Il mio primo incontro con le costellazioni familiari è stato – come spesso accade con gli incontri che ti cambiano la vita – assolutamente casuale.
Avevo ventisei anni e la convinzione (chiaramente errata) di essermi iscritta a un non meglio specificato corso di astrologia. Non immaginavo che sarebbero bastate un paio d’ore di un sabato grigio e piovoso per incamminarmi in un viaggio in terre sconosciute.
Da quel pomeriggio di novembre di sedici anni fa ho praticato la terapia sistemica per una ventina di volte. Forse di più. Tutto regolare: da brava scorpione ho un certo tratto ossessivo, che si acuisce se trovo qualcosa che mi permette di andare in profondità, di scoprire l’inaspettato.
Ognuna delle costellazioni a cui ho partecipato ha cambiato il mio modo di pensare, mostrandomi da una prospettiva nuova ciò che credevo di conoscere. Ognuna mi ha restituito un pezzo della mia dignità e mi ha mostrato il mio posto nel mondo.
Sono nata dopo un grave lutto. Da sempre ho memoria di un evento indicibile, del dolore dei miei genitori, del peso sul cuore, del desiderio di essere altro e altrove.
Sono stata una bambina molto amata e protetta. Ho avuto un’infanzia felice con un vago retrogusto di senso di colpa, di cose non dette, e la sensazione di aver tolto qualcosa a qualcuno.
Ma andiamo con ordine. Che cos’è successo in quella prima costellazione nel novembre del 2007?
Eravamo una dozzina di persone e la mia costellazione è stata rappresentata per ultima. I partecipanti si siedono in circolo, il facilitatore tra di loro, i rappresentanti sono in piedi al centro, uno per ogni membro della famiglia del cliente. Il cliente entra in scena in un secondo momento, all’inizio osserva solamente, seduto accanto al facilitatore.
Ero lì quando ho visto la ragazza che rappresentava me piangere a dirotto. Quando ho preso il mio posto nella rappresentazione ho pianto anch’io, senza riuscire a fermarmi.
Nelle costellazioni non si pensa, ma si sente, si sa. Si vede, senza filtri. Ho visto il dolore di mia madre. Ho visto mio fratello e mio padre paralizzati, ammutoliti, lontani. E ho visto la me piccola, una bambina nata con un peso enorme addosso, che era stato troppo per lei.
Qualcosa si è concluso quel pomeriggio. Ho potuto vedere le cose così com’erano, da una prospettiva diversa, in un modo che non mi sarebbe stato possibile altrimenti. E ho iniziato a accettarle per quello che sono (iniziato, perché appunto dopo la prima ne ho fatte un’altra ventina di costellazioni, sono uno scorpione, dicevamo).
Qual è la direzione? Come procedere? Dove si va?
“Sal, we gotta go and never stop going ‘till we get there.”
“Where we going, man?”
“I don’t know but we gotta go.”
― Jack Kerouac, On the Road
Le costellazioni familiari sono una terapia sistemica messa a punto da Bert Hellinger verso la fine degli anni Settanta. Nella genesi delle costellazioni familiari confluiscono esperienze terapeutiche di tipo corporeo, la Terapia Gestaltica, la Primal Therapy e l’Analisi Transazionale. Con una forte componente spirituale: quello che accade in una costellazione familiare non può essere pienamente spiegato se non ricorrendo a uno spazio ‘altro’, a una dimensione dello spirito.
Le persone arrivano spesso senza conoscersi. Le informazioni che vengono condivise col gruppo sono generiche. Ma una volta che il cliente sceglie chi rappresenterà i membri della sua famiglia e li posiziona all’interno del circolo, succede qualcosa di molto curioso. Arrivano percezioni molto precise, sensazioni definite, vengono in mente delle frasi, si sente l’esigenza di avvicinarsi ad alcuni o allontanarsi da altri.
Questo mi è accaduto sia come rappresentante che come cliente. Ho sentito repulsione, desiderio, tenerezza, incapacità di stare in piedi o guardare qualcuno in faccia. E mi è successo di riconoscere espressioni e modi di fare appartenuti a mio padre -morto quando avevo diciassette anni- nei gesti della persona che lo rappresentava.
Per spiegare questo fenomeno, Hellinger ha parlato di “campo spirituale”, di “campo sciente”. Oggi i facilitatori parlano di entanglement quantistico. In ogni caso, tutto ciò si riesce ad osservarlo, senza che possa essere completamente spiegato. Bisogna ‘raccogliersi’ in sé, così come consigliava Hellinger, e assecondare l’informazione ricevuta. Ci si comincia a muovere nello spazio. E in questo modo la rappresentazione inizia a muoversi.
Le rappresentazioni delle costellazioni familiari mettono in evidenza e sciolgono gli irretimenti. Questo cambia qualcosa nel campo, ad esempio per la famiglia e per il singolo, che però non può abbandonare il campo.
– Bert Hellinger
L’energia che tiene in piedi i sistemi familiari è l’amore. Il termine è inteso in senso ampio, è la forza di gravità che ci lega gli uni agli altri attraverso il tempo e lo spazio. È inclusione, è appartenenza.
L’amore ha degli ordini. Delle gerarchie: genitori e figli, nonni e nipoti, antenati e discendenti, sono rispettivamente i grandi e i piccoli e ognuno deve comportarsi secondo il suo ordine, i grandi devono curare i piccoli, i piccoli non devono prendere il posto dei grandi. E dei comandamenti: uno dei fondamentali ordini dell’amore è che nessuno deve essere escluso, abbandonato, allontanato.
Se questi ordini vengono sovvertiti, nel sistema familiare ci saranno degli irretimenti. Gli irretimenti sono i nodi della trama, le interruzioni dove il flusso dell’amore è bloccato e si è trasformato in odio, rabbia, desiderio di vendetta e di morte. Gli irretimenti esistono nel campo spirituale e coinvolgono tutti gli individui del sistema, attraverso il tempo e lo spazio. E richiedono compensazioni. C’è un prezzo da pagare che ricade sulla discendenza (fantastico, no?).
La buona notizia è che partecipare a una costellazione familiare significa muoversi nel tempo e nello spazio, alla scoperta dei blocchi che influenzano la vita del singolo nel presente. E rimettere a posto le cose seguendo gli ordini dell’amore. Questo è possibile grazie al campo morfogenetico: ognuno porta dentro di sé una parte del gruppo a cui appartiene e può sanare il suo passato. E questo è davvero fantastico.
“Cosa sacrificheresti? I tuoi ideali o l’essere umano?”
Homo sum, humani nihil a me alienum puto.
― Terenzio, Heautontimorumenos
Bert Hellinger è scomparso nel 2019 a 94 anni ed è stato un militare, un prigioniero di guerra, un seminarista cattolico, un missionario in Sudafrica, uno studente di psicanalisi freudiana, e molte, molte altre cose. È stato un uomo profondamente spirituale. E sopra ogni altra cosa, è stato un instancabile sperimentatore. Si può dire che abbia vissuto tutta la vita seguendo una regola di condotta, cristallina nella sua semplicità: conoscere attraverso l’esperienza. E guardare con grande coraggio quello che c’è, senza distogliere lo sguardo, senza giudicare.
In Sudafrica, durante l’esperienza missionaria, gli è stato chiesto cosa avrebbe scelto, tra i suoi ideali e l’essere umano. Hellinger ha rinunciato ai suoi ideali e ha scelto gli esseri umani, sempre. Cosa che gli ha causato non poche controversie. Ad esempio quella sui criminali nazisti.
La Germania del dopoguerra è una terra devastata. I sopravvissuti vivono nelle case delle vittime, il peso dei crimini di guerra grava su una nazione intera. Nelle prime costellazioni familiari, alla fine degli anni Settanta, i carnefici vengono cacciati, letteralmente messi alla porta. Ma i pazienti non stanno meglio, il movimento rimane incompiuto. Hellinger osserva che i carnefici e le vittime fanno parte dello stesso sistema, o meglio, sono in egual misura determinati, guidati e alla fine anche accolti da una potenza che agisce al di sopra di loro e trovano la pace solo ricongiungendosi. Solo così si ristabilisce un ordine.
Integrare i carnefici nel sistema familiare causa sgomento. Da che parte sta Hellinger? Di nuovo, dalla parte dell’essere umano. Secondo gli ordini dell’amore, nessuno può essere escluso, ignorato, abbandonato. Anche se si è macchiato di colpe. Le colpe nascoste e dimenticate creano uno squilibrio in tutto il sistema, nei discendenti di carnefici e vittime allo stesso modo. La colpa rimossa, nascosta, non affrontata diventa un irretimento. Con effetti devastanti su tutti. Al contrario, guardarla in faccia e accogliere il dolore della vittima permette di superare l’irretimento e portare pace a tutto il sistema.
Tre lezioni (molto personali) delle costellazioni familiari
Disclaimer: ricordo, per la terza e ultima volta, che sono uno scorpione e quello che mi piace e mi attrae è la profondità, ciò che è nascosto e tendenzialmente bello pesante. Ma per quello che vale la mia opinione, rappresentare la propria costellazione familiare comporta sì gli imprevisti dell’esplorazione di terre vergini, ma permette di portarsi a casa tre gemme non da poco.
Che secondo me sono queste:
La prima. Il concetto di libertà/autonomia/autodeterminazione è sopravvalutato. È uno dei cardini della società individualista, dove “ci si fa da sé”, si vive in costante competizione e si ambisce all’indipendenza come segno di maturità emotiva. Ma è sballato, diciamolo. Per essere davvero liberi bisognerebbe essere davvero soli e l’essere umano esiste nella relazione. I piccoli della specie se lasciati soli non possono sopravvivere. Gli esseri umani hanno bisogno di appartenere a un gruppo. La libertà è delimitata dall’appartenenza. La trovo una lezione molto faticosa ma che ha una potenzialità enorme. Faticosa perché amerei cancellare con un colpo di spugna il dolore del passato e “diventare tutto quello che voglio”, ma la realtà è che “posso solo quello che sono”. I legami mi hanno definito, dato limiti e confini, e solo entro questi limiti c’è la mia libertà. La questione fondamentale a questo punto credo che sia conoscere la verità di chi siamo (γνῶθι σεαυτόν, anyone?) e esserlo liberamente, senza paura. È il lavoro di una vita e richiede un gran coraggio.
La seconda. C’è sempre una speranza di sciogliere i nodi nel presente. Se davvero nel campo morfogenetico ci portiamo addosso la storia di chi è venuto prima di noi, con dettagli e sensazioni appartenute a persone scomparse prima della nostra venuta al mondo, allora abbiamo nel presente una concreta possibilità di risoluzione dei traumi del passato. Possiamo sciogliere gli irretimenti un pezzettino alla volta e, sanando noi stessi, sanare tutto il sistema.
Ho deciso che alcune storie di dolore, abbandono, esclusione finiscono con me. È un pensiero che mi dà grande forza.
Terza e ultima. Prendere dentro di sé invece di escludere. Che significa accogliere il dolore, le mie colpe o quelle di chi è venuto prima di me, accogliere chi è stato dimenticato o abbandonato. Nessuno può essere escluso, ignorato, abbandonato. Le colpe nascoste e dimenticate tornano a tormentare i discendenti.
Confesso, ci vuole coraggio per questo movimento di inclusione e accettazione. Perché si tratta di guardare in faccia cose che non ci piacciono e ci fanno soffrire. Ma anche qui, ne vale la pena. Si sta davvero bene, dopo. Ve lo prometto.
E per te che hai letto fino a qui…
..un ringraziamento di cuore!
E un’altra (brevissima) lista di cose da leggere, che ti consiglio per approfondire:
-> Hellinger B., Ordini dell’amore. Un manuale per la riuscita delle relazioni, Milano 2013
Un classico. Ci sono le trascrizioni di alcune costellazioni familiari facilitate da Hellinger. Aiuta a capirne di più. Trovo molto interessante come Hellinger osservi sempre le cose da un punto di vista originale e inaspettato, permettendo soluzioni laddove non sembrano essercene (e anche qui, se vogliamo rimanere nel cliché astrologico, un Sagittario col numero 7 nell’anima e nel dono non può che essere un esploratore e un originale).
-> Hellinger B., ten Hövel G., Il lungo cammino, Intervista con il padre delle Costellazioni Familiari, Milano 2006
Lunga intervista in cui Hellinger parla del suo passato e della sua formazione. E chiarisce alcune controversie che l’hanno coinvolto in vita. Questo lo consiglio dopo aver letto altro, possibilmente dopo aver fatto una costellazione.
-> Hellinger B., Verso nuovi spazi. Le costellazioni familiari mediali, Milano 2013
Questo è un libro più filosofico. È un libricino, ma la scrittura di Hellinger è estremamente sintetica e c’è molto condensato in un’ottantina di pagine. Consiglio di leggerlo a caso: apri una pagina e vedi che messaggio ha per te. Un esperimento interessante.
[L’immagine è tratta da “Color Against Concrete”, indagine fotografica di esplorazione sul territorio urbano che stravolge la visione quotidiana del paesaggio cittadino, trasformandolo in un viaggio onirico. Foto di Cristiana Bezerra]