Rosso come il rubino, simbolo di quest’anniversario, come la passione che l’attivismo politico richiede, impone e ottiene e che Rossana Praitano non ha lesinato di dare nei tantissimi anni trascorsi al Mario Mieli, che insieme hanno intessuto una storia formata da tanti ricordi.
Cosa è un anniversario? Credo racchiuda tante cose in sé. È un’occasione per riflettere, una nostalgia che ti attraversa i ricordi, un bilancio personale o collettivo, una cesura per individuare un prima e un poi. Comunque lo si approcci, non può che produrre una visione parziale, ma tanto più precisa quanto più si è consapevoli che forse non lo sarà mai fino in fondo.
40 anni di Circolo Mario Mieli sono un trascorso di tempo importante, un anniversario di rubino, sia in termini di storia che di storie, individuali, dell’associazione in sé e dell’intero movimento Lgbtqia+ italiano. Un anniversario denso, quindi, che un numero incredibile di persone può festeggiare e potrebbe raccontare. Per me il Mieli è una solida montagna su cui dimoro con orgoglio e affetto, una casa da custodire e supportare, anche se con differenti modalità negli anni, come è giusto che sia.
Ho varcato l’ingresso di quella casa nel 1994, a una settimana dal primo Pride, da lì seguirono 10 anni da presidente e 3 da vicepresidente, e raccontare tutto quello che abbiamo vissuto e che ho vissuto è difficile da riassumere con poche righe. Ci proverò con qualche pennellata di ricordi.
Potrei raccontare della lotta politica, del divertimento, della fatica, dell’incredibile umanità incontrata, delle responsabilità, delle amiche e degli amici, di quanto ho imparato, dei tantissimi Pride costruiti, delle discussioni inutili e di quelle geniali, di Aut, di Muccassassina, della cultura prodotta, della lotta all’Aids, del luogo fisico accogliente, dei servizi offerti per i bisogni reali delle persone, della bandiera in cui avvolgersi…
Potrei raccontare, da presidente del Mieli l’organizzazione di quel Pride nazionale di Roma del 2007, un successo formidabile che fronteggiò il Family Day, riempiendo Piazza San Giovanni con un numero di partecipanti nettamente superiore a quello raccolto nella medesima piazza poche settimane prima da alcune associazioni cattoliche, schierate contro il disegno di legge DICO sul riconoscimento giuridico delle convivenze omosessuali. Fu una vittoria che ammutolì il Family Day anche se purtroppo la legge non vide la luce con la caduta del Governo Prodi pochi mesi dopo. Potrei aggiungere anche il mio rimpianto nel vedere come il Family Day, o meglio quel che c’è dietro, ha ripreso vita come fuoco sotto cenere, portando oggi, 16 anni dopo, come Ministro della Famiglia quella stessa Roccella, all’epoca leader dei cattolici integralisti organizzati. Una prova che la Storia è un’altalena che spesso va riacciuffata dal suo andar fuori giri. Le famose “umani sorti progressive” sono in realtà onde oscillatorie che richiedono vigorose e intelligenti riconquiste necessarie.
Potrei ricordare l’Europride di Roma del 2011, che aveva come anima e capofila organizzativo il Mario Mieli e che riuscì ad aggregare tutte le realtà e associazioni Lgbtqia+ italiane, ultimo Pride, purtroppo, così coeso. Fu un evento unico in Italia, analogo solo al World Pride del 2000 per portato internazionale e per punto di svolta, ma differente da quello per una modalità più collettiva di organizzazione politica e per un diverso impatto sociale in una epoca di maggior visibilità delle questioni omosessuali e transessuali. In buona sostanza il World Pride, soprattutto perché osteggiato, fu dirompente nel dimostrare che tutte le persone Lgbtqia+, e non solo gli attivisti, erano stufi di nascondersi e di sopportare tanta ostilità, mentre l’Europride del 2011 fu la plastica fotografia di una massiccia comunità ormai protagonista del proprio processo di liberazione, proteso verso conquiste legislative, non più rinviabili e percepite tali nel paese. La legge Cirinnà è infatti arrivata dopo 5 anni, frutto di un lavoro e di una consapevolezza generale che dopo quella svolta dell’Europride non era più arrestabile. Quell’evento fu uno sforzo a 360°, con presenza sul territorio nei giorni prima del corteo, iniziative culturali di livello, una parata dai numeri impressionanti resa celebre dal finale al Circo Massimo, stracolmo di persone ad ascoltare Lady Gaga, il tutto coperto da una attenzione mediatica di livello mondiale. Personalmente, stando al vertice dell’organizzazione, porto con me il ricordo di una sfida faticosa e di enorme soddisfazione per il risultato straordinario, ma soprattutto la consapevolezza di aver avuto il privilegio d’essere stata d’aiuto per una causa giusta ma soprattutto collettiva. Capita di rado e a pochi.
In realtà potrei raccontare di come sono grata al Mieli per aver avuto l’opportunità di agire non solo da volontaria ma con spirito di servizio in tutti gli svariati anni di presidenza, e non solo nell’occasione dell’Europride, perché la dote di ricchezza umana che ho ricevuto in cambio è rara e non ha prezzo.
Potrei ancora raccontare molto, ma forse questi bagliori di memorie possono già dare l’idea di quel che fu, per me. In fondo un anniversario è solo un passaggio ben scolpito da coccolare, che poi andrà via veloce verso il prossimo tempo, che per il Circolo Mario Mieli sarà sempre e ancora orgogliosamente da costruire: da un “anniversario di rubino” a quello futuro, d’oro.