AUT Magazine

Storia di un gruppo rivoluzionario degli anni ’80

di Sciltian Gastaldi
Uno dei primi esempi di quella che oggi chiamiamo famiglia queer ebbe origine proprio a Roma, tra le persone del gruppo dirigente del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, nella seconda metà degli anni ‘80. Una domenica pomeriggio, abbiamo riunito in un salotto romano alcuni di loro: Francesco Gnerre, Giorgio Gigliotti e Andrea Pini, e ci siamo fatti raccontare da loro quella che fu la loro 'comune frocia'. Nel ricordo di Marco Sanna.
Marco Sanna, gay camp di Sant'Elpidio, 1983
Andrea Pini, Luciano Parisi, Marco Sanna, Giorgio Gigliotti (sul terrazzo di casa Sanna a Roma), 1988

Anche grazie alla popolarità che Michela Murgia ha raggiunto col suo coming out relativo al tumore che l’ha uccisa anzitempo, oggi l’enciclopedia Treccani include la voce “Famiglia Queer” definita come una “Comunità di persone che, indipendentemente dal genere d’appartenenza o dall’orientamento sessuale, vivono insieme per scelta e sono legate da affinità affettive, sentimentali e dalla condivisione delle attività.” A ben guardare, però, le famiglie queer nel nostro Paese sono sempre esistite anche prima che questo nome venisse creato.

Uno degli esempi più belli e militanti ebbe origine proprio a Roma, tra le persone del gruppo dirigente del Circolo di cultura omosessuale “Mario Mieli” della seconda metà degli anni ‘80: Francesco Gnerre, Giorgio Gigliotti, Vanni Piccolo, Andrea Pini e Marco Sanna, fra i molti altri. Così, quando Aut mi ha chiesto di intervistare alcuni di loro, ho subito accettato, considerandolo come un onore e come un’occasione da non perdere per sapere di più su quella “comune frocia” che seppe accompagnare Marco Sanna (1956 – 1990) negli anni migliori e peggiori della sua purtroppo breve vita: sarebbe morto di Aids sei anni prima circa dell’introduzione sul mercato italiano dei farmaci anti-retrovirali, quando lo scoprirsi sieropositivi all’Hiv segnava una sorta di condanna a morte.

Francesco Gnerre, Giorgio Gigliotti, Andrea Pini (casa Gnerre, Roma, dicembre 2023)

L’intervista tripla (Vanni Piccolo non ha potuto intervenire per un contrattempo) si è svolta nell’elegante appartamento di Roma Ostiense di Francesco Gnerre, forse il più grande critico letterario della comunità LGBTQIA+ italiana. Conosco Francesco (classe 1944) dall’altro secolo e lo considero un maestro, oltre che un amico. Gli voglio bene al modo mio: timido, discreto. Ho letto quasi tutti i suoi libri e sono uno dei pochi in Italia a collezionare tutte le edizioni del suo immarcescibile L’eroe negato. Omosessualità e letteratura nel Novecento italiano (1981, 2000, 2018), testo che fece epoca quando apparve e continua a segnare il punto di partenza e d’avanguardia nello studio dell’omosessualità nei personaggi letterari italiani fino ai nostri giorni. Di fronte a lui, seduti sul divano e su una poltrona, ci sono i suoi due amici fraterni (o dovrei dire sorerni?), Andrea Pini e Giorgio Gigliotti, dietro due affettuose mascherine FFP2, messe per via di un raffreddore che non vogliono trasmettere a Francesco. Anche Andrea e Giorgio sono due pezzi da novanta della intelligencija controcorrente italiana non solo arcobaleno: Andrea è, fra gli altri, l’autore di Quando eravamo froci. Gli omosessuali nell’Italia di una volta (Il Saggiatore, 2011), capolavoro di sociologia del costume. Giorgio invece è l’autore di Islamitudine, una delle più poetiche e complete trilogie sul mondo islamico del Nord Africa, dove Giorgio ha vissuto per quasi un decennio.

La prima domanda è quasi obbligata:

Allora, come nacque la vostra famiglia Queer con Marco Sanna?

Risponde Giorgio Gigliotti, sorridendo: “La famiglia Queer ce l’eravamo costruita: Vanni (oggi 83 anni) faceva la mamma, le figlie eravamo Andrea, Giorgio e Marco. Francesco era il padre… scappato di casa! Le figlie erano tutte prostitute. Anche la mamma era prostituta: lei ci aveva insegnato il mestiere. Raffaele Anello – un altro loro amico, ndr – abitava a Roma con Marco ed era la nipotina, e Vanni allora diventò la nonna, ma non bisognava dirglielo perché si arrabbiava.”

Marco Sanna in una manifestazione a Bologna, 1981

Sì, anche mia mamma non ha mai gradito esser chiamata “nonna” dalle nipotine… cose da signore di altra epoca! Ma la famiglia d’origine di Marco Sanna dove si trovava? C’era ancora? Lui era sardo, no? 

Francesco Gnerre: “Sì, era sardo di Anela, in provincia di Sassari. La famiglia si era poi trasferita ad Aprilia, nel basso Lazio. Ad Aprilia aveva fatto le scuole, ma il liceo l’aveva frequentato a Nettuno. Ad Aprilia vivevano e vivono ancora le due sorelle, Felicita e Caterina, che lo avrebbero accolto quando lui seppe di esser malato di Hiv. Noi gli abbiamo detto ‘scegli tu, se vuoi rimanere a Roma, noi ci siamo. Se vuoi andare ad Aprilia dalla tua famiglia, comprendiamo anche questa voglia’. Lui disse ‘per carità, voglio restare a Roma’. E così siamo stati noi a costituire la sua nuova famiglia, in accordo con le sorelle, va detto. Le sorelle, poi, sono diventate amiche nostre.” 

Quando veniste a sapere da Marco Sanna della sua condizione di sieropositivo? Ve lo disse lui?

Pini: “Sì, con Marco noi condividevamo tutto, eravamo molto vicini. Ce lo disse subito, prima che alle sue sorelle che furono coinvolte solo dopo la prima ospedalizzazione, nel 1988. Scelse di non dirlo pubblicamente, cosa che colpì alcune persone.”

Abbastanza comprensibile, per quei tempi: penso a Pier Vittorio Tondelli, che non lo disse mai e ancora oggi la sua famiglia nega l’evidenza parlando di ‘morte per polmonite bilaterale’, tecnicamente corretto. O a Freddie Mercury, che lo disse proprio all’ultimo. Lo stigma era atroce, all’epoca.

Pini: “Sì, infatti. Esisteva un forte legame fra noi. Avevamo una condivisione di vita, ma anche di scelte politiche. Avevamo dato vita, insieme ad altri ovviamente, al Circolo di cultura omosessuale ‘Mario Mieli’. Il Circolo cominciò subito a impegnarsi sul tema dell’Aids e per l’aiuto alle persone sieropositive o ammalate.”

Quando seppe di essere sieropositivo? Come stava?

Pini: “All’inizio Marco stava bene. È risultato positivo nel 1985. Poi si è ammalato verso il 1988. Da quel momento ha cominciato a porsi il problema e noi subito gli siamo stati accanto. La cosa interessante e drammatica insieme è che dento al Circolo stavamo mettendo in piedi un servizio di assistenza domiciliare a persone Hiv+ e praticamente Marco fu il primo assistito del Circolo.”

Per altro: come nacque la scelta di dedicare il Circolo a Mario Mieli e non, per dire, a Pier Paolo Pasolini, che di certo era allora più famoso a livello nazionale, e aveva legato gran parte della sua vita a Roma? 

Pini: “Pasolini era per noi del movimento un esterno. Un’altra generazione. Mieli era perfettamente interno al movimento omosessuale gay italiano, e il suo Elementi di critica omosessuale aveva portato il discorso sull’omosessualità ad un livello alto e rivoluzionario, rompendo un tabù (era il 1977) fino ad allora mai affrontato: per la nostra generazione era una bibbia.” 

Gnerre: “Pasolini era come Visconti, come Zeffirelli. Ne parlavano [di omosessualità], non potevano non parlarne, ma non assumevano mai posizioni pro-omosessuali.” 

Sala Borromini, maggio 1982, il Sindaco Ugo Vetere in centro, Marco Sanna alla sua destra (in foto anche Francesco Gnerre, Bruno Di Donato, la deputata del PCI Angela Bottari, la giornalista e politica Lidia Menapace).

Anzi. Ma torniamo alla scelta del nome del Circolo a Mieli.

Gnerre: “La genesi del nome venne da una riunione lunghissima alla sede di Largo di Torre Argentina del Partito Radicale che ci ospitava. C’era stato a Roma l’assassinio di Salvatore Pappalardo, era il 1982. L’idea di creare un circolo a Roma che raccogliesse il portato del F.U.O.R.I.! (Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano, che nel 1982 si sciolse), e del NARCISO (collettivo universitario nato negli anni precedenti alla Sapienza e dentro ci lavoravano persone come Marco, Porpora Marcasciano e altri, poi confluiti nel Mieli). Mettiamo tutto insieme a Roma. L’idea era di intitolare il circolo a Salvatore Pappalardo, l’ultima vittima di un’aggressione omofoba a Montecaprino, ma c’erano dubbi a riguardo”.

Pini: “Nel frattempo Mieli si era suicidato.”

Gnerre “Sì. Ugo Bonessi fece la proposta di intitolarlo a Mario Mieli e fummo subito tutti d’accordo. Io avevo conosciuto Mario Mieli a Roma dopo lo spettacolo La traviata Norma. Andai a congratularmi con gli attori, primi anni 80. 

Qual era la funzione del Circolo Mario Mieli in quei primi anni 80? Vi battevate contro l’Aids ma anche contro lo stigma, giusto?

Gigliotti: “Quando più tardi, nel 1991, nacque Mucca, al Castello, entravano tanti soldi e tutti quei soldi andavano all’assistenza domiciliare ai malati.”

Pini: “Sì, lo stigma era terribile. C’era una pressione sociale contro la malattia e contro i malati.”

Era ancora prima della campagna pubblicitaria del ministero della Salute con il tremendo ‘alone viola’, del 1990, vero?

Pini: “Sì, prima. Semplicemente di Aids non si parlava da nessuna parte a livello istituzionale. Ne parlavamo noi, anzi, facevamo militanza noi contro lo stigma e la malattia. Organizzavamo prelievi [del sangue] protetti, anonimi, prima della legge sull’Aids. 

Gigliotti: “Fummo i primi a fare uno screening contro l’Aids.”

Pini: “Fummo contattati dall’Istituto superiore di sanità, che ci coinvolse in un esperimento. Fummo la coorte di controllo con i dottori Rezza e Ippolito, che allora erano i giovanissimi medici responsabili. Erano anni in cui l’Hiv non era stato ancora identificato! Il test Elisa (il primo test di immunoassorbimento enzimatico per valutare la positività di un paziente all’Hiv: una tecnica biomolecolare oggi molto diffusa, che consente di misurare la presenza di anticorpi all’Hiv nel sistema immunitario di una persona, ndr) è del 1985. Noi nel 1984 ogni qualche mese andavamo allo Spallanzani vecchio, nei cessi, a farci le seghe perché dovevamo dare lo sperma per vedere se ci fosse un virus.”

Andrea Pini, Francesco Gnerre, Vanni Piccolo, Marco Sanna (a casa di Gnerre, Roma, 1984)

Immagino la vostra allegria. 

Gnerre: “Io abitavo a San Lorenzo e portavo lo sperma a San Lorenzo. C’era un centro lì.”

Pini: “Insomma, venne fuori che due terzi del direttivo del Mieli di allora era positivo.”

Chi ne fu toccato, se posso chiedere?

Pini: “Il nostro primo presidente, Bruno Di Donato, è morto di Aids. Sono morti Marco Sanna e Marco Bisceglia, prete sospeso a divinis perché apertamente omosessuale e che era stato tra i fondatori del primissimo Arcigay a Palermo e poi tra i fondatori del Mieli. Poi Marco Melchiorri, uno dei militanti più attivi. E troppi altri.

Gigliotti: “Quei primi test ci dettero anche qualche errore, qualche falso positivo. Ero in Calabria con l’epatite, tornai a Roma e trovai Vanni, che era l’unico autorizzato a dare i risultati dei test, mi disse ‘Sei sieropositivo’ e mi crollò il mondo addosso. Ma io avevo fatto il test da pochissimo in Calabria ed era negativo. Quindi poi fortunatamente sono risultato negativo.”

Tornando a Marco Sanna, quando ha cominciato ad avere bisogno della vostra assistenza e presenza? 

Gigliotti: “Con l’avanzare della malattia Marco ha cominciato a perdere la vista, non poteva più guidare. Ti ricordi – si rivolge ad Andrea – quando si ruppe il braccio a quella festa? Siamo andati a una festa a un casale di un nostro amico, una festa di carnevale. Io ero vestito da Cicciolina, Andrea da vibratore e Marco da fatina: si alzava una gonna e aveva sotto una gatta in peluche pelosissima. Sfiga vuole che era bagnato per terra, Marco cade male e si rompe un braccio. Quindi vestiti così andiamo al Pronto soccorso del San Giovanni. Noi tre vestiti in questo modo carnevalesco seduti in panchina nella sala d’attesa. Ogni tanto passava un medico, ci guardava e si bloccava. E noi tranquille, a far finta di nulla. A Marco comunque misero il gesso al braccio quindi anche per metterlo a letto, nei giorni successivi, bisognava andare ad aiutarlo per svestirlo.”

Pini: “Quando le cose sono andate peggiorando abbiamo fatto un vero e proprio calendario, con 10-12 persone che si alternavano andando a casa o all’ospedale.”

Gnerre: “Una volta siamo andati a vedere un film, ma lui diceva che non gli piaceva, che era tutto buio… In realtà non vedeva più bene.”

Ecco, quindi la vostra presenza non era ‘solo’ dal punto di vista dell’assistenza e della cura.

Pini: “Ma no, ovviamente. Noi eravamo un gruppo di amici e facevamo tutto il possibile anche per divertirci. Nei momenti in cui Marco stava bene la sera andavamo a rimorchiare, la domenica facevamo delle gite fuori Roma. Oppure andavamo a trovare ‘le cugine di campagna’: Lillo e Claudio, che abitavano a Sutri, quindi in campagna vera. Diramazioni multiple della famiglia, insomma.”

Marco Sanna, gay camp di Sant’Elpidio, 1983

Ridendo chiedo: Ma in questa famiglia queer ante-litteram c’erano anche molti ‘incesti’?  

Pini: “No, cercavamo di scopare all’esterno della famiglia. Non ci piacevano gli incesti! Scherzi a parte, abbiamo cercato di sostenere la sessualità in tutti i modi: per noi la sessualità era un valore, il Circolo era libertario. Il gioco divenne complicatissimo perché da una parte bisognava proteggere le persone Hiv+ dallo stigma, ci siamo impegnati a fondo per la diffusione e l’uso del preservativo, ma volevamo anche salvare l’idea della bellezza della sessualità.”

Com’erano i rapporti con Franco Grillini, all’epoca presidente di ArciGay e già noto a livello nazionale?

Pini: “Il rapporto con Grillini è stato inizialmente conflittuale.” 

Gnerre: “Grillini portava avanti l’idea dell’omosessuale in doppiopetto, che a noi non piaceva.”

Pini: “Grillini voleva risultare accettabile alle istituzioni, mentre noi volevamo essere liberi di esprimere le nostre idee anche quando risultavano scomode e controcorrente. Va detto che il rapporto nel tempo si è recuperato, ci siamo trovati molto vicini per varie questioni. Ma all’inizio no. Anche il modo in cui Arcigay si aprì alle donne non ci era piaciuto, tutto calato dall’alto. Il Circolo ha provato ad aprirsi alle donne lesbiche in modo più spontaneo. La prima donna ad avere un ruolo nel Mieli è stata Rosaria Iardino che divenne anche vice-presidente, intorno al 1987-88. Venne come persona sieropositiva, più che come donna lesbica.”

Rosaria Iardino la ricordo per il famoso bacio dato in Tv, al Costanzo Show, all’immunologo Ferdinando Aiuti. Fece scalpore e servì molto a sfatare il mito della pericolosità dei sieropositivi. Torniamo a Marco Sanna: chi era, che tipo era? Ho visto delle sue foto. Foto molto belle. Fatemi conoscere Marco con le vostre parole.

Gigliotti: “Marco era un gran catalizzatore. Era una personalità del movimento.”

Pini: “Al di là delle cariche formali (il direttivo: presidente, vicepresidente, segretario) all’interno del Circolo non c’erano specializzazione esclusive. Marco era soprattutto un’anima politica, lanciava molte proposte, era tanto creativo.” 

Gigliotti: “Francesco Simonetti era segretario del Circolo ma anche DJ a Mucca. Non c’erano ruoli o vite separate, eravamo un tutt’uno. È stata anche la forza del nostro gruppo.”

Pini: “È stato un periodo interessante, intenso, drammatico, perché noi ci occupavamo dell’assistenza di Marco dal punto di vista amicale, ma anche stavamo costruendo il primo servizio di assistenza domiciliare a Roma e forse in Italia per malati di Aids. Il Circolo aveva ricevuto i primi finanziamenti arrivati dalla Regione Lazio. L’abbiamo nominato poco ma Vanni Piccolo fu una figura importante di quegli anni: seppe fare un lavoro politico importante, collegandoci con le istituzioni. I primi finanziamenti della Regione vennero grazie a lui. Nel frattempo ero diventato presidente del Circolo perché Vanni divenne preside di scuola e fu trasferito a Parma. Con quei soldi che Vanni ci aveva fatto ottenere potemmo mettere in piedi una segreteria, nacque l’assistenza domiciliare, il primo centro di assistenza psicologica, il gruppo di auto-aiuto per persone sieropositive.”

Gigliotti: “Marco era una persona divertentissima, autoironica, il primo a scherzare sulla sua malattia. Di un carisma… Marco nel nostro gruppo era quello che, di fondo, teneva tutti uniti.” 

Pini: “Sì, aveva una grande facilità di socializzazione con tutti, sempre con la battuta pronta, molto umano, capace di ammaliare tutti, dalle donne ai gay, ai ragazzotti da scoparsi, cadevano tutti ai suoi piedi perché riusciva a mettere il sorriso giusto per affascinare, era intelligente, era arguto…”

Un vero catalizzatore.

Gigliotti: “Guarda, anche quando lui stava male, era comunque la persona con cui ci si divertiva. Una volta lo stavo accompagnando per fare dei controlli in ospedale. Erano venuti Gorbaciov e Raissa a Roma (probabilmente era il 1989, ndr), noi in giro con la 500 e dappertutto c’era polizia. Noi dalla 500 con Marco che giocava a fare Raissa e salutava tutti i poliziotti con la mano dal finestrino… e stavamo andando all’ospedale a fare i controlli per la sua malattia, capisci? Sapeva farsi amare.” 

Pini: “A me faceva anche incazzare perché lui mi soffiava sempre il ragazzo che piaceva a me… gli tenevo il muso per tre giorni!” 

Gigliotti: “Poi c’erano gli amanti di Marco da Aprilia: erano “I mariti di Aprilia!”.

Come mai decideste di dedicare a Marco il centro di documentazione, la biblioteca del Mieli di oggi?

Pini: “Quando morì Marco, lui aveva espresso il desiderio di donare i suoi libri e così nacque il Centro di documentazione Marco Sanna.”

Che pensiero dolce. Farebbe piacere anche a me donare la mia biblioteca GLBTQ+ al Mieli quando non ci sarò più. Marco era cambiato negli ultimi tempi, quando comprese che non sarebbe sopravvissuto?

Gigliotti: “No, ma non sono mancati i momenti malinconici. Una volta disse, bloccandosi: ‘Come avrei voluto vedere come saremmo diventati tutti da vecchi’.”

Pini: “Era molto interessato alla politica, ai cambiamenti, al progresso dei diritti. Una sua frase che ricordo fu quando disse ‘Mi dispiace non poter vedere come va a finire’. Era il 1990.” 

Il sole è tramontato dietro al gazometro. Penso che potremmo andare avanti ore a parlare di Marco Sanna e degli inizi del Circolo Mario Mieli, ma in fondo la cosa migliore è lasciare l’ultima parola proprio a Marco e al suo desiderio di voler vedere come va a finire.

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Emiliano Metalli
“La pulce nell’orecchio” di Carmelo Rifici al Teatro Vascello: un vaudeville in chiave contemporanea

Dal 28 marzo al 6 aprile 2025, il Teatro Vascello di Roma ospita “La pulce nell’orecchio”, il celebre vaudeville di Georges Feydeau in una nuova versione diretta da Carmelo Rifici. Il teatro, come la letteratura e il cinema, si conferma uno spazio di resistenza culturale, capace di dare voce a chi spesso viene messo a tacere. Su Aut vi segnaliamo, raccontiamo e consigliamo tutti quegli spettacoli da non perdere.

Extra-complicate
LesboDrammi – Episodio 2: il paradosso della “tranquilla”, ovvero, il lupo vestito da agnello

Quante volte restiamo in situazioni tossiche solo per il bisogno di provare a noi stesse di poter “gestire” l’altro? Quante volte ci convinciamo che se resistiamo abbastanza, se dimostriamo il nostro valore, la persona davanti a noi smetterà di essere una sfida e diventerà un porto sicuro? L’amore è un labirinto pieno di false uscite. Ogni tanto ci fermiamo, guardiamo indietro e ci chiediamo come abbiamo fatto a perderci di nuovo. Forse il segreto non è trovare la via d’uscita, ma imparare a riconoscere i segnali d’allarme prima di entrare. Eccovi il nuovo episodio della rubrica Lesbodramma.

Sara Tamisari
Galassia Clandestina: il genere è necessario?

Benvenutə su Galassia Clandestina, la nuova rubrica di Aut che accende il cervello e apre mondi. Qui si parla di tutto: queerness, film, serie tv, libri, manga, anime, videogiochi e marketing. Uno spazio di dialogo, per chi cerca connessioni fuori dalle orbite mainstream, dove sentirsi al sicuro nel condividere anche ciò che è personale, senza censura. Se è un safe space quello che cercavate, avete trovato il vostro pianeta.

Alessandro Bentivegna
Cronache da Carroll Gardens: appunti sul successo, i cani e l’America di Trump

Benvenuti a New York, dove il sogno americano si misura in metri quadri e saldo disponibile. Alessandro Bentivegna racconta la sua nuova vita nella Grande Mela, tra brunch progressisti e realtà ben più spietate. Una coppia gay, due cagnoline e una domanda scomoda: quanto vale davvero una vita umana, oggi? Un nuovo appuntamento imperdibile, e in esclusiva su Aut, per chi ama punti di vista pungenti e storie senza filtri. Seguite “Cronache da Carroll Gardens” e scopriamo l’America raccontata da chi la sta vivendo da dentro.

Extra-complicate
LesboDrammi – Episodio 1: l’eterno ritorno dell’etero-curiosa

Una nuova rubrica, nata tra i corridoi del Mieli e approdata qui per raccontare, ridere e ironizzare su una delle caratteristiche più frequenti della comunità lesbica: i drammi amorosi che solo le donne tra loro riescono a creare. Nasce quindi su Aut: LesboDramma, rubrica ironica, tragicomica e spaventosamente realistica sulle liturgie amorose tra ragazze. A firmarla è il collettivo delle Extra-complicate che, attraverso il loro spazio, ci raccontano, con autoironia e un pizzico di cinismo, il caos sentimentale, i déjà vu amorosi e quelle piccole grandi nevrosi che ogni donna queer conosce bene. Non perdetevi nemmeno un episodio. Eccovi il pilota.

Luca Ragazzi
La lettera T nel cinema

Per troppo tempo il cinema ha parlato delle persone trans senza lasciarle parlare davvero, riducendole a inganni, tragedie o mostri. Da The Rocky Horror Picture Show, che ha scardinato il genere con ironia, fino a Emilia Perez, dove identità e destino si riscrivono, il cinema inizia a restituire alle persone trans il diritto di essere protagoniste. Non è solo rappresentazione, è riscrittura dell’immaginario. Ecco i film che hanno segnato questo viaggio.

Andrea Amadio @LibriconFragole
5 libri sull’essere transgender

Le parole creano ponti, non barriere. Per questo vi consigliamo 5 libri che raccontano l’essere transgender con profondità e autenticità. Dalla letteratura classica ai graphic novel, storie di transizione, identità e resistenza. Perché leggere significa anche comprendere. A fare questa “classifica” non poteva che essere lui: Andrea Amadio, ovvero @Libriconfragole, il più brillante book influencer in circolazione. “In un mondo dove i vari governi cercano di annullare i dibattiti sulla questione dei corpi e delle persone transgender, voglio continuare a combattere e lottare con le armi che so usare meglio: i libri”.

Emiliano Metalli
“Erodiade” di Testori: il grido del desiderio al Teatro Vascello

Nella poetica di Giovanni Testori, il corpo e la parola si fondono in un grido lacerante, una lingua slabbrata e reinventata, che in “Erodiade” diventa l’urlo di un’identità che sfugge a ogni definizione. In scena a Roma.

Emiliano Metalli
“Ho paura torero” al Teatro Argentina: quando l’attore diventa Resistenza

Il teatro, come la letteratura e il cinema, si conferma uno spazio di resistenza culturale, capace di dare voce a chi spesso viene messo a tacere. Su Aut vi segnaliamo, raccontiamo e consigliamo tutti quegli spettacoli da non perdere.

Egizia Mondini
Editoriale – The T Word

Aut torna con un monografico sulla comunità trans e una nuova sezione aggiornata con rubriche, attualità, storie e approfondimenti dal mondo LGBTQIA+. Questo mese, accendiamo i riflettori su “The T Word” e sulla nuova sezione Aut Now.

Ignazio Billera
L’ombra di Trump: perché riguarda tuttə noi

Dagli attacchi alle persone transgender alla censura del linguaggio: le politiche di Trump minacciano i diritti LGBTQIA+ e potrebbero avere ripercussioni anche in Europa. Anzi, hanno già iniziato. 

Giorgio Umberto Bozzo
In ricordo di Ivan Teobaldelli

Scrittore, poeta, critico d’arte, è stato fondatore, editore e direttore di «Babilonia», la prima rivista di cultura omosessuale in Italia pensata per un pubblico generalista, fondata nel 1982. Aveva 76 anni. Questa è l’ultima intervista concessa a Giorgio Umberto Bozzo, con cui vogliamo rendergli omaggio e riconoscergli il ruolo che merita nella storia della cultura LGBTQIA+ italiana.

Antonia Caruso
Ma è davvero solo colpa di Trump?

Dalla paura del complotto alla caccia alle streghe: come la transfobia si alimenta attraverso la cultura del sospetto e della paranoia collettiva. Una voce un po’ fuori dal coro. O no?

Karma B
Quell* che al Pride non ci vogliono andare secondo le KarmaB

Il Pride è inclusività, comprensione e difesa strenue della libertà individuale, anche quella di non partecipare al Pride. Ma chi sono quelli che al Pride non ci vanno o non ci vogliono andare? Abbiamo chiesto alle Karma B di interpretare per noi questo concetto attraverso la loro scintillante creatività.  

Egizia Mondini
L’editoriale – GenderAzioni: 30 anni di pride

Com’è cambiato il pride negli ultimi 30 anni? È possibile che il suo significato politico, culturale e sociale si sia modificato? In meglio? In peggio? Con GENDERAZIONI abbiamo voluto mettere in prospettiva il percorso che la comunità LGBTQIA ha fatto dal primo Pride del 1994. È l’occasione per riflettere su come il significato del Pride sia cambiato nel corso degli ultimi tre decenni. E per ripercorrere le diverse istanze evolute in base al contesto storico.

Egizia Mondini
Annalisa, la Queen del pop che conquista tutt*

L’artista italiana più ascoltata su Spotify, prima italiana nella top 100 globale di Billboard, è la madrina del RomaPride 2024. L’abbiamo intervistata alla vigilia della manifestazione. 

Loredane M. Tshilombo
Pride: ieri, oggi, domani

Nel corso di 30 anni il pride in Italia ha attraversato diverse fasi. Come è cambiato negli anni, come è percepito diversamente dalle generazioni, nei propositi, negli obiettivi, nei racconti e soprattutto in un’ottica intersezionale? Una prospettiva personale e politica di una militante cresciuta insieme e in mezzo ai cortei.

Santiago Olivares
L’ispirazione di SakoAsko per il RomaPride

Santiago Olivares, meglio conosciuto come SakoAsko, è l’artista che ha realizzato l’illustrazione-manifesto del RomaPride 2024. Gli abbiamo chiesto di di raccontarci cosa lo ha ispirato per realizzarla.

Luca Ragazzi
40 anni di pride attraverso il cinema

Abbiamo fatto passi da gigante da quel ’94 del primo Pride italiano e il cinema e la televisione, da sempre specchio della società, lo hanno saputo raccontare bene. Anzi, talvolta, è lecito pensare che abbiano aiutato il dibattito, mostrando quantomeno modelli diversi da quelli veicolati dalle barzellette e nel migliore dei casi, traghettando il paese verso il progresso. Ripercorriamo insieme i film più significativi per la comunità.

Chiara Sfregola
Le unioni civili ci hanno regalato l’illusione di essere un Paese normale

Le istanze dei Pride dal 1994 a oggi sono cambiate? E come si sono evolute? Un dato è certo: volevamo una legge contro l’omolesbotransfobia e non l’abbiamo. Sono passati 8 anni dall’approvazione delle unioni civili e del matrimonio egualitario nemmeno l’ombra. Si sta avverando la profezia paventata da Famiglie Arcobaleno all’epoca, e cioè che questa legge “contentino”, incompleta a causa dello stralcio della stepchild adoption, non sarebbe stata toccata per 10 anni. Poi dicono che i Pride non servono più…

Isa Borrelli
Nostra è la rabbia

Il primo Pride fu rivolta. E mai come oggi in Italia e nel mondo lottiamo per la sopravvivenza. Viviamo sotto un governo fascista che perseguita le persone trans* e nonbinarie, le coppie omogenitoriali e lesbiche, che picchia studenti, ostacola il diritto all’aborto, nega una casa e un salario minimo a una popolazione sempre più povera, ma soprattutto è complice di un genocidio che osserviamo sempre più assopiti dagli smartphone. E’ tempo di riprendenderci spazi, luoghi e potere di parola.

Alessandro Michetti
Scie luminose queer al METEORE Fest 2024

Quest’anno non dovremo aspettare la notte di San Lorenzo per vedere delle meteore attraversare il cielo, basterà puntare il nostro sguardo verso gli spazi di Roma Smistamento fino al 15 giugno e di BASE Milano dal 21 al 29 giugno. A sprigionare l’energia detonatrice queer sarà il METEORE Fest – Lo spazio è queer. Ne parliamo con Carlo Settimio Battisti, Nicola Brucoli e Federico Sacco di TWM Factory.

Valeria Scancarello
La genZ incontra Dario Bellezza

“Bellezza, addio” è il titolo del documentario ideato da Massimiliano Palmese e diretto insieme a Carmen Giardina. Si tratta di un omaggio alla figura di Dario Bellezza, il celebre poeta romano, amico di Pasolini, Moravia, Morante, una delle voci più intense e originali della poesia italiana contemporanea. Ci siamo chiesti: quanti giovani oggi lo conoscono? Per questo abbiamo affidato a una delle nostre giovani penne l’intervista a Massimiliano Palmese. Quello che state per leggere è l’incontro tra le nuove generazioni e Beltà.

Sciltian Gastaldi
Fra pischell* e “scarti” 

Come cambiano i giovani di oggi rispetto a quelli di ieri. Fra errori, imprecisioni, ideologie e voglia di cercare un senso. Tre prospettive raccontate da student* del liceo e una panoramica offerta dal loro professore.

Paolo Notarticola
Il presente e il futuro visto dagli student*. Battaglie di oggi e obiettivi di domani

Le manganellate a Pisa. Il decreto ecovandali. I tagli all’istruzione. Segnali forti di assenza totale di politiche concrete a sostegno dei giovani. In questo contesto, le manifestazioni studentesche rappresentano non solo un mezzo per esprimere dissenso, ma anche un’opportunità di partecipazione attiva alla vita democratica del Paese. 
Un’appassionata analisi in prima persona delle sfide che si trovano a fronteggiare l* giovani. Con granitica determinazione.

Andrea Collins Amadio
Libri young adult, per adolescenti e non solo

La letteratura young adult è un genere per giovani adulti, ossia quella nicchia di adolescenti che va dai 14 ai 19 anni, troppo grande per le storie da bambini, ma ancora acerbo per un Michel Houellebecq o un Carrère. Hanno per protagonisti teenager da poco maggiorenni che affrontano i dilemmi tipici dell’adolescenza La realtà, però, è che il genere viene spesso letto maggiormente da chi i 20 li ha superati anche da alcuni anni. I maggior fruitori infatti sono persone di 40 anni. Forse perché la letteratura non ha mai età, come le emozioni. 

Sara Innamorati
La grammatica del conformismo nella scuola e nelle università italiane

Quanto è difficile riuscire a trovare una propria identità e una propria verità in un contesto di estremo conformismo, studiando su libri di testo scritti perlopiù da uomini eterosessuali e cis-gender? Continuare a insegnare con un sistema binario limita studentesse e studenti nella loro consapevolezza identitaria. La grammatica del conformismo spiegata da chi la vive sui banchi di scuola.

Camilla Rugolotto
Il modello transfemminista per rendere la scuola un posto sicuro

Per raggiungere un modello di scuola inclusiva servono strumenti per riconoscere, combattere e prevenire dinamiche di prevaricazione e violenza di genere insite in abitudini, gesti e parole di matrice patriarcale di cui siamo inconsapevoli. Abbiamo chiesto a Rete degli Studenti Medi, associazione fatta da student3 delle scuole superiori, di raccontarci la scuola italiana da chi vive quelle aule e quei corridoi ogni giorno.

Nicolas Pasantes
Come rendere la scuola uno spazio aperto a tutti i corpi e le identità?

La scuola italiana deve fare i conti con un problema di omobilesbotransfobia e, per quanto carriere alias e bagni genderless siano un primo passo per diminuire il minority stress che le persone lgbtqia+ soffrono quotidianamente anche dentro le mura scolastiche, bisogna fare molto di più. A dircelo, questa volta non sono i dati, ma loro: l3 student3. Abbiamo chiesto infatti a Rete degli Studenti Medi, associazione fatta da student3 delle scuole superiori, di raccontarci la scuola italiana da chi vive quelle aule e quei corridoi ogni giorno.

Nicola Brucoli e Ulderico Sconci
Roma, una puntata alla volta

Si dice sempre che c’è uno scollamento tra i giovani e la politica. Che la gen Z pensa solo ai social e a diventare famos*. Noi invece vi raccontiamo un’altra realtà. Quella dei tant* ragazzi e ragazze roman*, i pischelli appunto, impegnati e interessati alla politica. E lo facciamo attraverso gli autori di Roma Capita, un podacast che racconta una capitale piena di associazioni e comitati dal basso, di iniziative e centri culturali indipendenti formati da giovanissim* e che fa le pulci agli amministratori. Altro che i balletti di TikTok.

Emiliano Metalli
Pischellə teatrali e non: qualche esempio e un po’ di storia

Nel mondo del teatro e dello spettacolo sono tant* i giovani e le giovani artist* che hanno conquistato passo dopo passo spazi di creatività, influenzando sottili mutamenti sociali. Da Sarah Bernhardt a Greta Garbo, da Marlene Dietrich a Judy Garland, da Mario Mieli fino ai giovan* autori di oggi. Artist* che hanno saputo scavare nel tema identitario cercando di rinnovare lo spessore, il volume e il carattere di ogni scelta di autodeterminazione, impiegando linguaggi trasversali. 

Chiara Tesei
Quel (poco) che ho capito sull3 piskell3

Non può esistere più lotta queer senza quella transfemminista, antirazzista, per il clima e per qualunque istanza non rispetti la vita, umana e non. Le nuove menti affrontano le loro battaglie con creatività. Hanno i mezzi e sanno come usarli. Conoscono le parole per comunicare ciò che sentono. E se per quello che sentono la parola non esiste, nessun problema: la creano. Ecco come sono l3 pischell3 attivist3 della gen Z, visti da Chiara Tesei, referente del Gruppo Giovani del Mario Mieli. 

Sciltian Gastaldi
HIV, 40 anni senza vaccino

La scoperta del virus dell’immunodeficienza acquisita umana (Hiv) compie in questi giorni 40 anni, 23 aprile 1984, ed è un compleanno davvero triste, perché a oggi non esiste ancora un vaccino e le prospettive future non sembrano promettere nulla di buono. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Caterina Fimiani, medico specialista in Allergologia e Immunologia clinica presso il Policlinico Umberto I di Roma.

Egizia Mondini
L’editoriale – Pischell*

La parola a chi è adolescente, studente, nativodigitale, alle giovani menti, alle generazioni Zeta e Alfa. Del resto sono da sempre ciclicamente loro il motore del loro tempo. Questo AUT lascia la parola (e la tastiera) ai pischell*.

Francesco Ferreri
Dall’alto al basso. Perché è sempre tutta colpa dei giovani

Quando parliamo di discriminazioni, e di come quelle discriminazioni vengono raccontate, non possiamo non riconoscere il ruolo che il potere ha in questa dinamica. La società ha imposto delle gerarchie molto chiare sui corpi e sulle identità delle persone e questo sistema di potere fa di tutto per preservarsi, così come fa di tutto per manipolare ogni forma di protesta che potrebbe metterlo in difficoltà. Finché le generazioni più grandi continueranno a guardare quelle più piccole “from top to bottom”, non avremo uno sguardo oggettivo.

Yuri Guaiana
L’importanza della solidarietà internazionale per la comunità lgbtqia+ in Russia

Una delle situazioni più pericolose che come comunità ci troviamo oggi a fronteggiare è la dura repressione in Russia. La Corte Suprema russa ha dichiarato il movimento pubblico internazionale lgbtqia+ come estremista. A pochi giorni dalle elezioni presidenziali, due persone che lavoravano in un bar gay sono state arrestate e ora rischiano fino a 10 anni di reclusione. Non potevano che scatenarsi proteste, petizioni e azioni collettive: un’ondata di solidarietà internazionale necessaria e, ci auguriamo, efficace. 

Emiliano Metalli
Neapolis e le sue voci. In memoria di Enzo Moscato

A distanza di un mese dalla sua morte, disegniamo un profilo del regista e attore italiano, esponente di spicco della nuova drammaturgia partenopea. Enzo Moscato ha espresso Napoli con spudoratezza, narrando un mondo parallelo di emarginati, prostitute e omosessuali, metafora di una condizione esistenziale sospesa tra il maschile e il femminile.

Luca de Santis
L’editoriale – Monopolis: la città per un solo giocatore

Nel gioco del “Monopolis”, metafora della nostra società attuale, le nostre città sono diventate più chiuse che mai, i benefici e i privilegi sono tutti per un singolo cittadino: quello maschio, eterosessuale, bianco, abile, ricco, conforme, quello che vince “senza passare dal Via!”, mentre il resto della popolazione viene messo da parte, ignorato o addirittura penalizzato.

Baldurs gate 3
Marina Pierri
Quando il (video)gioco è inclusivo: la lezione del consenso di Astarion in Baldur’s Gate 3

Può un videogioco insegnare cosa sia il consenso e l’abuso? Essere survivor o abuser? Nel pluripremiato videogame Baldur’s Gate 3 il personaggio pansessuale di Astarion è una masterclass di scrittura, in un “viaggio dell’eroina” sviscerato dalla più esperta studiosa del campo, Marina Pierri.

Majid Capovani
Stai fermo un turno, anzi, due! La (velata) oppressione delle identità impreviste

Non si è solo emarginatə in quanto queer, ma in quanto queer e razzializzatə, in quanto queer e religiosə, queer e neurodivergentə/disabilə e molte altre possibili combinazioni. Trovare dei luoghi davvero safe, in cui poter esprimere liberamente la propria identità con tutte le sue intersezioni, diventa molto difficile, contribuendo ad alimentare quel senso di solitudine e isolamento che moltə di noi si portano dietro, imprevisti di una società che non contempla esistenze e vissuti come i nostri. Strettə nella sensazione di essere sempre “troppo” o “troppo poco”.

Luca Ragazzi
Festival di cinema queer in Italia. Lo stato dell’arte

In tempi in cui il cinema è nel nostro salotto, hanno ancora senso i festival? Se i film a tematica LGBTQIA+ ormai vincono gli Oscar, ai festival restano solo gli scarti? Non è così. Dietro questi festival c’è un enorme lavoro di ricerca.

Milo Serraglia
Perché è importante la carriera alias nelle scuole e sul lavoro

Le vite delle persone trans* sono sotto bombardamento istituzionale e mediatico: ispezioni, illazioni, interrogazioni parlamentari, talk televisivi, raccolta firme piegati alla retorica pro-life. Alla battaglia contro la carriera alias, ora si aggiunge il caso dell’Ospedale Careggi di Firenze con l’ennesimo attacco strumentale nei confronti delle persone più piccole della nostra comunità, bambin* e adolescenti gender variant. E’ necessario proteggere le persone trans* più giovani a partire dal diritto allo studio e a non essere oggetto di discriminazione, proprio come prevede la nostra Costituzione.

Mohamed Maalel
Imprevisti e probabilità: essere italiani di seconda generazione

Nascere e crescere in Italia con un padre tunisino e una madre italiana spesso significa essere ritenuti soggetti al limite, continuamente in cerca di definizione. Siamo sicur* di star giocando con le stesse regole?

Marcello Lupo
Vai in prigione! Storia di una rinascita

Quanti sono i pregiudizi e le difficoltà che gli ex detenuti devono fronteggiare quando vengono reintrodotti nella società? La reintegrazione nel tessuto sociale e lavorativo è un passo cruciale per la vera libertà e il cambiamento positivo nella vita di chi ha scontato una pena e deve essere messo in condizione di tornare alla vita.

Aldo Mastellone
Soldi colorati: come riconoscere il rainbowashing nelle campagne Pride

Nella città di Monopolis come orientarsi nella comunicazione aziendale della diversity e inclusion? Perché un’azienda decide di esporsi su questi temi? E’ vero che “guadagnano sulla nostra pelle” come spesso leggiamo sui social network? Ed è davvero solo per soldi? Ecco una guida semplice e pratica su come riconoscere il rainbowashing. 

Marina Cuollo
Tu non giochi! Rivoluzionare la rappresentazione della disabilità nei media.

Mentre i paesi anglofoni iniziano ormai a considerare inammissibile la simulazione del corpo disabile come performance attoriale, in Italia questa è una pratica ampiamente diffusa. Riconoscere l’importanza di avere persone con disabilità nell’intera filiera dell’industria audiovisiva è un passo fondamentale. Che è tempo di fare.

Isabella Borrelli
Sfamiglia Queer: da cura a pratica politica

La decostruzione della famiglia tradizionale: una riflessione sulle nuove dinamiche relazionali che mettono in discussione una serie di concetti che non ci rappresentano più nelle identità. E ancora: l’importanza delle reti relazionali queer e le sfide nel contesto politico contemporaneo. Perché oggi più che mai la famiglia è politica.

Luca de Santis
Il mio mondo nei videogiochi

In occasione dell’uscita del suo nuovo romanzo “Gamer girl”, abbiamo intervistato Valerie Notari, autrice transgender, gamer e veterana del cosplay italiano. Un intimo sguardo a un’altra famiglia, quella virtuale del mondo dei videogiochi. Una conversazione appassionante sulla crescita personale, l’identità di genere e il potere transformativo delle storie.

Sciltian Gastaldi
Storia di un gruppo rivoluzionario degli anni ’80

Uno dei primi esempi di quella che oggi chiamiamo famiglia queer ebbe origine proprio a Roma, tra le persone del gruppo dirigente del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, nella seconda metà degli anni ‘80. Una domenica pomeriggio, abbiamo riunito in un salotto romano alcuni di loro: Francesco Gnerre, Giorgio Gigliotti e Andrea Pini, e ci siamo fatti raccontare da loro quella che fu la loro ‘comune frocia’. Nel ricordo di Marco Sanna.

Sara Paolella
Scomodo: una questione di famiglia

Scomodo è uno dei prodotti editoriali più interessanti degli ultimi anni. E’ un mensile cartaceo di approfondimento che rappresenta uno spazio di espressione per centinaia di redattori, artisti, creativi e scrittori under 30. Come Aut, combattono la superficialità, la mancanza di approfondimento dell’informazione mainstream e vogliono connettere mondo fisico e digitale. E la redazione è all’interno dello Spin Time, spazio di rigenerazione urbana a Roma. Se non sapete chi sono, è tempo di conoscere questi ragazzi.

Luca de Santis
Queer family: le serie TV che la raccontano meglio

Nella comunità LGBTQIA+ la famiglia ha tanti significati, più ampi e complessi di quanto si creda, e le serie TV negli ultimi anni hanno provato a raccontarle. Io ho chiesto alla mia famiglia queer di mandarmi un vocale con i loro titoli preferiti. Un po’ diario, un po’ podcast, un po’ una finestra intima. Perché se si ha avuto la fortuna di incontrare persone così speciali, condividerle è il miglior regalo che si possa fare.

Mauro Angelozzi
Madonna Celebration Tour: riunione di famiglia

Quello che Madonna ci ha sempre insegnato è che non è nei legami di sangue che si trova la pace. E quella che si è ritrovata intorno a lei in occasione del Celebration Tour è sicuramente la sua fedele e inossidabile (come lei) queer family: vite sopra le righe, famiglie dove tutto è possibile, dove ci si ama e ci si odia in libertà, dove la stravaganza si fa arte e il genere conta zero. Noi eravamo alla tappa di Colonia e vi raccontiamo com’è andata. 

Karma B
A Michela Murgia

“Ricordatemi come vi pare”, ha detto, e si è fatta isola, miraggio superiore, fata morgana, distanza da non colmare, qualcosa che non si può ricordare, come un verbo che ha solo il presente, impossibile da coniugare. Se esistessero le parole giuste per “dire” Michela Murgia sarebbero quelle che le Karma B hanno dedicato a lei sul palco dei Rainbow Awards 2023, di fronte al marito, il figlio e una parte della sua numerosa e variegata queer family. 

Roberta Ortolano
Il nostro percorso di procreazione medicalmente assistita 

Un viaggio intimo attraverso le sfide della maternità lesbica: un racconto di coraggio, speranza, resistenza e determinazione con il sogno di diventare genitori.

Giovanni Raulli
Casa Arcobaleno: le famiglie che ti salvano

Siamo entrat* all’interno di Casa Arcobaleno, il rifugio per giovani LGBTQIA+ espulsi dalle proprie famiglie. Perché non sempre le famiglie di origine rappresentano un porto sicuro. E per salvarci abbiamo bisogno di scialuppe di salvataggio.

Egizia Mondini
L’editoriale – Queer families

Le famiglie queer, intese come reti di affetto e sostegno costruite al di là dei tradizionali legami di sangue, rappresentano un esempio tangibile di amore, inclusività e solidarietà. Quanto sono state importanti in passato e quanto lo sono ancora oggi?

Andrea Pini
Co-housing: una proposta per vivere insieme

Dove spariscono le persone LGBTQ+ quando invecchiano? La maggior parte si ritira riducendo contatti, relazioni ed attività sociali, fino all’invisibilità. Eppure sono tante le energie, le competenze, le esperienze che possiamo mettere in circolo per far fluire in azioni di aiuto reciproco. Serve un ponte tra le vecchie e le nuove generazioni, che dia un senso ai ricordi degli uni e forza agli altri. E il co-housing può rispondere a questa esigenza.

Pino Anastasi
Famiglie di salvataggio ai tempi dell’aids

Un viaggio nelle memorie di chi ha affrontato l’epidemia di aids, dalle prime notizie a una tesi di laurea, da Muccassassina all’Unità di Strada, il  racconto di chi ha trasformato l’impegno in sostegno.

Chiara Tesei
Di salute mentale e tabù di coppia

Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.

Elena Incatasciato
Di bisessualità e pansessualità

Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.

Ali Bravini
Di poliamore, neurodivergenze e salute mentale

Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.

Michela Andreozzi
E se non voglio essere madre?

Essere donna prima di essere madre. Decidere di NON avere figli è ancora un tabù. Dalla discriminazione alla scelta: il percorso verso una vita senza maternità raccontato dalla sagace penna di Michela Andreozzi.

Egizia Mondini
L’editoriale: quali sono i tabù di oggi?

Quello che è tabù per uno può essere pregiudizio per un altro. Quando apriamo il barattolo e dobbiamo decidere cosa metterci dentro, le diverse prospettive emergono e diventano esse stesse un interessante spunto di riflessione e confronto. 

Alessandro Michetti
Il porno è ancora un tabù?

La vergogna è il braccio armato dei tabù, che a loro volta sono l’impalcatura che tiene in piedi uno dei dogmi più insidiosi e castranti che esistano: la sacralità del sesso. Intervista ad Alice Scornajenghi, creatrice dell’acclamata fanzine erotica Ossì, spazio per una narrativa porno di qualità.

Raffaella Mottana
Soli

Il tema tabù coinvolge anche la questione delle nuove coppie: troppie, coppie aperte, poliamoros*. E proprio a questo è ispirato questo racconto. Un altro frutto della collaborazione con Accento Edizioni con i suoi promettenti, brillanti giovani autori. 

Francesco Ferreri
Tabù, tra paura e controllo

Il potere dei tabù: strumenti sociali di controllo e l’influenza infettiva all’interno dei gruppi, anche lgbtqia+.

Giulia Paganelli
Corpi grassi: tabù e identità nella comunità LGBTQIA+

Grassofobia: la battaglia contro gli stereotipi nella comunità LGBTQIA+, nell’era di Sam Smith.

Ali Bravini
Basta un pezzo di carta (?)

Tabù di genere e percorsi trans: la necessità di un cambio radicale.

Luca Ragazzi
La sessualità tra gli anziani nel cinema: oltre il tabù 

Desiderio e intimità: rappresentazioni della sessualità tra anziani, oltre gli stereotipi. Ecco un’antologia dei film che trattano (bene) l’argomento. 

Egizia Mondini e Alessandro Michetti
Lo stigma della depressione

Intervista al Trio Medusa, ambassador della campagna “La Depressione non si sconfigge a parole”.

Valeria Scancarello
Il “peso” dello stigma: centimetri della mia storia

Affrontando la grassofobia: una riflessione personale sulla società e l’accettazione di sé.

Egizia Mondini
L’editoriale – Nuove mappe per orientarsi

C’è venuta voglia di indagare nuove geografie, zoomando sui dettagli, sbirciando dentro i vicoli delle nostre sfumature, vedendo fino a che punto ci siamo spinti alla scoperta di nuovi territori, ridisegnando la mappa del nostro ecosistema. Ne è emersa una nuova cartografia della comunità lgbtqia+, e non solo, intrigante e stimolante, ma con confini mai troppo definiti. Non vi resta che sfogliare l’atlante insieme a noi.

Isabella Borrelli
Il linguaggio inclusivo fa schifo

“Vi inventate sempre nuove parole” è l’accusa più diffusa e fessa mai fatta alla comunità lgbtqia+. Il linguaggio neutro ha provato a proporre nuove mappature che scardinassero il maschile universale. L’utilizzo di linguaggi neutrali e non binari ha avvistato una nuova terra del linguaggio queer. La rottura del paradigma, della norma e del cambiamento è invece non solo qualcosa a cui aspirare ma una pratica politica. E’ anche attraverso il cambiamento e sovvertimento del linguaggio che pratichiamo la nostra dissidenza. E affermiamo la nostra esistenza. 

FRAD
Non si può più dire niente?

Sembra l’argomento del momento, anche in bocca a chi ancora fa fatica a capirne il senso. Un senso prima ancora umano che politico. E allora noi, abbiamo pensato di prenderci anche un po’ in giro. Per non farci dire che ci prendiamo sempre e solo troppo sul serio. E chi meglio di FRAD poteva riuscirci? Ma davvero con noi persone LGBQTQIA+non si può più dire niente? E non si può scherzare? Per fortuna ci sono le vignette di Frad.

Antonia Caruso
È davvero inclusivo parlare inclusivo? 

Abbiamo iniziato davvero a credere che cambiando le parole sarebbe cambiato il mondo. Se non ché, il resto del mondo continua a non saper né leggere né scrivere e la lingua del futuro non sarà sicuramente l’italiano.

Jennifer Guerra
Il movimento trans-femminista oggi in Italia

Non solo grandi città. Dalle Case delle donne ai centri antiviolenza; l’importante rete di supporto della rete transfemminista italiana cresce nei piccoli centri con oltre 150 gruppi e iniziative.

Gayly Planet
Le nuove geografie del turismo LGBTQIA+

Dai Grand Tour ai Gay Camp: il turismo LGBTQIA+ in Italia racconta la storia della nostra comunità, dall’Ottocento fino ai giorni nostri.

Vincenzo Branà
L’importanza dei pride di provincia

Piccoli centri, grandi Pride: dal caso di Latina a quello di Campobasso, dalla crescita di Ragusa all’abbraccio orgoglioso di Lodi. E se la politica LGBTQIA+ ripartisse da qui?

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