Carolina Morace è una che di scese in campo ne ha fatte tante: per la nazionale di calcio femminile, in politica, nella scelta di fare coming out, sposando la compagna e diventando, con la sua vita di personaggio pubblico, un esempio di onestà intellettuale in un mondo, quello del calcio, dove se ne vede poca (e tutto sommato anche la politica non scherza).
Avvocata, emblema del calcio femminile italiano, è stata la prima donna alla guida di una squadra professionistica maschile, commissario tecnico della Nazionale di calcio femminile dell’Italia e di altri paesi. Oggi è senatrice al Parlamento Europeo per il Movimento 5 Stelle. Di se stessa dice: “Sono stata la prima in tante cose. Adesso punto a conquistare la vera emancipazione attraverso l’autenticità”.
Il 28 giugno sarà a Budapest – dove ci saremo anche noi – a portare il sostegno della comunità italiana al Pride ungherese, ufficialmente vietato dal governo, e per questo i manifestanti potrebbero incorrere in multe o altre sanzioni. Abbiamo voluto parlarne con lei prima della partenza.
Prima di tutto, perché il governo ungherese lo ha fatto?
Da anni il governo ungherese di Orban porta avanti una ideologia primatista che reprime le minoranze, le libertà e i diritti. Davanti a questa escalation della barbarie mi chiedo come sia possibile che questo Paese sia entrato nell’Unione europea e ne sia ancora membro. Vietare il diritto di manifestazione per un evento come il Pride è aberrante, per questa ragione andrò personalmente a Budapest assieme a tanti altri europarlamentari per portare pacificamente e liberamente la nostra solidarietà alla comunità Lgbt+ ungherese che da anni è costretta a espatriare o a vivere nell’ombra.
Lei è un’europarlamentare quindi conosce piuttosto bene gli stati membri. Dal punto di vista dei diritti per la comunità LGBTQI+, qual è lo stato che più “invidia” e per quale motivo?
Sono molti i Paesi europei che hanno una legislazione molto avanzata in difesa dei diritti della comunità LGBTQI+: Olanda, Belgio, Spagna. Ricordo anche che recentemente la Francia ha approvato una legge che autorizza la procreazione medicalmente assistita a tutte le donne, anche quelle single e quelle sposate con altre donne. Mentre sottolineo che in Gran Bretagna, Germania e Grecia il matrimonio egualitario non è stato approvato da governi di centro-sinistra ma da maggioranze formate da partiti conservatori, a testimonianza che sui diritti dei cittadini tutte le forze politiche dovrebbero pensarla allo stesso modo. Non è così in Italia dove la destra si ispira invece ai modelli illiberali alla Orban e Putin.
Ci sono secondo lei rischi di “infezione” di altri stati europei che vede potenzialmente esposti al contagio della privazione dei diritti per la nostra comunità?
Purtroppo, sì. Orban è un modello per molte destre in Europa, pensiamo a quelle italiana, polacca, spagnola e portoghese, ma la cosa ancora peggiore io credo che sia quella che rappresenti un incentivo a non cambiare, a non andare avanti per molti Paesi dell’Est Europa, a guida anche moderata, che per paura di derive alla Orban nel proprio Paese, non avviano quelle riforme coraggiose sui diritti civili che sono attese da anni.
Orban mette al bando i Pride. La Regione Lombardia non concede il patrocinio a Milano (per l’ennesima volta). Sono provvedimenti così tanto distanti tra di loro?
Sono provvedimenti che nascono dalla stessa matrice: l’odio verso le diversità, quando invece le diversità sono il sale di società aperte, plurali, competitive e forti. La Lombardia è una delle regioni più avanzate del Paese, mi chiedo come possa essere governata da politici così miopi e retrogradi.
Cosa l’ha portata ad entrare in politica?
La voglia di cambiare le cose. Io sono sposata da oltre 10 anni con Nicola e quando penso che in troppe parti d’Europa molte donne non possono essere felici, come lo sono io con lei, mi viene una gran rabbia. Modelli positivi e vincenti possono cambiare la mentalità delle persone e le politiche pubbliche. Inoltre, mi permetta di aggiungere che viviamo in tempi bui dove ai confini dell’Europa, in Ucraina e a Gaza, si combattono due guerre feroci e drammatiche. Lottare per affermare la pace e la giustizia dei popoli è un mio impegno quotidiano che onoro al Parlamento Europeo.
Il calcio è rinomatamente un ambiente maschilista e lei lo conosce bene. Quello politico invece?
Non percepisco tantissime differenze. Le racconto un aneddoto. All’inizio della legislatura ho notato che troppo spesso, negli eventi istituzionali organizzati al Parlamento Europeo, la maggioranza degli esperti invitati come relatori erano uomini. Questo malcostume non nasce dalla mancanza di esperte, ma per dinamiche consolidate nella selezione dei relatori, che non tengono pienamente conto della presenza di professioniste qualificate in diversi settori. Per risolvere questo problema ho proposto di creare un database di esperte suddiviso per aree tematiche a cui tutti gli europarlamentari possano accedere quando organizzano eventi. Questo strumento permetterebbe di aumentare la rappresentanza femminile nei panel e nei dibattiti istituzionali e dare visibilità alle competenze delle donne nei vari settori. Mi auguro che questa proposta venga presto implementata.