AUT Magazine

Fuori dai binari: una prospettiva che sfida le convenzioni di genere

di Ali Bravini 
Se un Dio esiste è sicuramente non binario. Allora chi siamo noi umani per pretendere di doverci descrivere come maschi o femmine? E’ necessario restituire consistenza a prospettive invisibilizzate da un binarismo imposto che da secoli caratterizza la nostra cultura e spesso anche la visione della nostra comunità LGBTQIA+.
simone ok

Per non binarismo, non-binary o “enby”, si intendono tutte quelle identità di genere che non si ritrovano all’interno del cosiddetto “binarismo di genere” che classifica gli esseri umani in maschio, femmina. Parliamo quindi di un vasto spettro di espressioni individuali, come ad esempio non appartenere a nessun genere (agender), a più di un genere (bigender, multi-gender, pangender), un’oscillazione tra diversi generi (genderfluid), l’identificazione con un genere “altro” o “neutro” (genderqueer, gender variant, two-spirits) o una parziale identificazione con il genere maschile o femminile (demiboy, demigirl), etc.

L’affermazione della fluidità del genere ci restituisce non un solo modo di essere non-binary (e no, non vi dobbiamo nessuna androginia) ma una pluralità di identità e di modi per esprimere il proprio genere.
Negli ultimi anni abbiamo assistito a un sensibile aumento di persone che si identificano come non binarie o al di fuori del binarismo di genere ma abbiamo vari esempi storici e mitologici in tempi molto più lontani, come ad esempio gli eunuchi, i femminielli napoletani, hijra in India o two-spirits nell’America del nord; questɜ ultimɜ rappresentano una variante interessante, in quanto riconosciutɜ socialmente con un ruolo spesso cerimoniale e talvolta sacralizzatɜ come dono divino. Non pochi anni fa fece scandalo negli Stati Uniti una rilettura dell’Antico Testamento che individuava il Dio ebraico-cristiano come una figura agender o al di sopra del genere.

Nelle società occidentali contemporanee siamo abituatɜ a ragionare in termini binari ma è bene ricordare che quest’impostazione mentale, culturale e anche legale è molto recente: è solo nel corso del XVIII secolo che inizia ad affermarsi un irrigidimento del ruolo della donna impostato sulla passività e sull’idealizzazione della maternità mentre quello maschile diventava un genere “attivo e forte”. L’affermazione di un rigido binarismo nei ruoli di genere è una novità squisitamente settecentesca e non una diretta emanazione di una presunta “realtà biologica” che pur ci restituisce di continuo combinazioni atipiche di geni, genitali, livelli ormonali, etc; una novità portata avanti negli ultimi due secoli da una politica di controllo dei corpi da parte del sistema Stato-nazione, da politiche eugenetiche di miglioramento della razza, di natalità e sterilizzazione sfociate anche, purtroppo, nei grandi orrori del Novecento. 

Il rifiuto della visione dicotomica del genere ci accomuna sotto l’ombrello Trans*, anche se non tutte le persone non-binary si definisce anche trans. Le persone non binarie possono sperimentare o meno differenti gradi di incongruenza o disforia di genere ed è importante sottolineare la distinzione che esiste tra la disforia fisica e disforia sociale. La prima riguarda una sensazione di disagio che si prova con il proprio corpo o solo con alcune parti di essa mentre la seconda ha a che fare l’espressione di genere e il ruolo in cui la persona vuole essere riconosciuta e percepita dal resto della società; si può provare disforia fisica su caratteri sessuali primari e/o su quelli secondari come il seno, la voce, la crescita dei peli, etc. ma si può anche provare disforia sociale senza provare disagio con il proprio corpo.

È qui che però si crea uno dei punti di rottura interni: la comunità T* continua a spaccarsi sulla medicalizzazione, elemento di affermazione di una cosiddetta “normatività trans”: insomma, se non hai intenzione di intraprendere un percorso di terapia ormonale o una serie di operazioni chirurgiche, non sei “abbastanza trans” e arrivederci. Dal punto di vista sanitario non tutte le persone non binary vogliono “transitare”: ad esempio, moltɜ vorrebbero la terapia ormonale in“microdosing”, altrɜ vorrebbero solo la “top surgery” o nessuna operazione, mentre una delle battaglie che si sta consumando a livello mondiale è quella della “X”, una possibilità terza del genere sui documenti.

La questione della disforia sociale ci porta al problema del cosiddetto privilegio del cis-passing. Cos’è il cis-passing se non l’obiettivo della transizione?

Però, senza una critica transfemminista del privilegio, diventa quella approvazione silenziosa da parte del mondo cis-eteronormato ottenuta al costo dell’adeguamento dell’espressione di genere e della sua fluidità. Il non binarismo è quindi anche una critica e una sfida al sistema patriarcale e cis-eteronormato, ai ruoli di genere e al sistema binario in cui il mondo trans* e la comunità LGBTQIA+ sono ancora immersi e che ripropongono quotidianamente; una sfida ad un sistema economico e politico che si fonda sulla divisione dei ruoli di genere, dall’educazione al mondo della cura e del lavoro, passando per la marginalizzazione di chiunque rappresenti una sfida al modello binario.
Non è casuale che si alzino poi cori di indignazione contro l’uso della shwa e contro i pronomi neutri all’interno della lingua italiana, quasi una schizofrenica reazione che parte dal classificare i nostri bisogni come capricci e finisce con tanto di petizioni da parte di personaggi famosi, intellettuali o presunti tali.

Eppure, ricordiamolo, il deadnaming e il misgendering sono microviolenze quotidiane che possono pesare molto sulla salute mentale delle persone, così come la discriminazione medico-sanitaria le allontana da medici e controlli e così via. Non parliamo di opinioni, dell’essere contrari o a favore di un asterisco o di una “e rovesciata”: da una parte c’è l’esistenza, i bisogni e il dolore di una fetta della popolazione, dall’altra l’invisibilizzazione. 

In fondo in Italia abbiamo ancora bisogno di un riconoscimento legale della nostra esistenza. La legge 164/82 regola una “transizione completa” (che, ahimé, non esiste) con delle tappe ben definite: relazione psichiatrica-terapia ormonale-interventi chirurgici (tra cui la sterilizzazione)-rettifica dei documenti. Rispetto a quarant’anni fa oggi è una legge che ci sta molto stretta e non possiamo andare avanti appellandoci alle singole decisioni di singolɜ giudicɜ come negli ultimi anni. Oltre a non prendere in considerazione l’esistenza delle realtà non binarie, porta avanti un’idea deleteria di normazione delle persone trans* da parte di una società che può accettarci solo se passiamo da da un binario all’altro, se ricadiamo negli stereotipi di genere e ci comportiamo come una persona cis, punto e basta.

Se stai nel mezzo dai fastidio, sei un freak, attiri l’attenzione, metti in cattiva luce le persone trans*.

Per questo abbiamo bisogno di una legge che riconosca l’esistenza, l’autodeterminazione e le volontà delle identità non binarie. Abbiamo bisogno di una legge che depatologizzi il percorso, che ci permetta di avere accesso alla TOS con un consenso informato e che la parte psicologica e psichiatrica sia uno strumento che lo Stato offre a disposizione, senza obbligare. Abbiamo bisogno di una legge che preveda il microdosing e un percorso più a misura di persona, che preveda una terza opzione sui documenti e che permetta la rettifica senza dover essere sotto TOS e senza sottoporsi a operazioni chirurgiche obbligatorie. 

Abbiamo bisogno di non essere più invisibilizzatɜ, di avere una giusta rappresentanza, di mettere a critica il binario uomo-donna ma anche quello cisgender-transgender, di mettere in discussione un sistema culturale, sociale, politico ed economico in chiave queer e transfemminista, un sistema che ha fin troppo paura di accettare la fluidità del genere, di scardinare quel binarismo su cui si fonda il suo potere. 

[DIGITAL ART: Simone Pieri – IG: @simoneatestaccio e @simone_from_mars]

 



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Livia Patta
Una mappa verso il Sé: le costellazioni familiari

Accettazione e identità, liberando il passato e imparando dal lessico familiare. Il potere dei legami relazionali cambiano vite, costruiscono comunità, generano galassie.

Luca Ragazzi
Guida per orientarsi nelle piattaforme on demand

Se parliamo di mappe per orientarsi, allora sappiamo bene quanto possa essere utile una guida per non perdersi nei meandri labirintici e infiniti dei film a tematica lgbtqia+ delle library delle piattaforme on demand. Questa la nostra.

Alessandro Michetti
Via Balilla, è così che dovrebbe andare il mondo

Esplorando uno dei quartieri più accoglienti della comunità LGBTQIA+ a Roma, protagonista del documentario “Noi qui così siamo” di Maurizio Montesi.

Collettivo “La Gilda del Cassero”
Geografie queer dal pianeta nerd

La Gilda di Bologna da anni promuove i giochi da tavolo come strumento di impatto sociale e politico per le persone LGBTQIA+, battendosi per una giusta rappresentazione e decolonizzazione degli immaginari ludici.

Mohamed Maalel
Palermo è la mappa del mio corpo

Un diario pieno di coordinate alla ricerca di ricordi, aspettative e identità, nella capitale più LGBTQIA+ della Sicilia. Il racconto intimo e personale di un pugliese, per metà tunisino, che lascia la sua terra per un posto tutto nuovo: la Palermo di oggi.

Nicolò Bellon
Guida agli uomini passati di qua

Tra le note di Milva e Dalla, tra le strade di Roma e Biella, il giovane scrittore Nicolò Bellon disegna una mappa di ricordi, sentimenti e malinconie.

Alessandro Michetti
Chieti, la provincia che vive in mille città

Vivere l’identità LGBTQIA+ nei piccoli centri e il bisogno di spazi sicuri e protetti dall’omotransfobia: un’intervista al consigliere Arcigay di Teramo, Fabio Milillo.

Edoardo Tulli
Per una città diversa in una società di uguali

Una lotta che dal 1994 arriva a oggi: un progetto di riqualificazione per rompere i confini e accogliere la comunità del Palazzo Mario Mieli nel quartiere San Paolo a Roma.

Giacomo Guccinelli
Asessualità e aromaticismo. Identità politiche e narrativa dell’assenza

Le persone aroace, asessuali e aromantiche, sono identità che problematizzano, mettono in dubbio e si sottraggono da ciò che la maggioranza pensa sia normale all’interno delle dinamiche relazionali. Disegnando nuove geografie dei rapporti.

Simone Gambirasio
Corpi disabili, corpi invisibili

I luoghi di visibilità LGBTQIA+ sono davvero così accessibili per le persone con disabilità?

Antonia Caruso
Occhio non vede, cuore non vota

L’invisibilità si crea con l’esclusione dal campo visivo, è un processo attivo e selettivo per annullare l’essenza dell’altro. Ed è soprattutto all’interno della popolazione trans che troviamo un gatekeeping interno.

Stephan Mills
Il mio corpo intersex invisibile

Perché così poche persone conoscono la realtà intersex? E’ tempo di rendere più visibile una realtà ancora troppo poco conosciuta: quella dei corpi intersex. Un percorso di lotta per ottenere i cambiamenti desiderati e di accettazione degli aspetti che non vogliamo cambiare. 

Egizia Mondini e Alessandro Michetti
L’editoriale: Invisibili

Essere visibili è un atto politico, di autoaffermazione, autodeterminazione e affrancamento, ma anche un’urgenza esistenziale, oltre che di condivisione. Perché “fuori dalla collettività c’è solo la mitomania”. 

Aldo Mastellone
Comunità trans nello sport: quando rendersi visibili è rivoluzione

La situazione delle persone LGBTQIA+ nello sport agonistico. Intervista a Guglielmo Giannotta, Presidente di ACET, Associazione per la Cultura e l’Etica Transgenere.

Ambra Angiolini
Come la politica e l’economia sfruttano la nostra invisibilità

Far tornare le nostre diverse identità gli unici luoghi davvero interessanti da visitare, è la rivoluzione che dobbiamo mettere in atto.

Francesco Lepore
Sacerdoti omosessuali al bivio

Da una voluta invisibilità al bisogno di coming out. Anche in Vaticano.

Daniele Coluzzi
L’omosessualità nella letteratura italiana: una storia di invisibilità

Da Michelangelo a Tasso, come gli artisti hanno usato le loro opere per celebrare i propri amori.

Paolo Di Lorenzo
Il “cucciolo” che spaccò l’America in due

Il coming out di Ellen DeGeneres e una Hollywood piena di armadi che non fu più la stessa.

Loredane Tshilombo
Black Queerness: quando sei abituato a essere invisibile

Nella presunta visibilità queer conquistata c’è l’invisibilità delle persone non bianche: il dibattito politico e la sfida del rispetto sociale in una società che riesce a convivere con più di venticinquemila persone black and brown morte o disperse nel Mediterraneo negli ultimi dieci anni.

Luca de Santis
Come sta cambiando l’identità fascista

I simboli nostalgici si legano a felpe alla moda, gli smartphone branditi al posto di bibbie e crocifissi, spariscono le divise militari scoprendo corpi muscolosi e cappelli di pelliccia. “Etero Pride”, “All lives metters”, “Libertà di essere madri”: i nuovi fascisti si appropriano dei nostri riferimenti e delle nostre parole, per mostrarsi più accettabili ma mantenendo gli strumenti di sempre: violenza e oppressione.

Luca Ragazzi
Quando il cinema queer era invisibile, o quasi

Veloce rassegna dei film italiani che hanno contribuito alla lotta per i diritti LGBTQIA+.

Matteo Albanese
Bisessualità: un orientamento doppiamente al margine

Secondo la comunità gay e lesbica, i bisessuali sono uomini gay velati e le bisessuali donne etero opportuniste. Secondo la società eterosessuale le persone bisessuali sono ingorde e insaziabili a livello sessuale, più portate alla promiscuità e alla non-monogamia. Non c’è da stupirsi che il pensiero bisessuale sia praticamente sconosciuto in Italia. Più invisibilità di così…

Mohamed Maalel
Non sono più un uomo

Un racconto inedito che parla di multiculturalità, identità, invisibilità.

Ali Bravini
Fuori dai binari: una prospettiva che sfida le convenzioni di genere

Se un Dio esiste è sicuramente non binario. Allora chi siamo noi umani per pretendere di doverci descrivere come maschi o femmine? E’ necessario restituire consistenza a prospettive invisibilizzate da un binarismo imposto che da secoli caratterizza la nostra cultura e spesso anche la visione della nostra comunità LGBTQIA+.

Roberto Gualtieri
40 anni di storia nella città di Roma

L’obiettivo dell’Amministrazione romana è quella di rendere la città sempre più accogliente, giusta e in ascolto. Una sfida che deve essere vinta assolutamente.

Egizia Mondini e Alessandro Michetti
The Luxurian Age of Muccassassina

Intervista a Vladimir Luxuria, ex direttrice artistica di Muccassassina. Per scoprire come nasce un mito.

Antonia Caruso
In questa notte tutte le vacche sono gay

Chissà se a Mario Mieli avrebbe fatto piacere diventare mariomieli, martire, eroina, poeta e anche stencil. Antonia Caruso ha tratteggiato per noi un suo personalissimo ritratto, irriverente, ironico, punk, di quel Mario Mieli di cui portiamo il nome da 40 anni. Un Mario Mieli eccessivo ma mai eccedente. 

Monica Cirinnà
Unioni civili, divisioni politiche

Più che il percorso di una legge, un’epopea omerica, fatta di insidie, tradimenti e successi che alla fine hanno portato al (desiderato?) approdo. A ripercorrerlo insieme a noi è Monica Cirinnà.

Mario Colamarino
Il Mario Mieli è di nuovo Aut

Il Magazine del Circolo è tornato in circolazione, stavolta on line. Il Presidente del Circolo Mario Mieli, in veste di editore, ci spiega la spinta che ha portato a questo ritorno.

Isabella Borrelli
Si è fr**i anche per il culo degli altrə

Chi era Mario Mieli? L’intellettuale, il filosofo, lo scrittore, l’avanguardista? A proporci una sua rilettura è Isabella Borrelli, attivista lesbofemminista intersezionale.

Vanni Piccolo
Da AMOR al Mieli

Il Circolo Mario Mieli secondo Vanni Piccolo, presidente dal 1984 al 1990.

Deborah Di Cave
La storia di un circolo a cui devo anche un po’ la mia

La prima presidentessa nella storia del Mario Mieli ci racconta il suo Circolo.

Sebastiano Secci
Pride e Resistenza

Era il 2019 e gridavamo: chi non si accontenta lotta. A raccontarcelo, l’allora presidente Sebastiano Secci.

Rossana Praitano
Anniversario di rubino

Rosso come il rubino simbolo di quest’anniversario e come la passione per l’attivismo politico della ex presidentessa Rossana Praitano

Emiliano Metalli
Teatro di lotta: Norme, Traviate e Mieli on stage

Una retrospettiva su Mario Mieli drammaturgo. Perché sì, fu anche questo.

Emiliano Metalli
Mario Mieli autore, regista, costumista, scenografo, truccatore: qualcosa di magico

Osserviamo Mario Mieli attraverso la lente del teatro: una figura di intellettuale complesso, agitatore culturale, politico dissacrante, controcorrente, avanguardista, spesso inarrivabile e in anticipo su temi e metodologie. 

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