Il cinema queer, inoltre, offre un’opportunità fondamentale di confronto, non solo all’interno della comunità LGBTQIA+, ma anche con il mondo esterno. L’omofobia è lungi dall’essere vinta, le cronache (soprattutto quelle nere) sono piene di storie drammatiche, la battaglia per l’inclusione e la rappresentazione è lontana dall’essere vinta, e i festival italiani di cinema queer sono in prima linea in questa lotta e sono fondamentali per sfidare queste percezioni.

Qui ho parlato solo dei 5 più noti, ma ce ne sono tanti altri, più piccoli, più locali, ma ugualmente importanti perché in questi tempi bui restano elementi fondamentali la visibilità, il senso di comunità e il non sentirci mai soli. Per questo più è piccola la città che lo ospita, tanto è più importante il senso di una rassegna di questo tipo.

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Nicolò Bellon
Guida agli uomini passati di qua

Tra le note di Milva e Dalla, tra le strade di Roma e Biella, il giovane scrittore Nicolò Bellon disegna una mappa di ricordi, sentimenti e malinconie.

Alessandro Michetti
Chieti, la provincia che vive in mille città

Vivere l’identità LGBTQIA+ nei piccoli centri e il bisogno di spazi sicuri e protetti dall’omotransfobia: un’intervista al consigliere Arcigay di Teramo, Fabio Milillo.

Edoardo Tulli
Per una città diversa in una società di uguali

Una lotta che dal 1994 arriva a oggi: un progetto di riqualificazione per rompere i confini e accogliere la comunità del Palazzo Mario Mieli nel quartiere San Paolo a Roma.

Giacomo Guccinelli
Asessualità e aromaticismo. Identità politiche e narrativa dell’assenza

Le persone aroace, asessuali e aromantiche, sono identità che problematizzano, mettono in dubbio e si sottraggono da ciò che la maggioranza pensa sia normale all’interno delle dinamiche relazionali. Disegnando nuove geografie dei rapporti.

Simone Gambirasio
Corpi disabili, corpi invisibili

I luoghi di visibilità LGBTQIA+ sono davvero così accessibili per le persone con disabilità?

Antonia Caruso
Occhio non vede, cuore non vota

L’invisibilità si crea con l’esclusione dal campo visivo, è un processo attivo e selettivo per annullare l’essenza dell’altro. Ed è soprattutto all’interno della popolazione trans che troviamo un gatekeeping interno.

Stephan Mills
Il mio corpo intersex invisibile

Perché così poche persone conoscono la realtà intersex? E’ tempo di rendere più visibile una realtà ancora troppo poco conosciuta: quella dei corpi intersex. Un percorso di lotta per ottenere i cambiamenti desiderati e di accettazione degli aspetti che non vogliamo cambiare. 

Egizia Mondini e Alessandro Michetti
L’editoriale: Invisibili

Essere visibili è un atto politico, di autoaffermazione, autodeterminazione e affrancamento, ma anche un’urgenza esistenziale, oltre che di condivisione. Perché “fuori dalla collettività c’è solo la mitomania”. 

Aldo Mastellone
Comunità trans nello sport: quando rendersi visibili è rivoluzione

La situazione delle persone LGBTQIA+ nello sport agonistico. Intervista a Guglielmo Giannotta, Presidente di ACET, Associazione per la Cultura e l’Etica Transgenere.

Ambra Angiolini
Come la politica e l’economia sfruttano la nostra invisibilità

Far tornare le nostre diverse identità gli unici luoghi davvero interessanti da visitare, è la rivoluzione che dobbiamo mettere in atto.

Francesco Lepore
Sacerdoti omosessuali al bivio

Da una voluta invisibilità al bisogno di coming out. Anche in Vaticano.

Daniele Coluzzi
L’omosessualità nella letteratura italiana: una storia di invisibilità

Da Michelangelo a Tasso, come gli artisti hanno usato le loro opere per celebrare i propri amori.

Paolo Di Lorenzo
Il “cucciolo” che spaccò l’America in due

Il coming out di Ellen DeGeneres e una Hollywood piena di armadi che non fu più la stessa.

Loredane Tshilombo
Black Queerness: quando sei abituato a essere invisibile

Nella presunta visibilità queer conquistata c’è l’invisibilità delle persone non bianche: il dibattito politico e la sfida del rispetto sociale in una società che riesce a convivere con più di venticinquemila persone black and brown morte o disperse nel Mediterraneo negli ultimi dieci anni.

Luca de Santis
Come sta cambiando l’identità fascista

I simboli nostalgici si legano a felpe alla moda, gli smartphone branditi al posto di bibbie e crocifissi, spariscono le divise militari scoprendo corpi muscolosi e cappelli di pelliccia. “Etero Pride”, “All lives metters”, “Libertà di essere madri”: i nuovi fascisti si appropriano dei nostri riferimenti e delle nostre parole, per mostrarsi più accettabili ma mantenendo gli strumenti di sempre: violenza e oppressione.

Luca Ragazzi
Quando il cinema queer era invisibile, o quasi

Veloce rassegna dei film italiani che hanno contribuito alla lotta per i diritti LGBTQIA+.

Matteo Albanese
Bisessualità: un orientamento doppiamente al margine

Secondo la comunità gay e lesbica, i bisessuali sono uomini gay velati e le bisessuali donne etero opportuniste. Secondo la società eterosessuale le persone bisessuali sono ingorde e insaziabili a livello sessuale, più portate alla promiscuità e alla non-monogamia. Non c’è da stupirsi che il pensiero bisessuale sia praticamente sconosciuto in Italia. Più invisibilità di così…

Mohamed Maalel
Non sono più un uomo

Un racconto inedito che parla di multiculturalità, identità, invisibilità.

Ali Bravini
Fuori dai binari: una prospettiva che sfida le convenzioni di genere

Se un Dio esiste è sicuramente non binario. Allora chi siamo noi umani per pretendere di doverci descrivere come maschi o femmine? E’ necessario restituire consistenza a prospettive invisibilizzate da un binarismo imposto che da secoli caratterizza la nostra cultura e spesso anche la visione della nostra comunità LGBTQIA+.

Roberto Gualtieri
40 anni di storia nella città di Roma

L’obiettivo dell’Amministrazione romana è quella di rendere la città sempre più accogliente, giusta e in ascolto. Una sfida che deve essere vinta assolutamente.

Egizia Mondini e Alessandro Michetti
The Luxurian Age of Muccassassina

Intervista a Vladimir Luxuria, ex direttrice artistica di Muccassassina. Per scoprire come nasce un mito.

Antonia Caruso
In questa notte tutte le vacche sono gay

Chissà se a Mario Mieli avrebbe fatto piacere diventare mariomieli, martire, eroina, poeta e anche stencil. Antonia Caruso ha tratteggiato per noi un suo personalissimo ritratto, irriverente, ironico, punk, di quel Mario Mieli di cui portiamo il nome da 40 anni. Un Mario Mieli eccessivo ma mai eccedente. 

Monica Cirinnà
Unioni civili, divisioni politiche

Più che il percorso di una legge, un’epopea omerica, fatta di insidie, tradimenti e successi che alla fine hanno portato al (desiderato?) approdo. A ripercorrerlo insieme a noi è Monica Cirinnà.

Mario Colamarino
Il Mario Mieli è di nuovo Aut

Il Magazine del Circolo è tornato in circolazione, stavolta on line. Il Presidente del Circolo Mario Mieli, in veste di editore, ci spiega la spinta che ha portato a questo ritorno.

Isabella Borrelli
Si è fr**i anche per il culo degli altrə

Chi era Mario Mieli? L’intellettuale, il filosofo, lo scrittore, l’avanguardista? A proporci una sua rilettura è Isabella Borrelli, attivista lesbofemminista intersezionale.

Vanni Piccolo
Da AMOR al Mieli

Il Circolo Mario Mieli secondo Vanni Piccolo, presidente dal 1984 al 1990.

Deborah Di Cave
La storia di un circolo a cui devo anche un po’ la mia

La prima presidentessa nella storia del Mario Mieli ci racconta il suo Circolo.

Sebastiano Secci
Pride e Resistenza

Era il 2019 e gridavamo: chi non si accontenta lotta. A raccontarcelo, l’allora presidente Sebastiano Secci.

Rossana Praitano
Anniversario di rubino

Rosso come il rubino simbolo di quest’anniversario e come la passione per l’attivismo politico della ex presidentessa Rossana Praitano

Emiliano Metalli
Teatro di lotta: Norme, Traviate e Mieli on stage

Una retrospettiva su Mario Mieli drammaturgo. Perché sì, fu anche questo.

Emiliano Metalli
Mario Mieli autore, regista, costumista, scenografo, truccatore: qualcosa di magico

Osserviamo Mario Mieli attraverso la lente del teatro: una figura di intellettuale complesso, agitatore culturale, politico dissacrante, controcorrente, avanguardista, spesso inarrivabile e in anticipo su temi e metodologie. 

Francesco Paolo Del Re
Dalla Luna ai Faraoni, fotografando il mio amico Mario

Regista, autrice di documentari, giornalista: Maria Bosio era amica di Mario Mieli e l’autrice di alcune delle fotografie più famose dell’intellettuale. Questa è un’intervista esclusiva per Aut nella quale ci racconta un Mario Mieli inedito, da vicino.

Ilaria Di Marco
Una rivoluzione che ha ancora molto da dire

Dal 28 giugno al 30 luglio, alla Pelanda di Roma, la mostra RIVOLUZIONARI3 — 40 anni del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli. Ce ne parla la curatrice.

Egizia Mondini
L’editoriale

Siamo tornati a casa.

Chiara Sfregola
Orgoglio all’italiana

Siamo in marcia da quasi 50 anni ma la meta non l’abbiamo ancora raggiunta. Chiara Sfregola ripercorre per noi la storia del pride in Italia, attraverso le parole di chi queste manifestazioni ha contribuito a organizzarle, animarle e, in primo luogo, immaginarle.

Cristina Leo
Transgender: guerrier* senza corazza

“La pratica femminista dell’autocoscienza, del partire da sé, mi impone di parlare per me stessa, non per le altre e gli altri, ma semmai insieme alle altre e agli altri”.

Claudio Mazzella
Il Pride al tempo del Covid

Il Pride del 2021 fu quello del ritrovarsi, del guardarsi finalmente non più attraverso uno schermo o con la linea che cade continuamente. Tornavamo a toccare, stringerci e guardarci negli occhi.

Egizia Mondini
The Greatest Show Ever

Intervista a Diego Longobardi, direttore artistico di Muccassassina dal 2005.

Leila Daianis
Il colpo d’ala della libellula

È il 1978. Un nuovo paese, una vita nuova. Più facile? Decisamente no. Ma ho cercato di fare la differenza. E forse ci sono riuscita.

Imma Battaglia
La politica, la passione, il World Pride

Nel suo nome quasi un destino: Battaglia. Contro quello che ritiene ingiusto, a favore di chi non può difendersi. Ci racconta il suo più grande successo: il World Pride del 2000 a Roma.

Marilena Grassadonia
Sulla strada dei diritti

Il saluto e l’augurio di Marilena Grassadonia, Coordinatrice Ufficio Diritti LGBT+ di Roma Capitale.

Egizia Mondini e Alessandro Michetti
La forza della nostra storia. Intervista ad Andrea Pini

In questa intervista Andrea Pini, presidente del Circolo Mario Mieli dal 1990 al 1993, ci racconta la nascita del Circolo Mario Mieli.

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