AUT Magazine

Di poliamore, neurodivergenze e salute mentale

di Ali Bravini
Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.
Salute mentale ehimetalor-akhere-unuabona-pTUCMqXCOrk-unsplash

Al solo nominare la comunità LGBTQIA+  risuonano, nella mente di tutt3, slogan adornati di concetti come libertà, autodeterminazione, sospensione del giudizio… Sarebbe bello saperci, per l’appunto, liber3 e autodeterminat3 tanto quanto ci piace raccontarci. Purtroppo però, come ogni comunità, viviamo dentro di noi gli stessi bias e le stesse dissonanze cognitive di chiunque altr3.  E’ da queste radici, antichissime e fortemente salde nelle nostre coscienze, che prendono vita i tabù.  Fra i tanti, dei quali si potrebbe parlare a lungo, ne abbiamo scelti alcuni e ne abbiamo parlato con chi li vive sulla propria pelle tutti i giorni. Con Ali, Chiara ed Elena abbiamo parlato di pansessualità, poliamore e salute mentale. Temi apparentemente distanti, ma tutti ugualmente portati dalla società contemporanea e, purtroppo, dalla nostra stessa comunità, ad essere etichettati come temi scomodi, da nominare solo sottovoce. 

Ali Bravini, 27 anni. Storica contemporanea, responsabile del Centro di Documentazione Marco Sanna e attivista per i diritti LGBTQIA+. Topic: poliamore, neurodivergenze, salute mentale.

Cosa si intende per non monogamie etiche? 

Per “non monogamie etiche” si intendono i vari tipi di relazione al di fuori della coppia monogama, etero o queer che sia. Rientrano in questa definizione relazioni come le “coppie aperte”, il poliamore o l’anarchia relazionale; si intende un tipo di relazione basata sulla comunicazione e sul consenso tra l3 vari3 partner, per cui non c’è una esclusività sessuale e/o romantica ma l3 partner sono liber3 di avere rapporti sessuali e/o relazioni amorose con altre persone. Il fondamento etico di tutto ciò è appunto il consenso e la comunicazione, con lo stabilirsi anche di vari e possibili limiti o gerarchie all’interno del rapporto poliamoroso.

In che modo hai scoperto di essere non monogama?

Personalmente ho scoperto di essere non monogama dopo delle relazioni da “coppia tradizionale” veramente disfunzionali, soprattutto sul tema della gelosia e dell’esclusività. Ho prima imparato di poter amare e intrattenere, consensualmente, più di un rapporto romantico allo stesso tempo. Entrando a contatto con persone poliamorose sono stata dentro un “sistema” di anarchia relazionale, dove, appunto, non esisteva una vera gerarchia tra l3 vari3 partner e ho scoperto una certa nuova fluidità che mi calzava molto bene. 

Come hai trovato info sul tema? Hai trovato delle realtà con le quali confrontarti? 

Le varie informazioni le ho inizialmente trovate approcciandomi direttamente con persone poliamorose, quindi tramite passaparola e l’esperienza personale di altre persone. In seguito ho iniziato a informarmi fondamentalmente sui social seguendo varie personalità e influencer poliamorose che fanno divulgazione sul tema.

Ti sei sentita accolta o hai incontrato discriminazione dentro/fuori la comunità riguardo il tuo stile relazionale? Quali sono state le circostanze delle discriminazioni?

Dentro la comunità lgbtqia+ non ho subito discriminazioni sul mio stile relazionale. Purtroppo però sono stata in relazioni queer disfunzionali. Non penso esista veramente una “comunità poli” ma in generale diciamo che non è oro tutto quel che luccica. Esiste, comunque, ancora un grande tabù, fuori e dentro la comunità, per tutto ciò che riguarda il mondo non-monogamo. Rimane difficile da smontare e difficile parlarne, anche all’interno della comunità e, anche se in altri paesi si è un po’ più avanti da qualche anno, qui ci sono resistenze sul tema anche perché riguarda lo stile relazionale e l’orientamento romantico della persona: in sostanza, anche le persone etero possono essere poliamorose e questo crea sempre discussioni. Le stesse discussioni si fanno ancora sull’asessualità o sull’essere kinky, ad esempio.

Quali sono gli stereotipi legati al tuo stile relazionale?

Sicuramente permangono gli stereotipi sull’essere, semplicemente, delle persone “promiscue”, incapaci di stare in una relazione “fissa” (insomma, “tradizionale”). Ovviamente la verità è più ampia. Viviamo ancora in una società che ci impone la coppia come un modello e il matrimonio tradizionale come un obiettivo fondamentale della nostra vita, nonostante questa visione sia molto recente, storicamente. Credo più al fatto che le nostre relazioni siano costellazioni e pianeti di un’enorme galassia e che non si può pretendere che una sola persona (noi stess3 o l3 partner) possa riempire la marea di “bisogni” relazionali, affettivi o sessuali che proviamo. Questo vale sia per le relazioni poliamorose che per le relazioni amicali, platoniche: sono necessarie e vitali. Un altro grande stereotipo è quello legato all’ipersessualità. Non tutte le persone poliamorose sono ipersessuali: io, ad esempio, sono demisessuale e mi sento a mio agio, a livello sessuale, solo dopo aver instaurato un certo tipo di relazione emotiva e amorosa. Il tabù dell’educazione sessuale e dell’educazione al consenso è ciò che fomenta questi stereotipi e rafforza, invece, lo stile della coppia tradizionale, spesso disfunzionale sul piano romantico e comunicativo. Far cadere i tabù, informare e infine riuscire a comunicare in maniera sana con l3 propri3 partner è ciò di cui abbiamo bisogno per buttare giù certi pregiudizi: non basta parlarne e parlarne, serve anche un’azione politica sistemica.

Ti senti sicura a parlare del tuo stile relazionale quando conosci qualcuno? 

Dentro la comunità, mi sono sentita abbastanza sicura. Al di fuori, non allo stesso modo di come non mi sento sicura di poter parlare del mio orientamento o della mia identità di genere. In generale, sia tra conoscenti che tra le amicizie più strette, è già molto difficile rompere il tabù del sesso, della sessualità libera e fluida. Il tabù della monogamia è ancora più difficile da toccare, ci addentriamo in una serie di pregiudizi pericolosi e pesanti, legati a situazioni che in realtà sono personali, particolari, private. 

Hai ricevuto rifiuti amorosi a causa del tuo stile relazionale?

No per fortuna e, anzi, ho attualmente una relazione stabile e monogama nonostante la mia partner sappia del mio essere poliamorosa. Anche in questo caso mantenere una comunicazione sana all’interno del rapporto aiuta a non creare tabù, non detti, tradimenti e altre situazioni spiacevoli sulla gelosia.

Quali sono delle buone fonti per informarsi su questa tematica? 

Purtroppo in Italia c’è ben poco a livello di bibliografia ma consiglio “Per una rivoluzione degli affetti” di Brigitte Vassallo e “La zoccola etica” di Dossie Eston e Janet Hardy. Quest’anno è uscito anche “Poliamore” di Car G. Lepori e Nicole “Nic” Braida.

In quale parte dello spettro delle neurodivergenze ti trovi? 

Personalmente, mi trovo nello spettro dell’ADHD (Attention deficit hyperactivity disorder) di tipo iperattivo.

Come hai scoperto di non essere neurotipicə?

Ho “scoperto” di essere neurodivergente quando, circa 6 anni fa, la mia psichiatra dell’epoca, riflettendo sulla mia adolescenza e il mio “stare” a scuola (e in varie situazioni sociali), mi aprì gli occhi e unì i puntini. In generale, quando ero al liceo conoscevo una sola persona con DSA, nessunə aveva diagnosi di neurodivergenza o di autismo, non se ne parlava e mi trattavano semplicemente come una persona problematica e troppo iperattiva. Ricordo ancora espressioni come “hai il ballo di san Vito”, “sei un cavallo pazzo”, “hai l’argento vivo addosso’ etc etc. Venivo spesso odiata dall3 professor3 perché ero capace di fare molte cose contemporaneamente durante le lezioni o forse è meglio dire che ero incapace di stare ferma ad ascoltare una lezione frontale. Riflettendoci, era abbastanza chiaro che ci fosse un pattern preciso nell’estremismo dei miei voti scolastici: dall’1 nelle materie scientifiche in cui avevo evidenti difficoltà fino ai 10 nelle materie umanistiche in cui riuscivo a focalizzare la mia attenzione. Certo, questa situazione mi rendeva, comunque, non-bocciabile e questo mi ha permesso, almeno, di non perdere anni di scuola. All’epoca però, il tabù che riguarda neurodivergenze e salute mentale era molto più forte rispetto ad ora, non c’erano gli studi e le ricerche di adesso, non c’era (almeno nella mia esperienza personale) quel briciolo di attenzione in più, almeno nel sistema scolastico, per individuare quelle problematicità. Si passava per svogliat3, disattent3, poco studios3 e si dava poco o nessun aiuto a persone con alcune difficoltà oggettive.

Come sono cambiate le tue relazioni sociali dopo la scoperta e la diagnosi?

Non saprei. Anche se non ho problemi nel descrivere la mia condizione, i miei rapporti sociali più stretti non sono cambiati molto. Questo non è stato sempre un bene, perché, in realtà, differentemente da come accade per un coming out, qua ci si aspetterebbe (e dovrebbe esserci) un certo tipo di cambiamento portato all’ascolto e al trattare con più attenzione la persona. In generale, però, in certi “safer places”, come quelli queer, ho trovato più apertura mentale e soprattutto attenzioni particolari per la mia condizione. A livello di relazione romantica/sessuale sono sempre stata aperta e chiara su quello che sono e per fortuna non ho trovato mai un vero rifiuto. Al massimo, una difficoltà oggettiva nell’altra persona nel gestire certe situazioni di crisi ma comunque ho sempre trovato persone aperte e disposte ad ascoltare i miei bisogni.

A che età l’hai scoperto/hai avuto la diagnosi?

L’ho scoperto, o meglio, capito, a circa 22 anni ma non mi sono attivata all’epoca per una diagnosi ufficiale. Nonostante tutt3 le psichiatr3 e psicologh3 che ho avuto sono concordi nella diagnosi, non ho una diagnosi ufficiale perché quelle per le persone over 25 sono una cosa molto nuova in Italia ed esistono poch3 professionist3 in grado di redigerla ufficialmente e ancora meno nel pubblico. Attualmente ho iniziato comunque il percorso per averla e sono in attesa di un pezzo di carta che lo certifichi; in generale prendo da anni degli psicofarmaci che tengono a bada alcuni sintomi e mi permettono di vivere certe situazioni sociali che prima erano, più o meno, invivibili.

In che modo ti sei sentitə discriminatə all’interno della comunità (o all’esterno) in base alla tua neurodivergenza?

Più che discriminata ciò che capita di continuo è che le mie esigenze vengano ignorate o prese poco in considerazione. Spesso, anche nei safer places come quelli lgbtqia+, o in vari eventi, si fa poca attenzione a ciò che potrebbe creare una situazione di overwhelming per la persona neurodivergente o che potrebbe triggerarla. C’è poca attenzione ma soprattutto poca informazione: se ne parla troppo poco e male per smontare questo tabù che vige su tutto ciò che riguarda, diciamo, la “sfera mentale” della persona. Per quasi tutt3 è molto più facile rapportarsi con una persona che ha un problema fisico, evidente o meno, rispetto al rapporto con una persona neurodivergente. Ancora parliamo di persone che “soffrono” di autismo…

In che modo l’essere neurodivergente ha o non ha avuto un impatto all’interno delle tue relazioni (sociali, amorose, etc)…

Se più o meno è rimasto tutto lo stesso nelle relazioni amicali/platoniche, sinceramente ha avuto un impatto positivo nelle relazioni romantiche, da quando sono aperta su questo tema. Ho sempre trovato una più particolare attenzione e nessuna discriminazione a riguardo. Riuscire a comunicare in maniera sana le proprie esigenze, cosa di cui non ero capace anni fa, facilita le cose a chi, pur non capendo, decide di starti accanto. Nessunə ha la palla di vetro per capire cosa gira nella tua testa e anche se a volte è veramente difficile, esprimere i propri bisogni è l’unico modo per evitare che partner o amich3 ti facciano del male in modo non intenzionale.

In che modo pensi il mondo, o almeno la comunità, dovrebbe comportarsi nei confronti delle persone neurodivergenti?

A livello sociale, servirebbe molta più informazione a riguardo. Ormai le diagnosi di ADHD, autismo e varie DSA, stanno aumentando a dismisura, anche solo perché c’è più informazione e anche, in parte, rappresentazione (per quanto molte volte troppo stereotipata) che, finalmente, sta dando qualche picconata a questo tabù e a quello dell’affidarsi a psicologh3 e psichiatr3. Si sta anche iniziando, per fortuna, a smontare un certo tipo di linguaggio, ad esempio abbandonando l’uso de “la sindrome di Asperger” o la distinzione tra persone neurodivergenti e autistiche  “ad alto o basso funzionamento”. E di questo un po’ ne sono grata, perché per anni anche io (e secondo la mia psichiatra) rientravo nella categoria “ad alto funzionamento”, cioè, in realtà, delle persone neurodivergenti che hanno, in una certa maniera, meno bisogno di supporto esterno nella vita di tutti i giorni. Questa è comunque una distinzione discriminatoria che si sta superando e che però viene ancora usata, purtroppo.

Cosa dovrebbe cambiare, all’interno dei nostri spazi, per accogliere le persone neurodivergenti nel miglior modo possibile?

Nella comunità, all’interno dei nostri “safer places” o negli eventi sociali con molta gente a volte basterebbero anche piccole cose come mettere a disposizione degli stimming toys, delle cuffie o tappi per le orecchie o creare uno “spazio di decompressione”, una sorta di quiet room quando c’è troppo caos e la persona in questione è triggerata o si sta sentendo poco bene. È sempre importante, poi, il consenso nel chiedere alle persone di essere toccate o abbracciate e ovviamente un approccio attivo all’ascolto nei confronti delle esigenze altrui. Durante eventi pubblici, dibattiti o gruppi di ascolto, ad esempio, è fondamentale sottolineare un “trigger warning” quando si sta per parlare di un argomento potenzialmente triggerante per le persone, non solo neurodivergenti ma anche “traumatizzate”. In questo modo, ognun3 può decidere di allontanarsi per evitare di stare male o anche chiedere di cambiare argomento, se possibile. Tutti questi sono strumenti utili per aprirsi alle possibili difficoltà delle persone neurodivergenti, autistiche o con problemi legati alla salute mentale e che altre associazioni e posti (soprattutto fuori dall’Italia) iniziano a fare.

Visto l’aumento delle diagnosi di ADHD e dello spettro autistico per persone all’interno della comunità (soprattutto trans e non binaria), pensi ci sia una correlazione?

Non so se ci sia, scientificamente, una vera e propria correlazione ma è sicuramente un dato il fatto che siano in aumento le persone trans/non binarie che rientrano nello spettro autistico o dell’ADHD. Rispetto al passato, adesso gli studi parlano non solo di genetica ma anche di impatto ambientale come fattori nello sviluppo dell’ADHD. Quindi l’intersezione tra varie situazioni soggette a discriminazioni e il minority stress, oltre a vissuti traumatici (più o meno correlati) può essere, probabilmente, un fattore in questa equazione.

Qual è la tua condizione di salute mentale?

La mia diagnosi è quella di un disturbo bipolare atipico (detto tecnicamente anche come “non specificato”), disturbo depressivo maggiore e disturbo narcisistico della personalità di tipo depresso. In sintesi, condizioni legate all’instabilità dell’umore, dovuti anche a vari traumi.

Com’è stato spiegare all3 tu3 partner la tua condizione di  salute mentale? 

Sono passati ormai molti anni da queste diagnosi ufficiali e spiegarlo è sempre un po’ difficile. Molte persone neurotipiche o semplicemente, diciamo, “non-depresse” non riescono a capire quanto questi disturbi possano essere invalidanti. Nelle relazioni passate è stato molto difficile far capire questo ed anche che per questi disturbi non esiste una “cura”: esiste solo la terapia e non è facile da gestire. Non sempre ho avuto partner in grado di aiutarmi in questo o capaci di cogliere la difficoltà nel dover seguire una terapia psicologica e psichiatrica ben precisa. Ancora, intorno a me, so di relazioni in cui uno dei partner è depressə e l’altrə non riesca a capire la condizione perché essa non è fisica ma solamente mentale. Questa situazione si ripropone molto spesso, a causa di vari tabù sulla salute mentale a discapito di malattie fisiche, che sono visibili e riconoscibili. 

In che modo questa impatta i tuoi rapporti? Quanto impatta? 

Non è facile né spiegare né gestire le due fasi del bipolarismo, quella maniacale e quella depressiva, ed è molto difficile stare accanto a una persona che ha un disturbo depressivo maggiore. Impatta molto nei vari rapporti, sia amicali che romantici e/o sessuali. La salute mentale (e la terapia) può influire ad esempio, parlando di sessualità, sulla libido o comunque comportare cambi di personalità anche evidenti in certi casi. Questo può essere causato sia dal disturbo che dalla gestione impropria della terapia ed è difficile da capire per chi non prova queste stesse sensazioni, quella stessa invalidità portata dalla depressione o quella mania onnipotente tipica del bipolarismo. Personalmente ho perso varie persone, chiuso tanti rapporti per un motivo o per l’altro: o per la malagestione della mia terapia o per la scarsa capacità di comprensione dall’altra parte. 

Si può parlare di coming out anche riferendosi alla salute mentale? Quali sono le similitudini e quali le differenze?

Direi di sì. Parlare dei propri disturbi mentali è veramente difficile, sia a causa del tabù e dello stigma, sia a causa della scarsa comprensione di come funzioni il cervello e le emozioni umane. Proprio per questo penso siano fondamentali l’educazione sentimentale (insieme a quella sessuale, alle differenze e al consenso) nelle scuole e soprattutto un piano nazionale per l’assunzione e la formazione di psicologh3 e psichiatr3. Le persone, in generale, possono spaventarsi davanti alla “rivelazione”, a questo particolare “coming out”. Penso che le similitudini siano proprio nelle reazioni delle altre persone a riguardo, che siano di pena, di paura o di ignoranza e di allontanamento, cose che accadono anche con il coming out a livello di orientamento sessuale o identità di genere. Sicuramente c’è uno stigma e un tabù diverso e le persone depresse non sono, ovviamente, perseguitate o discriminate come accade invece per la comunità lgbtqia+. Il grande tabù, però, rimane quello del suicidio, in un paese fintamente laico come l’Italia. Non se ne può parlare, non se ne parla, si dice sottovoce ed è veramente difficile relazionarsi con le persone quando sei una “survivor”, quando sei una persona che lotta o ha lottato con la depressione e che, per un motivo o per l’altro, è finita nel loop dell’autolesionismo o ha provato concretamente a togliersi la vita. Proprio per questo, io cerco di essere una persona il più aperta possibile su questi temi, per quanto facciano male: ho vissuto tre ricoveri psichiatrici a causa della mia depressione e vari tentativi di suicidio. So, a livello esperienziale, cosa significa vivere questa condizione, so quanto sembri un tabù insormontabile, so cosa vuol dire omertà, svilimento e invisibilizzazione. Ed è importante che se ne parli, se ne parli il più possibile: non per “normalizzare” nulla ma per sensibilizzare le persone sulla propria salute mentale e per quella dell3 propri3 car3.

Senti che l’argomento sia trattato col giusto peso al giorno d’oggi? Com’è cambiato negli ultimi anni? 

C’è un’apertura diversa e un diverso modo di parlare dell’argomento negli ultimi anni, grazie ai social e alle nuove generazioni. Solo 10 anni fa, quando io andavo al liceo, era un tabù intoccabile: non se ne poteva parlare, non c’erano molte diagnosi e la mia scuola non aveva neanche uno sportello psicologico tra i propri servizi. Adesso se ne parla ma non penso se ne parli abbastanza e con il giusto peso. L’apertura data dai social si porta dietro la leggerezza con cui si parla di malattie e disturbi, come la depressione, l’ansia, il bipolarismo, la schizofrenia, etc. Spesso se ne parla come se lo fossimo tutt3, ansios3 o bipolari, etc, riferendosi a situazioni che invece riguardano una semplice tristezza o momentanei stati d’ansia, niente a che vedere con una malattia riconosciuta e invalidante come la depressione maggiore. Purtroppo, anche fenomeni come l’autolesionismo o altri legati ai disturbi alimentari diventano virali oppure si creano subforum o gruppi sui social (ad es. telegram, reddit, tumblr) in cui la gente non solo si scambia informazioni (spesso errate) ma ci si spinge a vicenda nel continuare queste dinamiche molto pericolose.

Ti senti accolta dall3 partner riguardo questo tema?

In questo momento, assolutamente sì. Purtroppo o per fortuna, ho avuto varie partner depress3 o con disturbi psichiatrici e quindi ho quasi sempre trovato una connessione e una comprensione in questo senso. L’altro lato della medaglia è che è molto difficile stare dietro ad una persona con vari problemi legati alla salute mentale… se anche tu, in qualche modo sei sulla stessa barca. Ma insieme è sempre meglio che da sole.

E dalla comunità?

Direi di sì. Anche se, come dicevo, l’invalidità portata dalla depressione e il suicidio rimangono ancora un enorme tabù anche all’interno della comunità. 

Cos’è il minority stress? Come impatta sul tuo essere parte della comunità e nell’avere problemi di salute mentale? 

Per minority stress si intende il livello di stress e ansia dovuto all’appartenere a uno o più gruppi marginalizzati e oppressi. Sicuramente ha un grande impatto su di me e ricordo come anche, quando ho ricevuto la relazione di incongruenza di genere, risultasse un valore (dato dai test) molto alto. Io sono una persona trans non binaria che ha iniziato la terapia ormonale, sono bipolare, depressa, narcisista e con l’ADHD. Sono pansessuale, poliamorosa, kinky. Preferisco pensare che, essere al centro di così tante intersezioni, mi renda una persona che può capire e che può essere, se non di riferimento, almeno di aiuto per le altre persone che vivono alcune delle mie condizioni. Nel mondo di oggi, nella società italiana, fuori dalla nostra bolla queer, non mi sento per niente tutelata, purtroppo, soprattutto per quanto riguarda l’approccio col mondo sanitario. Un approccio che, però, per me, è cronico, continuativo, necessario da sempre. Affrontare ogni volta ospedali, medich3, professionist3 non preparati sui temi lgbtqia+ è sempre una sfida e a volte si finisce per restare a casa e rinviare quella visita… Trovare psicologh3, ma soprattutto psichiatr3 format3 e che riescano a metterti a tuo agio è veramente difficile quando, oltre ad avere dei disturbi psichici, sei anche parte della comunità LGBTQIA+.

Le tue relazioni romantiche/platoniche fungono da rete di supporto riguardo alla tua salute mentale? Se sì, in che modo?

Sì, assolutamente sì. Le mie relazioni, sia romantiche che platoniche, hanno creato una rete di supporto fondamentale e mi hanno letteralmente salvato la vita più volte. Sia mettendomi al muro e facendomi riconoscere l’abisso in cui stavo finendo sia rendendosi disponibili sempre come una potenziale spalla per piangere o un orecchio per ascoltare. A volte, anche chiamando un’ambulanza, quando quella rete, da sola, di più non può fare. Questa però si può creare se, anche qui, c’è una comunicazione, un’apertura da tutte le parti: dove il tabù è più forte, è più difficile parlarne e di conseguenza è complicato costruire una rete di persone che anche solo siano a conoscenza dei tuoi problemi.

Quali sono fonti valide sul tema della salute mentale e in particolare sulla tua problematica? 

Consiglierei di leggere “L’uomo che trema” di Andrea Pomella, un romanzo autobiografico basato sulla depressione dell’autore. Ci sono poi molte persone online che fanno divulgazione ma starei molto attent3 a cosa si legge.

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Una dinamica che esiste da sempre nella cultura lesbica. Una di quelle costanti che si tramandano di generazione in generazione, come le poesie di Saffo o le cassette di The L Word. Nel nuovo episodio di LesboDramma parliamo di una peculiarità del mondo delle relazioni al femminile: l’ex che resta. L’ex che non scompare. Che diventa “migliore amica” e, spesso, che non se n’è mai andata davvero. E voi siete team “amiche mai” o “armonia a tutti i costi”?

Silvia staff Dyke March
La prima Dyke March della storia italiana è a Roma

Dal 23 al 26 aprile 2025 Roma ospita per la prima volta la Conferenza Lesbica Europea (EL*C) e la prima Dykemarch italiana: un evento storico, politico e rivoluzionario nel cuore della capitale. In un momento segnato da attacchi ai diritti LGBTQIA+, questa iniziativa è un grido di resistenza, visibilità e orgoglio lesbico. Ce ne parla una delle organizzatrici.

Porpora Marcasciano
Dagli Stati Uniti all’Italia: cresce la stretta sui diritti delle persone trans

“Sono appena tornata da un’America in cui anche le biblioteche sussurrano. Le parole non scorrono più libere nei corridoi delle università: si spiano, si annotano, si correggono. Gli studenti, soprattutto quelli queer o stranieri, vivono in apnea, temendo una deportazione mascherata da burocrazia. E mentre mi arrivano le prime notizie dalla Florida – patenti strappate alla verità delle persone trans – scopro che anche l’Italia vuole “schedare” i corpi non conformi. Non è un inciampo. È una strategia. E noi siamo ancora troppo silenzios*”. Porpora Marcasciano, Presidente onoraria del Movimento Identità Trans (MIT), ci racconta il suo rientro in Italia.

Alessandro Bentivegna
Cronache da Carroll Gardens: appunti sotto le volte del Met, su famiglie e diritti per tuttə

Cosa unisce due famiglie gay, un croissant decente a Central Park e la memoria dei sarcofagi egizi? In questa nuova puntata, Alessandro Bentivegna ci accompagna tra le sale del Met, tra tessere museali, brunch sospesi e domande scomode sulla democrazia. Perché i diritti civili, come i musei, sono spazi da abitare. Una riflessione in punta di penna sull’identità, i privilegi e il rischio (serissimo) di diventare progressisti solo nel proprio quartiere. Seconda puntata di Cronache da Carroll Gardens. Solo su Aut.

Davide Ferraro
L’odore che resta

Amori, cortili e dittature interiori: il romanzo di Giuliano Brenna racconta Lisbona, ma soprattutto Mattia. Orfano precoce, amante silenzioso, uomo in cerca di sé e di un futuro che non sa ancora se gli appartiene. In una città attraversata da storia e rivoluzione, tra odori che conservano la memoria e legami che sanno di salvezza, Brenna ci consegna un racconto struggente e potente sull’identità, il desiderio e la possibilità di rinascere. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Emiliano Metalli
Ferdinando/Cirillo: per chi desidera immergersi nelle sfumature dell’animo umano

Nel panorama del teatro italiano del secondo Novecento, pochi autori hanno saputo intrecciare con tanta audacia il tema del desiderio sessuale con un gioco linguistico che contrappone tradizione e contemporaneità. “Ferdinando” di Annibale Ruccello è un vero capolavoro di drammaturgia che esplora i temi del desiderio sessuale e del suo potere sull’altro. In scena al Teatro India.

Emiliano Metalli
“La pulce nell’orecchio” di Carmelo Rifici al Teatro Vascello: un vaudeville in chiave contemporanea

Dal 28 marzo al 6 aprile 2025, il Teatro Vascello di Roma ospita “La pulce nell’orecchio”, il celebre vaudeville di Georges Feydeau in una nuova versione diretta da Carmelo Rifici. Il teatro, come la letteratura e il cinema, si conferma uno spazio di resistenza culturale, capace di dare voce a chi spesso viene messo a tacere. Su Aut vi segnaliamo, raccontiamo e consigliamo tutti quegli spettacoli da non perdere.

Extra-complicate
LesboDrammi – Episodio 2: il paradosso della “tranquilla”, ovvero, il lupo vestito da agnello

Quante volte restiamo in situazioni tossiche solo per il bisogno di provare a noi stesse di poter “gestire” l’altro? Quante volte ci convinciamo che se resistiamo abbastanza, se dimostriamo il nostro valore, la persona davanti a noi smetterà di essere una sfida e diventerà un porto sicuro? L’amore è un labirinto pieno di false uscite. Ogni tanto ci fermiamo, guardiamo indietro e ci chiediamo come abbiamo fatto a perderci di nuovo. Forse il segreto non è trovare la via d’uscita, ma imparare a riconoscere i segnali d’allarme prima di entrare. Eccovi il nuovo episodio della rubrica Lesbodramma.

Sara Tamisari
Galassia Clandestina: il genere è necessario?

Benvenutə su Galassia Clandestina, la nuova rubrica di Aut che accende il cervello e apre mondi. Qui si parla di tutto: queerness, film, serie tv, libri, manga, anime, videogiochi e marketing. Uno spazio di dialogo, per chi cerca connessioni fuori dalle orbite mainstream, dove sentirsi al sicuro nel condividere anche ciò che è personale, senza censura. Se è un safe space quello che cercavate, avete trovato il vostro pianeta.

Alessandro Bentivegna
Cronache da Carroll Gardens: appunti sul successo, i cani e l’America di Trump

Benvenuti a New York, dove il sogno americano si misura in metri quadri e saldo disponibile. Alessandro Bentivegna racconta la sua nuova vita nella Grande Mela, tra brunch progressisti e realtà ben più spietate. Una coppia gay, due cagnoline e una domanda scomoda: quanto vale davvero una vita umana, oggi? Un nuovo appuntamento imperdibile, e in esclusiva su Aut, per chi ama punti di vista pungenti e storie senza filtri. Seguite “Cronache da Carroll Gardens” e scopriamo l’America raccontata da chi la sta vivendo da dentro.

Extra-complicate
LesboDrammi – Episodio 1: l’eterno ritorno dell’etero-curiosa

Una nuova rubrica, nata tra i corridoi del Mieli e approdata qui per raccontare, ridere e ironizzare su una delle caratteristiche più frequenti della comunità lesbica: i drammi amorosi che solo le donne tra loro riescono a creare. Nasce quindi su Aut: LesboDramma, rubrica ironica, tragicomica e spaventosamente realistica sulle liturgie amorose tra ragazze. A firmarla è il collettivo delle Extra-complicate che, attraverso il loro spazio, ci raccontano, con autoironia e un pizzico di cinismo, il caos sentimentale, i déjà vu amorosi e quelle piccole grandi nevrosi che ogni donna queer conosce bene. Non perdetevi nemmeno un episodio. Eccovi il pilota.

Luca Ragazzi
La lettera T nel cinema

Per troppo tempo il cinema ha parlato delle persone trans senza lasciarle parlare davvero, riducendole a inganni, tragedie o mostri. Da The Rocky Horror Picture Show, che ha scardinato il genere con ironia, fino a Emilia Perez, dove identità e destino si riscrivono, il cinema inizia a restituire alle persone trans il diritto di essere protagoniste. Non è solo rappresentazione, è riscrittura dell’immaginario. Ecco i film che hanno segnato questo viaggio.

Andrea Amadio @LibriconFragole
5 libri sull’essere transgender

Le parole creano ponti, non barriere. Per questo vi consigliamo 5 libri che raccontano l’essere transgender con profondità e autenticità. Dalla letteratura classica ai graphic novel, storie di transizione, identità e resistenza. Perché leggere significa anche comprendere. A fare questa “classifica” non poteva che essere lui: Andrea Amadio, ovvero @Libriconfragole, il più brillante book influencer in circolazione. “In un mondo dove i vari governi cercano di annullare i dibattiti sulla questione dei corpi e delle persone transgender, voglio continuare a combattere e lottare con le armi che so usare meglio: i libri”.

Emiliano Metalli
“Erodiade” di Testori: il grido del desiderio al Teatro Vascello

Nella poetica di Giovanni Testori, il corpo e la parola si fondono in un grido lacerante, una lingua slabbrata e reinventata, che in “Erodiade” diventa l’urlo di un’identità che sfugge a ogni definizione. In scena a Roma.

Emiliano Metalli
“Ho paura torero” al Teatro Argentina: quando l’attore diventa Resistenza

Il teatro, come la letteratura e il cinema, si conferma uno spazio di resistenza culturale, capace di dare voce a chi spesso viene messo a tacere. Su Aut vi segnaliamo, raccontiamo e consigliamo tutti quegli spettacoli da non perdere.

Egizia Mondini
Editoriale – The T Word

Aut torna con un monografico sulla comunità trans e una nuova sezione aggiornata con rubriche, attualità, storie e approfondimenti dal mondo LGBTQIA+. Questo mese, accendiamo i riflettori su “The T Word” e sulla nuova sezione Aut Now.

Ignazio Billera
L’ombra di Trump: perché riguarda tuttə noi

Dagli attacchi alle persone transgender alla censura del linguaggio: le politiche di Trump minacciano i diritti LGBTQIA+ e potrebbero avere ripercussioni anche in Europa. Anzi, hanno già iniziato. 

Giorgio Umberto Bozzo
In ricordo di Ivan Teobaldelli

Scrittore, poeta, critico d’arte, è stato fondatore, editore e direttore di «Babilonia», la prima rivista di cultura omosessuale in Italia pensata per un pubblico generalista, fondata nel 1982. Aveva 76 anni. Questa è l’ultima intervista concessa a Giorgio Umberto Bozzo, con cui vogliamo rendergli omaggio e riconoscergli il ruolo che merita nella storia della cultura LGBTQIA+ italiana.

Antonia Caruso
Ma è davvero solo colpa di Trump?

Dalla paura del complotto alla caccia alle streghe: come la transfobia si alimenta attraverso la cultura del sospetto e della paranoia collettiva. Una voce un po’ fuori dal coro. O no?

Karma B
Quell* che al Pride non ci vogliono andare secondo le KarmaB

Il Pride è inclusività, comprensione e difesa strenue della libertà individuale, anche quella di non partecipare al Pride. Ma chi sono quelli che al Pride non ci vanno o non ci vogliono andare? Abbiamo chiesto alle Karma B di interpretare per noi questo concetto attraverso la loro scintillante creatività.  

Egizia Mondini
L’editoriale – GenderAzioni: 30 anni di pride

Com’è cambiato il pride negli ultimi 30 anni? È possibile che il suo significato politico, culturale e sociale si sia modificato? In meglio? In peggio? Con GENDERAZIONI abbiamo voluto mettere in prospettiva il percorso che la comunità LGBTQIA ha fatto dal primo Pride del 1994. È l’occasione per riflettere su come il significato del Pride sia cambiato nel corso degli ultimi tre decenni. E per ripercorrere le diverse istanze evolute in base al contesto storico.

Egizia Mondini
Annalisa, la Queen del pop che conquista tutt*

L’artista italiana più ascoltata su Spotify, prima italiana nella top 100 globale di Billboard, è la madrina del RomaPride 2024. L’abbiamo intervistata alla vigilia della manifestazione. 

Loredane M. Tshilombo
Pride: ieri, oggi, domani

Nel corso di 30 anni il pride in Italia ha attraversato diverse fasi. Come è cambiato negli anni, come è percepito diversamente dalle generazioni, nei propositi, negli obiettivi, nei racconti e soprattutto in un’ottica intersezionale? Una prospettiva personale e politica di una militante cresciuta insieme e in mezzo ai cortei.

Santiago Olivares
L’ispirazione di SakoAsko per il RomaPride

Santiago Olivares, meglio conosciuto come SakoAsko, è l’artista che ha realizzato l’illustrazione-manifesto del RomaPride 2024. Gli abbiamo chiesto di di raccontarci cosa lo ha ispirato per realizzarla.

Luca Ragazzi
40 anni di pride attraverso il cinema

Abbiamo fatto passi da gigante da quel ’94 del primo Pride italiano e il cinema e la televisione, da sempre specchio della società, lo hanno saputo raccontare bene. Anzi, talvolta, è lecito pensare che abbiano aiutato il dibattito, mostrando quantomeno modelli diversi da quelli veicolati dalle barzellette e nel migliore dei casi, traghettando il paese verso il progresso. Ripercorriamo insieme i film più significativi per la comunità.

Chiara Sfregola
Le unioni civili ci hanno regalato l’illusione di essere un Paese normale

Le istanze dei Pride dal 1994 a oggi sono cambiate? E come si sono evolute? Un dato è certo: volevamo una legge contro l’omolesbotransfobia e non l’abbiamo. Sono passati 8 anni dall’approvazione delle unioni civili e del matrimonio egualitario nemmeno l’ombra. Si sta avverando la profezia paventata da Famiglie Arcobaleno all’epoca, e cioè che questa legge “contentino”, incompleta a causa dello stralcio della stepchild adoption, non sarebbe stata toccata per 10 anni. Poi dicono che i Pride non servono più…

Isa Borrelli
Nostra è la rabbia

Il primo Pride fu rivolta. E mai come oggi in Italia e nel mondo lottiamo per la sopravvivenza. Viviamo sotto un governo fascista che perseguita le persone trans* e nonbinarie, le coppie omogenitoriali e lesbiche, che picchia studenti, ostacola il diritto all’aborto, nega una casa e un salario minimo a una popolazione sempre più povera, ma soprattutto è complice di un genocidio che osserviamo sempre più assopiti dagli smartphone. E’ tempo di riprendenderci spazi, luoghi e potere di parola.

Alessandro Michetti
Scie luminose queer al METEORE Fest 2024

Quest’anno non dovremo aspettare la notte di San Lorenzo per vedere delle meteore attraversare il cielo, basterà puntare il nostro sguardo verso gli spazi di Roma Smistamento fino al 15 giugno e di BASE Milano dal 21 al 29 giugno. A sprigionare l’energia detonatrice queer sarà il METEORE Fest – Lo spazio è queer. Ne parliamo con Carlo Settimio Battisti, Nicola Brucoli e Federico Sacco di TWM Factory.

Valeria Scancarello
La genZ incontra Dario Bellezza

“Bellezza, addio” è il titolo del documentario ideato da Massimiliano Palmese e diretto insieme a Carmen Giardina. Si tratta di un omaggio alla figura di Dario Bellezza, il celebre poeta romano, amico di Pasolini, Moravia, Morante, una delle voci più intense e originali della poesia italiana contemporanea. Ci siamo chiesti: quanti giovani oggi lo conoscono? Per questo abbiamo affidato a una delle nostre giovani penne l’intervista a Massimiliano Palmese. Quello che state per leggere è l’incontro tra le nuove generazioni e Beltà.

Sciltian Gastaldi
Fra pischell* e “scarti” 

Come cambiano i giovani di oggi rispetto a quelli di ieri. Fra errori, imprecisioni, ideologie e voglia di cercare un senso. Tre prospettive raccontate da student* del liceo e una panoramica offerta dal loro professore.

Paolo Notarticola
Il presente e il futuro visto dagli student*. Battaglie di oggi e obiettivi di domani

Le manganellate a Pisa. Il decreto ecovandali. I tagli all’istruzione. Segnali forti di assenza totale di politiche concrete a sostegno dei giovani. In questo contesto, le manifestazioni studentesche rappresentano non solo un mezzo per esprimere dissenso, ma anche un’opportunità di partecipazione attiva alla vita democratica del Paese. 
Un’appassionata analisi in prima persona delle sfide che si trovano a fronteggiare l* giovani. Con granitica determinazione.

Andrea Collins Amadio
Libri young adult, per adolescenti e non solo

La letteratura young adult è un genere per giovani adulti, ossia quella nicchia di adolescenti che va dai 14 ai 19 anni, troppo grande per le storie da bambini, ma ancora acerbo per un Michel Houellebecq o un Carrère. Hanno per protagonisti teenager da poco maggiorenni che affrontano i dilemmi tipici dell’adolescenza La realtà, però, è che il genere viene spesso letto maggiormente da chi i 20 li ha superati anche da alcuni anni. I maggior fruitori infatti sono persone di 40 anni. Forse perché la letteratura non ha mai età, come le emozioni. 

Sara Innamorati
La grammatica del conformismo nella scuola e nelle università italiane

Quanto è difficile riuscire a trovare una propria identità e una propria verità in un contesto di estremo conformismo, studiando su libri di testo scritti perlopiù da uomini eterosessuali e cis-gender? Continuare a insegnare con un sistema binario limita studentesse e studenti nella loro consapevolezza identitaria. La grammatica del conformismo spiegata da chi la vive sui banchi di scuola.

Camilla Rugolotto
Il modello transfemminista per rendere la scuola un posto sicuro

Per raggiungere un modello di scuola inclusiva servono strumenti per riconoscere, combattere e prevenire dinamiche di prevaricazione e violenza di genere insite in abitudini, gesti e parole di matrice patriarcale di cui siamo inconsapevoli. Abbiamo chiesto a Rete degli Studenti Medi, associazione fatta da student3 delle scuole superiori, di raccontarci la scuola italiana da chi vive quelle aule e quei corridoi ogni giorno.

Nicolas Pasantes
Come rendere la scuola uno spazio aperto a tutti i corpi e le identità?

La scuola italiana deve fare i conti con un problema di omobilesbotransfobia e, per quanto carriere alias e bagni genderless siano un primo passo per diminuire il minority stress che le persone lgbtqia+ soffrono quotidianamente anche dentro le mura scolastiche, bisogna fare molto di più. A dircelo, questa volta non sono i dati, ma loro: l3 student3. Abbiamo chiesto infatti a Rete degli Studenti Medi, associazione fatta da student3 delle scuole superiori, di raccontarci la scuola italiana da chi vive quelle aule e quei corridoi ogni giorno.

Nicola Brucoli e Ulderico Sconci
Roma, una puntata alla volta

Si dice sempre che c’è uno scollamento tra i giovani e la politica. Che la gen Z pensa solo ai social e a diventare famos*. Noi invece vi raccontiamo un’altra realtà. Quella dei tant* ragazzi e ragazze roman*, i pischelli appunto, impegnati e interessati alla politica. E lo facciamo attraverso gli autori di Roma Capita, un podacast che racconta una capitale piena di associazioni e comitati dal basso, di iniziative e centri culturali indipendenti formati da giovanissim* e che fa le pulci agli amministratori. Altro che i balletti di TikTok.

Emiliano Metalli
Pischellə teatrali e non: qualche esempio e un po’ di storia

Nel mondo del teatro e dello spettacolo sono tant* i giovani e le giovani artist* che hanno conquistato passo dopo passo spazi di creatività, influenzando sottili mutamenti sociali. Da Sarah Bernhardt a Greta Garbo, da Marlene Dietrich a Judy Garland, da Mario Mieli fino ai giovan* autori di oggi. Artist* che hanno saputo scavare nel tema identitario cercando di rinnovare lo spessore, il volume e il carattere di ogni scelta di autodeterminazione, impiegando linguaggi trasversali. 

Chiara Tesei
Quel (poco) che ho capito sull3 piskell3

Non può esistere più lotta queer senza quella transfemminista, antirazzista, per il clima e per qualunque istanza non rispetti la vita, umana e non. Le nuove menti affrontano le loro battaglie con creatività. Hanno i mezzi e sanno come usarli. Conoscono le parole per comunicare ciò che sentono. E se per quello che sentono la parola non esiste, nessun problema: la creano. Ecco come sono l3 pischell3 attivist3 della gen Z, visti da Chiara Tesei, referente del Gruppo Giovani del Mario Mieli. 

Sciltian Gastaldi
HIV, 40 anni senza vaccino

La scoperta del virus dell’immunodeficienza acquisita umana (Hiv) compie in questi giorni 40 anni, 23 aprile 1984, ed è un compleanno davvero triste, perché a oggi non esiste ancora un vaccino e le prospettive future non sembrano promettere nulla di buono. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Caterina Fimiani, medico specialista in Allergologia e Immunologia clinica presso il Policlinico Umberto I di Roma.

Egizia Mondini
L’editoriale – Pischell*

La parola a chi è adolescente, studente, nativodigitale, alle giovani menti, alle generazioni Zeta e Alfa. Del resto sono da sempre ciclicamente loro il motore del loro tempo. Questo AUT lascia la parola (e la tastiera) ai pischell*.

Francesco Ferreri
Dall’alto al basso. Perché è sempre tutta colpa dei giovani

Quando parliamo di discriminazioni, e di come quelle discriminazioni vengono raccontate, non possiamo non riconoscere il ruolo che il potere ha in questa dinamica. La società ha imposto delle gerarchie molto chiare sui corpi e sulle identità delle persone e questo sistema di potere fa di tutto per preservarsi, così come fa di tutto per manipolare ogni forma di protesta che potrebbe metterlo in difficoltà. Finché le generazioni più grandi continueranno a guardare quelle più piccole “from top to bottom”, non avremo uno sguardo oggettivo.

Yuri Guaiana
L’importanza della solidarietà internazionale per la comunità lgbtqia+ in Russia

Una delle situazioni più pericolose che come comunità ci troviamo oggi a fronteggiare è la dura repressione in Russia. La Corte Suprema russa ha dichiarato il movimento pubblico internazionale lgbtqia+ come estremista. A pochi giorni dalle elezioni presidenziali, due persone che lavoravano in un bar gay sono state arrestate e ora rischiano fino a 10 anni di reclusione. Non potevano che scatenarsi proteste, petizioni e azioni collettive: un’ondata di solidarietà internazionale necessaria e, ci auguriamo, efficace. 

Emiliano Metalli
Neapolis e le sue voci. In memoria di Enzo Moscato

A distanza di un mese dalla sua morte, disegniamo un profilo del regista e attore italiano, esponente di spicco della nuova drammaturgia partenopea. Enzo Moscato ha espresso Napoli con spudoratezza, narrando un mondo parallelo di emarginati, prostitute e omosessuali, metafora di una condizione esistenziale sospesa tra il maschile e il femminile.

Luca de Santis
L’editoriale – Monopolis: la città per un solo giocatore

Nel gioco del “Monopolis”, metafora della nostra società attuale, le nostre città sono diventate più chiuse che mai, i benefici e i privilegi sono tutti per un singolo cittadino: quello maschio, eterosessuale, bianco, abile, ricco, conforme, quello che vince “senza passare dal Via!”, mentre il resto della popolazione viene messo da parte, ignorato o addirittura penalizzato.

Baldurs gate 3
Marina Pierri
Quando il (video)gioco è inclusivo: la lezione del consenso di Astarion in Baldur’s Gate 3

Può un videogioco insegnare cosa sia il consenso e l’abuso? Essere survivor o abuser? Nel pluripremiato videogame Baldur’s Gate 3 il personaggio pansessuale di Astarion è una masterclass di scrittura, in un “viaggio dell’eroina” sviscerato dalla più esperta studiosa del campo, Marina Pierri.

Majid Capovani
Stai fermo un turno, anzi, due! La (velata) oppressione delle identità impreviste

Non si è solo emarginatə in quanto queer, ma in quanto queer e razzializzatə, in quanto queer e religiosə, queer e neurodivergentə/disabilə e molte altre possibili combinazioni. Trovare dei luoghi davvero safe, in cui poter esprimere liberamente la propria identità con tutte le sue intersezioni, diventa molto difficile, contribuendo ad alimentare quel senso di solitudine e isolamento che moltə di noi si portano dietro, imprevisti di una società che non contempla esistenze e vissuti come i nostri. Strettə nella sensazione di essere sempre “troppo” o “troppo poco”.

Luca Ragazzi
Festival di cinema queer in Italia. Lo stato dell’arte

In tempi in cui il cinema è nel nostro salotto, hanno ancora senso i festival? Se i film a tematica LGBTQIA+ ormai vincono gli Oscar, ai festival restano solo gli scarti? Non è così. Dietro questi festival c’è un enorme lavoro di ricerca.

Milo Serraglia
Perché è importante la carriera alias nelle scuole e sul lavoro

Le vite delle persone trans* sono sotto bombardamento istituzionale e mediatico: ispezioni, illazioni, interrogazioni parlamentari, talk televisivi, raccolta firme piegati alla retorica pro-life. Alla battaglia contro la carriera alias, ora si aggiunge il caso dell’Ospedale Careggi di Firenze con l’ennesimo attacco strumentale nei confronti delle persone più piccole della nostra comunità, bambin* e adolescenti gender variant. E’ necessario proteggere le persone trans* più giovani a partire dal diritto allo studio e a non essere oggetto di discriminazione, proprio come prevede la nostra Costituzione.

Mohamed Maalel
Imprevisti e probabilità: essere italiani di seconda generazione

Nascere e crescere in Italia con un padre tunisino e una madre italiana spesso significa essere ritenuti soggetti al limite, continuamente in cerca di definizione. Siamo sicur* di star giocando con le stesse regole?

Marcello Lupo
Vai in prigione! Storia di una rinascita

Quanti sono i pregiudizi e le difficoltà che gli ex detenuti devono fronteggiare quando vengono reintrodotti nella società? La reintegrazione nel tessuto sociale e lavorativo è un passo cruciale per la vera libertà e il cambiamento positivo nella vita di chi ha scontato una pena e deve essere messo in condizione di tornare alla vita.

Aldo Mastellone
Soldi colorati: come riconoscere il rainbowashing nelle campagne Pride

Nella città di Monopolis come orientarsi nella comunicazione aziendale della diversity e inclusion? Perché un’azienda decide di esporsi su questi temi? E’ vero che “guadagnano sulla nostra pelle” come spesso leggiamo sui social network? Ed è davvero solo per soldi? Ecco una guida semplice e pratica su come riconoscere il rainbowashing. 

Marina Cuollo
Tu non giochi! Rivoluzionare la rappresentazione della disabilità nei media.

Mentre i paesi anglofoni iniziano ormai a considerare inammissibile la simulazione del corpo disabile come performance attoriale, in Italia questa è una pratica ampiamente diffusa. Riconoscere l’importanza di avere persone con disabilità nell’intera filiera dell’industria audiovisiva è un passo fondamentale. Che è tempo di fare.

Isabella Borrelli
Sfamiglia Queer: da cura a pratica politica

La decostruzione della famiglia tradizionale: una riflessione sulle nuove dinamiche relazionali che mettono in discussione una serie di concetti che non ci rappresentano più nelle identità. E ancora: l’importanza delle reti relazionali queer e le sfide nel contesto politico contemporaneo. Perché oggi più che mai la famiglia è politica.

Luca de Santis
Il mio mondo nei videogiochi

In occasione dell’uscita del suo nuovo romanzo “Gamer girl”, abbiamo intervistato Valerie Notari, autrice transgender, gamer e veterana del cosplay italiano. Un intimo sguardo a un’altra famiglia, quella virtuale del mondo dei videogiochi. Una conversazione appassionante sulla crescita personale, l’identità di genere e il potere transformativo delle storie.

Sciltian Gastaldi
Storia di un gruppo rivoluzionario degli anni ’80

Uno dei primi esempi di quella che oggi chiamiamo famiglia queer ebbe origine proprio a Roma, tra le persone del gruppo dirigente del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, nella seconda metà degli anni ‘80. Una domenica pomeriggio, abbiamo riunito in un salotto romano alcuni di loro: Francesco Gnerre, Giorgio Gigliotti e Andrea Pini, e ci siamo fatti raccontare da loro quella che fu la loro ‘comune frocia’. Nel ricordo di Marco Sanna.

Sara Paolella
Scomodo: una questione di famiglia

Scomodo è uno dei prodotti editoriali più interessanti degli ultimi anni. E’ un mensile cartaceo di approfondimento che rappresenta uno spazio di espressione per centinaia di redattori, artisti, creativi e scrittori under 30. Come Aut, combattono la superficialità, la mancanza di approfondimento dell’informazione mainstream e vogliono connettere mondo fisico e digitale. E la redazione è all’interno dello Spin Time, spazio di rigenerazione urbana a Roma. Se non sapete chi sono, è tempo di conoscere questi ragazzi.

Luca de Santis
Queer family: le serie TV che la raccontano meglio

Nella comunità LGBTQIA+ la famiglia ha tanti significati, più ampi e complessi di quanto si creda, e le serie TV negli ultimi anni hanno provato a raccontarle. Io ho chiesto alla mia famiglia queer di mandarmi un vocale con i loro titoli preferiti. Un po’ diario, un po’ podcast, un po’ una finestra intima. Perché se si ha avuto la fortuna di incontrare persone così speciali, condividerle è il miglior regalo che si possa fare.

Mauro Angelozzi
Madonna Celebration Tour: riunione di famiglia

Quello che Madonna ci ha sempre insegnato è che non è nei legami di sangue che si trova la pace. E quella che si è ritrovata intorno a lei in occasione del Celebration Tour è sicuramente la sua fedele e inossidabile (come lei) queer family: vite sopra le righe, famiglie dove tutto è possibile, dove ci si ama e ci si odia in libertà, dove la stravaganza si fa arte e il genere conta zero. Noi eravamo alla tappa di Colonia e vi raccontiamo com’è andata. 

Karma B
A Michela Murgia

“Ricordatemi come vi pare”, ha detto, e si è fatta isola, miraggio superiore, fata morgana, distanza da non colmare, qualcosa che non si può ricordare, come un verbo che ha solo il presente, impossibile da coniugare. Se esistessero le parole giuste per “dire” Michela Murgia sarebbero quelle che le Karma B hanno dedicato a lei sul palco dei Rainbow Awards 2023, di fronte al marito, il figlio e una parte della sua numerosa e variegata queer family. 

Roberta Ortolano
Il nostro percorso di procreazione medicalmente assistita 

Un viaggio intimo attraverso le sfide della maternità lesbica: un racconto di coraggio, speranza, resistenza e determinazione con il sogno di diventare genitori.

Giovanni Raulli
Casa Arcobaleno: le famiglie che ti salvano

Siamo entrat* all’interno di Casa Arcobaleno, il rifugio per giovani LGBTQIA+ espulsi dalle proprie famiglie. Perché non sempre le famiglie di origine rappresentano un porto sicuro. E per salvarci abbiamo bisogno di scialuppe di salvataggio.

Egizia Mondini
L’editoriale – Queer families

Le famiglie queer, intese come reti di affetto e sostegno costruite al di là dei tradizionali legami di sangue, rappresentano un esempio tangibile di amore, inclusività e solidarietà. Quanto sono state importanti in passato e quanto lo sono ancora oggi?

Andrea Pini
Co-housing: una proposta per vivere insieme

Dove spariscono le persone LGBTQ+ quando invecchiano? La maggior parte si ritira riducendo contatti, relazioni ed attività sociali, fino all’invisibilità. Eppure sono tante le energie, le competenze, le esperienze che possiamo mettere in circolo per far fluire in azioni di aiuto reciproco. Serve un ponte tra le vecchie e le nuove generazioni, che dia un senso ai ricordi degli uni e forza agli altri. E il co-housing può rispondere a questa esigenza.

Pino Anastasi
Famiglie di salvataggio ai tempi dell’aids

Un viaggio nelle memorie di chi ha affrontato l’epidemia di aids, dalle prime notizie a una tesi di laurea, da Muccassassina all’Unità di Strada, il  racconto di chi ha trasformato l’impegno in sostegno.

Chiara Tesei
Di salute mentale e tabù di coppia

Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.

Elena Incatasciato
Di bisessualità e pansessualità

Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.

Ali Bravini
Di poliamore, neurodivergenze e salute mentale

Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.

Michela Andreozzi
E se non voglio essere madre?

Essere donna prima di essere madre. Decidere di NON avere figli è ancora un tabù. Dalla discriminazione alla scelta: il percorso verso una vita senza maternità raccontato dalla sagace penna di Michela Andreozzi.

Egizia Mondini
L’editoriale: quali sono i tabù di oggi?

Quello che è tabù per uno può essere pregiudizio per un altro. Quando apriamo il barattolo e dobbiamo decidere cosa metterci dentro, le diverse prospettive emergono e diventano esse stesse un interessante spunto di riflessione e confronto. 

Alessandro Michetti
Il porno è ancora un tabù?

La vergogna è il braccio armato dei tabù, che a loro volta sono l’impalcatura che tiene in piedi uno dei dogmi più insidiosi e castranti che esistano: la sacralità del sesso. Intervista ad Alice Scornajenghi, creatrice dell’acclamata fanzine erotica Ossì, spazio per una narrativa porno di qualità.

Raffaella Mottana
Soli

Il tema tabù coinvolge anche la questione delle nuove coppie: troppie, coppie aperte, poliamoros*. E proprio a questo è ispirato questo racconto. Un altro frutto della collaborazione con Accento Edizioni con i suoi promettenti, brillanti giovani autori. 

Francesco Ferreri
Tabù, tra paura e controllo

Il potere dei tabù: strumenti sociali di controllo e l’influenza infettiva all’interno dei gruppi, anche lgbtqia+.

Giulia Paganelli
Corpi grassi: tabù e identità nella comunità LGBTQIA+

Grassofobia: la battaglia contro gli stereotipi nella comunità LGBTQIA+, nell’era di Sam Smith.

Ali Bravini
Basta un pezzo di carta (?)

Tabù di genere e percorsi trans: la necessità di un cambio radicale.

Luca Ragazzi
La sessualità tra gli anziani nel cinema: oltre il tabù 

Desiderio e intimità: rappresentazioni della sessualità tra anziani, oltre gli stereotipi. Ecco un’antologia dei film che trattano (bene) l’argomento. 

Egizia Mondini e Alessandro Michetti
Lo stigma della depressione

Intervista al Trio Medusa, ambassador della campagna “La Depressione non si sconfigge a parole”.

Valeria Scancarello
Il “peso” dello stigma: centimetri della mia storia

Affrontando la grassofobia: una riflessione personale sulla società e l’accettazione di sé.

Egizia Mondini
L’editoriale – Nuove mappe per orientarsi

C’è venuta voglia di indagare nuove geografie, zoomando sui dettagli, sbirciando dentro i vicoli delle nostre sfumature, vedendo fino a che punto ci siamo spinti alla scoperta di nuovi territori, ridisegnando la mappa del nostro ecosistema. Ne è emersa una nuova cartografia della comunità lgbtqia+, e non solo, intrigante e stimolante, ma con confini mai troppo definiti. Non vi resta che sfogliare l’atlante insieme a noi.

Isabella Borrelli
Il linguaggio inclusivo fa schifo

“Vi inventate sempre nuove parole” è l’accusa più diffusa e fessa mai fatta alla comunità lgbtqia+. Il linguaggio neutro ha provato a proporre nuove mappature che scardinassero il maschile universale. L’utilizzo di linguaggi neutrali e non binari ha avvistato una nuova terra del linguaggio queer. La rottura del paradigma, della norma e del cambiamento è invece non solo qualcosa a cui aspirare ma una pratica politica. E’ anche attraverso il cambiamento e sovvertimento del linguaggio che pratichiamo la nostra dissidenza. E affermiamo la nostra esistenza. 

FRAD
Non si può più dire niente?

Sembra l’argomento del momento, anche in bocca a chi ancora fa fatica a capirne il senso. Un senso prima ancora umano che politico. E allora noi, abbiamo pensato di prenderci anche un po’ in giro. Per non farci dire che ci prendiamo sempre e solo troppo sul serio. E chi meglio di FRAD poteva riuscirci? Ma davvero con noi persone LGBQTQIA+non si può più dire niente? E non si può scherzare? Per fortuna ci sono le vignette di Frad.

Antonia Caruso
È davvero inclusivo parlare inclusivo? 

Abbiamo iniziato davvero a credere che cambiando le parole sarebbe cambiato il mondo. Se non ché, il resto del mondo continua a non saper né leggere né scrivere e la lingua del futuro non sarà sicuramente l’italiano.

Jennifer Guerra
Il movimento trans-femminista oggi in Italia

Non solo grandi città. Dalle Case delle donne ai centri antiviolenza; l’importante rete di supporto della rete transfemminista italiana cresce nei piccoli centri con oltre 150 gruppi e iniziative.

Gayly Planet
Le nuove geografie del turismo LGBTQIA+

Dai Grand Tour ai Gay Camp: il turismo LGBTQIA+ in Italia racconta la storia della nostra comunità, dall’Ottocento fino ai giorni nostri.

Vincenzo Branà
L’importanza dei pride di provincia

Piccoli centri, grandi Pride: dal caso di Latina a quello di Campobasso, dalla crescita di Ragusa all’abbraccio orgoglioso di Lodi. E se la politica LGBTQIA+ ripartisse da qui?

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