AUT Magazine

Il porno è ancora un tabù?

di Alessandro Michetti
La vergogna è il braccio armato dei tabù, che a loro volta sono l’impalcatura che tiene in piedi uno dei dogmi più insidiosi e castranti che esistano: la sacralità del sesso. Intervista ad Alice Scornajenghi, creatrice dell’acclamata fanzine erotica Ossì, spazio per una narrativa porno di qualità.
Ossì vol.5 01

“In ogni numero, un racconto zozzo da mondi che speriamo esistano davvero”. Questa l’idea dietro al progetto editoriale Ossì che già dal titolo dichiara guerra alla banalità, sposa l’ironia e mette subito in chiaro le priorità. Ossì nasce per mettere in discussione l’idea più diffusa di pornografia, trasportandoci in universi alternativi, pianeti alieni e miracolose stanze dove le fantasie sessuali prendono vita, unendo la dimensione erotica a quella speculativa. Addentrandosi nella stranezza con uno sguardo privo di ogni morbosità o cliché, Alice Scornajenghi ha ideato un progetto che inventa mondi in cui le possibilità del piacere si moltiplicano e il sesso rompe le barriere del genere, della specie, dello spaziotempo e persino della realtà, componendo una raccolta di racconti porno-weird gioiosa, sfrontata ed eccitante. Il prossimo 15 novembre è anche in uscita il suo libro “Atti Puri”, per la casa editrice Nero. Insieme a lei abbiamo cercato di capire quanto il porno sia ancora un tabù, partendo dalla certezza che il porno è ancora un fatto estremamente privato, più privato del sesso stesso. Perché il porno è un po’ come il denaro: non sta bene parlarne. Noi, invece, ne parliamo.

Una domanda che non vi avrà mai fatto nessuno (ma va comunque fatta): come è nato il progetto di Ossi? 

Ma grazie per questa domanda inaspettata! (E qui smetto di mentire, giuro). Di base Ossì nasce da una passione per la narrativa erotica e da un certo desiderio di possedere un giornaletto porno che mi porto dietro da quando ero piccola. Negli anni in cui si è formato il mio immaginario erotico ero una ragazzina a Cosenza senza accesso al porno, non esisteva ancora quello online e non avevo idea di come procurami una rivista o un vhs. Poi per fortuna ho scoperto che se a 14 anni non ero autorizzata a guardare un nudino, potevo comunque leggere De Sade, Cleland, Nin ecc. ed è stata una salvata. Negli ultimi tempi mi dispiaceva che in editoria il genere si fosse appiattito su un soft-porn sciatto, pieno di luoghi comuni, così qualche anno fa ho pensato di creare uno spazio per una narrativa porno e bella. Ossì non è figlio delle (bellissime, eh) riviste erotiche patinate che compri nei gift shop dei musei, ma di quelle pagine strappate dai giornaletti che desideravo da piccola e che si potevano trovare dietro i cespugli nei parchetti, e poi di quei libretti che tenevo un po’ nascosti nella libreria. Ogni numero di Ossì ruota intorno a un unico racconto lungo che commissioniamo ad autrici e autori che ci piace leggere, e che non per forza scrivono di sesso, a cui poi associamo dieci scatti di una fotografa o fotografo ogni volta diverso e una playlist per scopare creata da un dj o musicista.

La vostra redazione è quasi completamente femminile. Almeno da noi in Italia pensi che donne e porno sia un connubio tabù?

Secondo me c’è ancora in generale un tabù gigantesco sul porno. Voglio dire, ormai le statistiche ci dicono che Pornhub ha superato Netflix per ore di streaming, eppure quando chiacchieri con gli amici ti può capitare di parlare di film o serie TV, ma mai nessuno che ti consigli un canale su un sito porno o ti racconti del video arrapante che ha visto la sera prima. Il porno è ancora un fatto estremamente privato, più privato del sesso stesso. Ma il fatto di essere donne, per assurdo e in maniera del tutto controintuitiva, nella mia esperienza ha aiutato. Le donne che fanno porno sono state e sono un po’ un ground zero del genere, salta il banco, non esiste un codice o una grammatica prestabilita per parlarne. Non ho mai incontrato nessun attrito, solo curiosità. Alle presentazioni di Ossì ci troviamo a parlare con tutta la leggerezza del mondo di sesso e porno ed è divertente. Si crea sempre un bel clima in quelle occasioni, persino in Italia.

Avete mai avuto dei feedback particolari da parte di persone LGBTQIA+? Qualcuno ti ha colpito particolarmente? 

Considera che la redazione è a maggioranza parte della comunità LGBTQIA+ e così pure tante persone che leggono Ossì (quando abbiamo fatto la nostra open call per i nudini ne sono arrivati tanti). Ma su feedback a tema non mi pare sia mai arrivato nulla. C’è da dire che la pornografia di Ossì per scelta nostra non ha un unico orientamento sessuale, nel corso degli anni abbiamo pubblicato foto e racconti di e per ogni gusto e orientamento, sempre mischiandoli all’interno dei singoli numeri. Un po’ perché penso che ci si possa eccitare immedesimandosi anche in desideri che non sono i nostri (per me già solo osservare il desiderio altrui mentre opera è di per sé eccitante), ma soprattutto perché, anche se non è per forza così per chiunque, trovo bello anche solo condividere uno stesso spazio da prospettive diverse, fare una sorta di gioco parallelo in uno spazio carino. È una cosa che nel porno non succede spesso. Mi sembra che chi legge la fanzine abbia preso questo approccio con estrema naturalezza, è una delle cose che mi piace di più dell’immaginario che si è creato intorno a Ossì.

Per molti etero, la sessualità omoerotica è un tabù. Perché secondo te? Pensi che l’Italia per motivi storici e culturali ne abbia di più? Insomma se a un ragazzo etero la propria compagna non infila un dito su per il culo, è perché hanno un tabù? 

Io non capisco, per esempio, perché nei siti porno mainstream i video gay sono su un sito a parte e non li trovi come categoria sul sito principale insieme a tutti gli altri. Ci vedo un rispetto eccessivo di questo tabù di cui parli: sia mai che un maschio eterocis veda due maschi scopare! A me dispiace, anche perché di base quando guardo porno mi piace fare cruising, passare da un link all’altro e scoprire kink che non conoscevo (e magari non sapevo di avere) e sto fatto di non poter incontrare per caso del sesso gay mi sembra una perdita enorme. Alla fine i porno gay me li sono andati a cercare su suggerimento di Francesca Pignataro (art di Ossì, che è una grande fan del genere) e alcuni video il ho trovati davvero super sexy. Riallacciandomi a quello che dicevo prima, per me creare un giornaletto porno in cui coesistono diversi orientamenti significa anche fare a meno di questo argine e vedere che succede. Il racconto del numero 5 della fanzine, scritto da Matteo B Bianchi, per esempio, raccontava solo di sesso tra uomini, le donne non erano contemplate ed era la prima volta che succedeva nella parte testuale della fanzine. Ero un po’ preoccupata che qualche maschio eterocis nostro lettore abituale si sarebbe potuto lamentare perché volutamente non ci siamo messe a sottolineare questa cosa, invece nulla, i soliti feedback carini. È stato molto bello. Chissà se abbiamo messo il tarlo a qualcuno.

Secondo te c’è differenza nel gusto porno-letterario omo e etero?

Non saprei, cioè non ho mai fatto uno studio, ma ho sempre diffidenza nel generalizzare. Diciamo che da quello che vedo io, a tutti, omo e etero, piacciono le rappresentazioni belle e oneste del sesso (per “oneste” non intendo amatoriali, mi riferisco a quel tipo di onestà che si mette in campo quando si crea qualcosa). Per esempio, quei famosi porno-lesbo pensati per gli uomini eterocis di cui è pieno internet, secondo me oltre a essere problematici per tutto quello che sappiamo, hanno un altro grosso problema: sono brutti! Sono sciatti e stereotipati. Possono risultare arrapanti solo se hai un gusto molto grezzo (non nel senso di cafone, ma proprio di poco formato, perché magari sei alle prime esperienze con il porno oppure semplicemente per qualche motivo sei rimasto fermo lì) e ci sono dei maschi etero cis a cui, contrariamente a quello che si pensa, quei video non dicono niente.

Gli uomini son più porno, le donne più erotiche. Secondo te è corretto? È vero che c’è differenza o alla fine non si ha il coraggio di essere del tutto sinceri per paura delle convenzioni? 

Secondo me è uno stereotipo, io mi sento molto più porno che erotica, se leggo o guardo qualcosa con l’obiettivo di masturbarmi, le sfumature e i sottintesi mi annoiano e perdo subito interesse. Però è vero che di queste cose non ne parliamo molto spesso per via di tabù, paura del giudizio ecc. Io prima di Ossì credo di non credo di essermi MAI ritrovata a parlarne. Ora che lo faccio ho scoperto che ha un ché di esaltante; quando tiro fuori per la prima volta qualcosa di zozzo che mi piace, qualcosa che di solito “non si dice”, magari anche solo una frasetta buttata lì in un discorso più ampio, mi sento libera ed entusiasta come una bimba che dice la sua prima parolaccia. È la sensazione di aver fregato la vergogna che ci tiene in ostaggio, di scoprire che non succede nulla di brutto se la sfidi, anzi. La vergogna è il braccio armato dei tabù, che a loro volta sono l’impalcatura che tiene in piedi uno dei dogmi più insidiosi e castranti che esistano: la sacralità del sesso.

Sono convinta che andando ogni volta a vedere il bluff di ogni singolo tabù (perché secondo me questo sono: sempre e solo bluff) possiamo riscattare tutta la libido che abbiamo dentro e lasciarla finalmente libera di agire e vedere dove ci porta.

Pensi che la letteratura porno debba avere dei limiti, dei tabù o tutto è trattabile? 

Un porno coi tabù è un porno monco, trattenuto, non mi interessa, è proprio un ossimoro. Da editrice di Ossì non ho mai pensato di tracciare preventivamente i confini di quello che si può o non si può pubblicare, ma c’è da dire che forse questo confine esiste già da qualche parte dentro di me e semplicemente non mi ci sono ancora avvicinata. Non saprei darti una risposta più esaustiva su questo. Da autrice penso che tutto debba essere necessariamente trattabile perché questi confini uno deve poterli, volendo, anche andare a cercare, a esplorare, con tutti i rischi del caso.  

Quest’estate ho letto un’intervista di Antonia Caruso a Torrey Peters, scrittrice trans americana, che rivendicava come artista il diritto di sbagliare, perché la letteratura è diversa dall’attivismo, hanno proprio ruoli diversi e complementari. Nel momento in cui ti metti raccontare una certa cosa, perché ti interessa, perché ci senti un nodo, un’energia, devi fidarti della genuinità del tuo punto di vista e, se ne hai, sovrastare certe ansie personali e sociali per un po’. Aggiungo questa cosa, e potrei sbagliarmi, ma per me una delle armi migliori contro il tabù è il candore. Il candore, ma vero, ontologico, non di facciata, ti può rendere invincibile. 

Se si riesce a starci dentro fino in fondo (e non è sempre facile, richiede uno sforzo di curiosità e onestà e verso se stessi grande e costante) uno del suo candore potrebbe farne la propria bussola, il proprio nord. Porno e candore è una combo giustissima secondo me.

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