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Forever Young? Cronache (semiserie) della vecchiaia queer nella città che non invecchia mai

Per molti gay, il corpo non è mai stato solo carne: è stato passaporto, armatura, statement politico. Ma cosa succede quando comincia a cedere? Quando gli addominali diventano un ricordo annebbiato e i contorni del viso iniziano una silenziosa ribellione? New York è la città del futuro. Ma, per quanto corra avanti, pare dimenticarsi regolarmente una piccola verità: che il futuro, se tutto va bene, invecchia. Male, se sei gay. In una cultura che ci vuole perennemente “ready for the weekend”, essere vecchi e visibili è un atto poetico. E anche politico. Una nuova, tagliente, puntata della rubrica del nostro corrispondente da New York.
Carroll Gardens blu

Invecchiare da omosessuale a New York — sì, accade anche altrove, ma vi assicuro che qui è particolarmente sentito — è un esercizio di acrobazia emotiva degno del Cirque du Soleil. È come danzare in una discoteca mentre il DJ cambia traccia all’improvviso, e tu, ancora convinto di ballare al ritmo giusto, ti accorgi che i glutei non rispondono più come una volta. Parlo per esperienza diretta: vado per i 59, e mi rendo conto, con crescente lucidità, che ciò che mi resta da vivere è molto meno di quanto ho già vissuto.

Le riflessioni che seguono mi sono venute al The Eagle, un sabato pomeriggio, mentre sorseggiavo un gin tonic e osservavo un uomo — visibilmente anziano, con una ricrescita bianca su capello color mocassino, canotta in lycra e pantaloncini corti — che lanciava sguardi ammiccanti a un gruppo di ragazzi più giovani. C’era, nel suo sguardo, una disperata richiesta di approvazione. Mi ha fatto tenerezza. Ho avuto l’impulso di abbracciarlo. Poi ho pensato che forse mi avrebbe respinto con un secco: “Gira al largo, vecchio.”

Il loop gay dell’eterna adolescenza

Molti uomini gay che a New York hanno trovato, negli anni, un palcoscenico su cui essere finalmente se stessi — e per un po’, anche molto desiderabili — si ritrovano, superata una soglia non dichiarata ma universalmente percepita, intrappolati in una ripetizione stanca. Gli stessi locali, gli stessi look, le stesse playlist house remixate. Solo che ora sono fuori fuoco. Fuori target. Fuori tempo massimo.

Dove vanno a morire i daddy?

La cultura gay urbana, così creativa e spavalda, ha tralasciato un dettaglio: progettare la vecchiaia. Si passa da twink a daddy con la rapidità di una story su Instagram, ma poi? Silenzio. Nessuna narrativa, nessun modello, nessun mito. Solo un lento scolorire del profilo — sociale, sessuale e digitale.

Eppure, proprio quelli che hanno attraversato l’AIDS, le marce, le battaglie per i diritti, la trasformazione da clandestinità a visibilità, dovrebbero essere i pionieri di una nuova vecchiaia queer. Una vecchiaia stratificata, fertile (di idee, precisiamo), piena di memoria e prospettiva. Invece molti restano inchiodati a un’identità fissata intorno ai 35-40. Addominali in leasing, abbonamento perpetuo al CrossFit, e un’incapacità quasi affettuosa di riconoscere che il tempo della festa come “performance di sé” è finito. Ma questo non significa che la felicità lo sia.

Quando il corpo smette di vendere

Per molti gay, il corpo non è mai stato solo carne: è stato passaporto, armatura, statement politico. Ma cosa succede quando comincia a cedere? Quando gli addominali diventano un ricordo annebbiato e i contorni del viso iniziano una silenziosa ribellione?

Parlando con Jeffery, il mio vicino settantaduenne — ex danzatore di Broadway – gli ho raccontato che stavo scrivendo un pezzo sull’ageismo nella comunità gay. Mi ha sorriso con calma. “A un certo punto ho smesso di inseguire la mia immagine giovane,” mi ha detto. “Ho iniziato a insegnare danza ai ragazzi queer. E per la prima volta, mi sono sentito bello… senza dover essere desiderato.”

Una rivoluzione silenziosa, la sua. Non il corpo che seduce, ma il corpo che ispira. Non il corpo che esige, ma il corpo che racconta.

New York, città che non tollera la fine

New York è allergica alla morte. La rimuove, la ignora, la finge inesistente. E siccome la vecchiaia le somiglia un po’ troppo, la tratta allo stesso modo. È la città che non dorme mai perché ha paura di svegliarsi vecchia. Chi invecchia davvero, spesso, evapora: si fa invisibile, inudibile, impresentabile.

La nightlife gay lo conferma: una passerella sfavillante e spietata. Un tempo eri il pezzo forte. Ora sei quello che osserva dal fondo della sala. I più tenaci cercano di restare nel catalogo con filler, filtri e flash, in un lavoro costante — e costoso — di manutenzione estetica. Tempo e denaro che, volendo, si potrebbero investire in altro. In libri, relazioni, orti urbani, chissà.

Oscar Wilde, con il solito acume tagliente, lo aveva già detto: “La tragedia della vecchiaia non è essere vecchi, ma essere giovani troppo a lungo.” In una cultura dove la giovinezza è religione, ogni ruga è un’eresia.

L’ultima vera rivoluzione

Invecchiare è forse l’ultima cosa veramente nuova che possiamo fare. Un territorio inesplorato per chi ha vissuto tutta la vita nell’orbita del desiderio altrui. Ma anche, forse, la fase più autentica. Quella in cui non dobbiamo più piacere a tutti i costi. Possiamo semplicemente… essere.

Susan Sontag scriveva: “Il contrario della vecchiaia non è la giovinezza. È la morte.” Perché allora non trattare questa terza fase come un privilegio raro? Un tempo per trasmettere, restare, costruire. Per amare — meno fragorosamente, più profondamente.

Una conclusione (con le rughe)

Forse dovremmo pensare alla vecchiaia come a un secondo coming out. Faticoso, ironico, ma profondamente liberatorio. In una cultura che ci vuole perennemente “ready for the weekend”, essere vecchi e visibili è un atto poetico. E anche politico.

Sì, magari hai le rughe. Magari indossi Birkenstock a gennaio. Magari ti addormenti prima delle due, anche nel Pride weekend. Ma balli ancora al The Eagle. E per una volta, balli per te stesso. Non per essere guardato. Ma per sentirti vivo. E questa, cari twink, è la vera libertà.

[🏳️‍🌈 Durante la stesura di questa rubrica l’autore ha realizzato questa playlist. Ascoltala qui: PRIDE POOL PARTY]

 

***

ENG VERSION

Forever Young?
Semi-Serious Chronicles of Queer Aging in the City That Never Grows Old

New York is the city of the future. But no matter how fast it rushes ahead, it seems to regularly forget one small truth: that the future—if all goes well—gets old. Badly, if you’re gay.

Growing old as a gay man in New York—yes, it happens elsewhere too, but trust me, here it hits differently—is an emotional acrobatic act worthy of Cirque du Soleil. It’s like dancing at a club when the DJ suddenly changes the track, and you, still convinced you’re in sync, realize your glutes aren’t keeping up like they used to. I speak from experience: I’m pushing 59, and I’m becoming increasingly clear-eyed about the fact that what lies ahead is far less than what I’ve already lived.

These reflections came to me at The Eagle, on a Saturday afternoon, while I was sipping a gin and tonic and watching a man—clearly older, with white roots showing under moccasin-brown dyed hair, wearing a lycra tank top and short shorts—casting flirtatious glances at a group of younger guys. In his eyes, there was a desperate need for validation. It moved me. I had the urge to hug him. Then I thought he might brush me off with a sharp, “Beat it, old man.”

The Gay Loop of Eternal Adolescence
Many gay men who, over the years, found in New York a stage on which they could finally be themselves—and, for a time, even highly desirable—find themselves, once past a certain unspoken but universally felt threshold, trapped in a tired loop. Same clubs, same looks, same remixed house playlists. Only now they’re out of focus. Off-target. Past their prime.

Where Do the Daddies Go to Die?
Urban gay culture—so creative and bold—has overlooked one detail: planning for old age. You go from twink to daddy faster than an Instagram story. But then what? Silence. No narrative, no model, no myth. Just a slow fading of your profile—social, sexual, and digital.

And yet, those who lived through AIDS, the marches, the fights for rights, the shift from hiding to visibility—those very people should be the pioneers of a new kind of queer aging. An aging that is layered, fertile (with ideas, to be clear), full of memory and perspective. Instead, many remain stuck in an identity frozen around age 35–40. Abs leased, eternal CrossFit memberships, and an almost endearing inability to recognize that the party—as a performance of self—is over. But that doesn’t mean happiness is.

When the Body Stops Selling
For many gay men, the body was never just flesh: it was a passport, armor, a political statement. But what happens when it starts to give out? When abs become a fuzzy memory and your facial features begin a quiet rebellion?

Talking with Jeffery, my 72-year-old neighbor—former Broadway dancer—I told him I was writing a piece on ageism in the gay community. He smiled gently.
“At a certain point, I stopped chasing my younger image,” he told me. “I started teaching dance to queer kids. And for the first time, I felt beautiful… without needing to be desired.”

A quiet revolution, his. Not the body that seduces, but the body that inspires. Not the body that demands, but the body that tells a story.

New York, a City That Doesn’t Tolerate Endings
New York is allergic to death. It deletes it, ignores it, pretends it doesn’t exist. And since old age resembles it a little too closely, it gets the same treatment. This is the city that never sleeps because it’s afraid to wake up old. Those who truly age often just… evaporate: they become invisible, unheard, unwelcome.

The gay nightlife scene proves it: a dazzling, ruthless runway. Once, you were the main attraction. Now you’re the one watching from the back of the room. The most determined try to stay in the catalog with fillers, filters, and flash—an ongoing (and expensive) aesthetic maintenance project. Time and money that, arguably, could be invested elsewhere. In books, relationships, urban gardens—who knows.

Oscar Wilde, with his usual sharp wit, already said it: “The tragedy of old age is not that one is old, but that one is young for too long.” In a culture where youth is a religion, every wrinkle is heresy.

The Last True Revolution
Growing old might be the last truly new thing we can do. An unexplored territory for those who’ve spent a lifetime orbiting around the desire of others. But perhaps also the most authentic stage—the one where we no longer need to please at all costs. We can simply… be.

Susan Sontag once wrote: “The opposite of old age is not youth. It’s death.” So why not treat this third act as a rare privilege? A time to pass things on, to stay present, to build. To love—less noisily, more deeply.

A Conclusion (With Wrinkles)
Maybe we should think of aging as a second coming out. Exhausting, ironic, but deeply liberating. In a culture that wants us perpetually “ready for the weekend,” being old and visible is a poetic act. And a political one, too.

Yes, maybe you have wrinkles. Maybe you wear Birkenstocks in January. Maybe you fall asleep before 2 a.m., even during Pride weekend. But you still dance at The Eagle. And for once, you dance for yourself. Not to be seen. But to feel alive. And that, dear twinks, is real freedom

[🏳️‍🌈 Read and listen this playlist: PRIDE POOL PARTY]

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Luca Ragazzi
40 anni di pride attraverso il cinema

Abbiamo fatto passi da gigante da quel ’94 del primo Pride italiano e il cinema e la televisione, da sempre specchio della società, lo hanno saputo raccontare bene. Anzi, talvolta, è lecito pensare che abbiano aiutato il dibattito, mostrando quantomeno modelli diversi da quelli veicolati dalle barzellette e nel migliore dei casi, traghettando il paese verso il progresso. Ripercorriamo insieme i film più significativi per la comunità.

Chiara Sfregola
Le unioni civili ci hanno regalato l’illusione di essere un Paese normale

Le istanze dei Pride dal 1994 a oggi sono cambiate? E come si sono evolute? Un dato è certo: volevamo una legge contro l’omolesbotransfobia e non l’abbiamo. Sono passati 8 anni dall’approvazione delle unioni civili e del matrimonio egualitario nemmeno l’ombra. Si sta avverando la profezia paventata da Famiglie Arcobaleno all’epoca, e cioè che questa legge “contentino”, incompleta a causa dello stralcio della stepchild adoption, non sarebbe stata toccata per 10 anni. Poi dicono che i Pride non servono più…

Isa Borrelli
Nostra è la rabbia

Il primo Pride fu rivolta. E mai come oggi in Italia e nel mondo lottiamo per la sopravvivenza. Viviamo sotto un governo fascista che perseguita le persone trans* e nonbinarie, le coppie omogenitoriali e lesbiche, che picchia studenti, ostacola il diritto all’aborto, nega una casa e un salario minimo a una popolazione sempre più povera, ma soprattutto è complice di un genocidio che osserviamo sempre più assopiti dagli smartphone. E’ tempo di riprendenderci spazi, luoghi e potere di parola.

Alessandro Michetti
Scie luminose queer al METEORE Fest 2024

Quest’anno non dovremo aspettare la notte di San Lorenzo per vedere delle meteore attraversare il cielo, basterà puntare il nostro sguardo verso gli spazi di Roma Smistamento fino al 15 giugno e di BASE Milano dal 21 al 29 giugno. A sprigionare l’energia detonatrice queer sarà il METEORE Fest – Lo spazio è queer. Ne parliamo con Carlo Settimio Battisti, Nicola Brucoli e Federico Sacco di TWM Factory.

Valeria Scancarello
La genZ incontra Dario Bellezza

“Bellezza, addio” è il titolo del documentario ideato da Massimiliano Palmese e diretto insieme a Carmen Giardina. Si tratta di un omaggio alla figura di Dario Bellezza, il celebre poeta romano, amico di Pasolini, Moravia, Morante, una delle voci più intense e originali della poesia italiana contemporanea. Ci siamo chiesti: quanti giovani oggi lo conoscono? Per questo abbiamo affidato a una delle nostre giovani penne l’intervista a Massimiliano Palmese. Quello che state per leggere è l’incontro tra le nuove generazioni e Beltà.

Sciltian Gastaldi
Fra pischell* e “scarti” 

Come cambiano i giovani di oggi rispetto a quelli di ieri. Fra errori, imprecisioni, ideologie e voglia di cercare un senso. Tre prospettive raccontate da student* del liceo e una panoramica offerta dal loro professore.

Paolo Notarticola
Il presente e il futuro visto dagli student*. Battaglie di oggi e obiettivi di domani

Le manganellate a Pisa. Il decreto ecovandali. I tagli all’istruzione. Segnali forti di assenza totale di politiche concrete a sostegno dei giovani. In questo contesto, le manifestazioni studentesche rappresentano non solo un mezzo per esprimere dissenso, ma anche un’opportunità di partecipazione attiva alla vita democratica del Paese. 
Un’appassionata analisi in prima persona delle sfide che si trovano a fronteggiare l* giovani. Con granitica determinazione.

Andrea Collins Amadio
Libri young adult, per adolescenti e non solo

La letteratura young adult è un genere per giovani adulti, ossia quella nicchia di adolescenti che va dai 14 ai 19 anni, troppo grande per le storie da bambini, ma ancora acerbo per un Michel Houellebecq o un Carrère. Hanno per protagonisti teenager da poco maggiorenni che affrontano i dilemmi tipici dell’adolescenza La realtà, però, è che il genere viene spesso letto maggiormente da chi i 20 li ha superati anche da alcuni anni. I maggior fruitori infatti sono persone di 40 anni. Forse perché la letteratura non ha mai età, come le emozioni. 

Sara Innamorati
La grammatica del conformismo nella scuola e nelle università italiane

Quanto è difficile riuscire a trovare una propria identità e una propria verità in un contesto di estremo conformismo, studiando su libri di testo scritti perlopiù da uomini eterosessuali e cis-gender? Continuare a insegnare con un sistema binario limita studentesse e studenti nella loro consapevolezza identitaria. La grammatica del conformismo spiegata da chi la vive sui banchi di scuola.

Camilla Rugolotto
Il modello transfemminista per rendere la scuola un posto sicuro

Per raggiungere un modello di scuola inclusiva servono strumenti per riconoscere, combattere e prevenire dinamiche di prevaricazione e violenza di genere insite in abitudini, gesti e parole di matrice patriarcale di cui siamo inconsapevoli. Abbiamo chiesto a Rete degli Studenti Medi, associazione fatta da student3 delle scuole superiori, di raccontarci la scuola italiana da chi vive quelle aule e quei corridoi ogni giorno.

Nicolas Pasantes
Come rendere la scuola uno spazio aperto a tutti i corpi e le identità?

La scuola italiana deve fare i conti con un problema di omobilesbotransfobia e, per quanto carriere alias e bagni genderless siano un primo passo per diminuire il minority stress che le persone lgbtqia+ soffrono quotidianamente anche dentro le mura scolastiche, bisogna fare molto di più. A dircelo, questa volta non sono i dati, ma loro: l3 student3. Abbiamo chiesto infatti a Rete degli Studenti Medi, associazione fatta da student3 delle scuole superiori, di raccontarci la scuola italiana da chi vive quelle aule e quei corridoi ogni giorno.

Nicola Brucoli e Ulderico Sconci
Roma, una puntata alla volta

Si dice sempre che c’è uno scollamento tra i giovani e la politica. Che la gen Z pensa solo ai social e a diventare famos*. Noi invece vi raccontiamo un’altra realtà. Quella dei tant* ragazzi e ragazze roman*, i pischelli appunto, impegnati e interessati alla politica. E lo facciamo attraverso gli autori di Roma Capita, un podacast che racconta una capitale piena di associazioni e comitati dal basso, di iniziative e centri culturali indipendenti formati da giovanissim* e che fa le pulci agli amministratori. Altro che i balletti di TikTok.

Emiliano Metalli
Pischellə teatrali e non: qualche esempio e un po’ di storia

Nel mondo del teatro e dello spettacolo sono tant* i giovani e le giovani artist* che hanno conquistato passo dopo passo spazi di creatività, influenzando sottili mutamenti sociali. Da Sarah Bernhardt a Greta Garbo, da Marlene Dietrich a Judy Garland, da Mario Mieli fino ai giovan* autori di oggi. Artist* che hanno saputo scavare nel tema identitario cercando di rinnovare lo spessore, il volume e il carattere di ogni scelta di autodeterminazione, impiegando linguaggi trasversali. 

Chiara Tesei
Quel (poco) che ho capito sull3 piskell3

Non può esistere più lotta queer senza quella transfemminista, antirazzista, per il clima e per qualunque istanza non rispetti la vita, umana e non. Le nuove menti affrontano le loro battaglie con creatività. Hanno i mezzi e sanno come usarli. Conoscono le parole per comunicare ciò che sentono. E se per quello che sentono la parola non esiste, nessun problema: la creano. Ecco come sono l3 pischell3 attivist3 della gen Z, visti da Chiara Tesei, referente del Gruppo Giovani del Mario Mieli. 

Sciltian Gastaldi
HIV, 40 anni senza vaccino

La scoperta del virus dell’immunodeficienza acquisita umana (Hiv) compie in questi giorni 40 anni, 23 aprile 1984, ed è un compleanno davvero triste, perché a oggi non esiste ancora un vaccino e le prospettive future non sembrano promettere nulla di buono. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Caterina Fimiani, medico specialista in Allergologia e Immunologia clinica presso il Policlinico Umberto I di Roma.

Egizia Mondini
L’editoriale – Pischell*

La parola a chi è adolescente, studente, nativodigitale, alle giovani menti, alle generazioni Zeta e Alfa. Del resto sono da sempre ciclicamente loro il motore del loro tempo. Questo AUT lascia la parola (e la tastiera) ai pischell*.

Francesco Ferreri
Dall’alto al basso. Perché è sempre tutta colpa dei giovani

Quando parliamo di discriminazioni, e di come quelle discriminazioni vengono raccontate, non possiamo non riconoscere il ruolo che il potere ha in questa dinamica. La società ha imposto delle gerarchie molto chiare sui corpi e sulle identità delle persone e questo sistema di potere fa di tutto per preservarsi, così come fa di tutto per manipolare ogni forma di protesta che potrebbe metterlo in difficoltà. Finché le generazioni più grandi continueranno a guardare quelle più piccole “from top to bottom”, non avremo uno sguardo oggettivo.

Yuri Guaiana
L’importanza della solidarietà internazionale per la comunità lgbtqia+ in Russia

Una delle situazioni più pericolose che come comunità ci troviamo oggi a fronteggiare è la dura repressione in Russia. La Corte Suprema russa ha dichiarato il movimento pubblico internazionale lgbtqia+ come estremista. A pochi giorni dalle elezioni presidenziali, due persone che lavoravano in un bar gay sono state arrestate e ora rischiano fino a 10 anni di reclusione. Non potevano che scatenarsi proteste, petizioni e azioni collettive: un’ondata di solidarietà internazionale necessaria e, ci auguriamo, efficace. 

Emiliano Metalli
Neapolis e le sue voci. In memoria di Enzo Moscato

A distanza di un mese dalla sua morte, disegniamo un profilo del regista e attore italiano, esponente di spicco della nuova drammaturgia partenopea. Enzo Moscato ha espresso Napoli con spudoratezza, narrando un mondo parallelo di emarginati, prostitute e omosessuali, metafora di una condizione esistenziale sospesa tra il maschile e il femminile.

Luca de Santis
L’editoriale – Monopolis: la città per un solo giocatore

Nel gioco del “Monopolis”, metafora della nostra società attuale, le nostre città sono diventate più chiuse che mai, i benefici e i privilegi sono tutti per un singolo cittadino: quello maschio, eterosessuale, bianco, abile, ricco, conforme, quello che vince “senza passare dal Via!”, mentre il resto della popolazione viene messo da parte, ignorato o addirittura penalizzato.

Baldurs gate 3
Marina Pierri
Quando il (video)gioco è inclusivo: la lezione del consenso di Astarion in Baldur’s Gate 3

Può un videogioco insegnare cosa sia il consenso e l’abuso? Essere survivor o abuser? Nel pluripremiato videogame Baldur’s Gate 3 il personaggio pansessuale di Astarion è una masterclass di scrittura, in un “viaggio dell’eroina” sviscerato dalla più esperta studiosa del campo, Marina Pierri.

Majid Capovani
Stai fermo un turno, anzi, due! La (velata) oppressione delle identità impreviste

Non si è solo emarginatə in quanto queer, ma in quanto queer e razzializzatə, in quanto queer e religiosə, queer e neurodivergentə/disabilə e molte altre possibili combinazioni. Trovare dei luoghi davvero safe, in cui poter esprimere liberamente la propria identità con tutte le sue intersezioni, diventa molto difficile, contribuendo ad alimentare quel senso di solitudine e isolamento che moltə di noi si portano dietro, imprevisti di una società che non contempla esistenze e vissuti come i nostri. Strettə nella sensazione di essere sempre “troppo” o “troppo poco”.

Luca Ragazzi
Festival di cinema queer in Italia. Lo stato dell’arte

In tempi in cui il cinema è nel nostro salotto, hanno ancora senso i festival? Se i film a tematica LGBTQIA+ ormai vincono gli Oscar, ai festival restano solo gli scarti? Non è così. Dietro questi festival c’è un enorme lavoro di ricerca.

Milo Serraglia
Perché è importante la carriera alias nelle scuole e sul lavoro

Le vite delle persone trans* sono sotto bombardamento istituzionale e mediatico: ispezioni, illazioni, interrogazioni parlamentari, talk televisivi, raccolta firme piegati alla retorica pro-life. Alla battaglia contro la carriera alias, ora si aggiunge il caso dell’Ospedale Careggi di Firenze con l’ennesimo attacco strumentale nei confronti delle persone più piccole della nostra comunità, bambin* e adolescenti gender variant. E’ necessario proteggere le persone trans* più giovani a partire dal diritto allo studio e a non essere oggetto di discriminazione, proprio come prevede la nostra Costituzione.

Mohamed Maalel
Imprevisti e probabilità: essere italiani di seconda generazione

Nascere e crescere in Italia con un padre tunisino e una madre italiana spesso significa essere ritenuti soggetti al limite, continuamente in cerca di definizione. Siamo sicur* di star giocando con le stesse regole?

Marcello Lupo
Vai in prigione! Storia di una rinascita

Quanti sono i pregiudizi e le difficoltà che gli ex detenuti devono fronteggiare quando vengono reintrodotti nella società? La reintegrazione nel tessuto sociale e lavorativo è un passo cruciale per la vera libertà e il cambiamento positivo nella vita di chi ha scontato una pena e deve essere messo in condizione di tornare alla vita.

Aldo Mastellone
Soldi colorati: come riconoscere il rainbowashing nelle campagne Pride

Nella città di Monopolis come orientarsi nella comunicazione aziendale della diversity e inclusion? Perché un’azienda decide di esporsi su questi temi? E’ vero che “guadagnano sulla nostra pelle” come spesso leggiamo sui social network? Ed è davvero solo per soldi? Ecco una guida semplice e pratica su come riconoscere il rainbowashing. 

Marina Cuollo
Tu non giochi! Rivoluzionare la rappresentazione della disabilità nei media.

Mentre i paesi anglofoni iniziano ormai a considerare inammissibile la simulazione del corpo disabile come performance attoriale, in Italia questa è una pratica ampiamente diffusa. Riconoscere l’importanza di avere persone con disabilità nell’intera filiera dell’industria audiovisiva è un passo fondamentale. Che è tempo di fare.

Isabella Borrelli
Sfamiglia Queer: da cura a pratica politica

La decostruzione della famiglia tradizionale: una riflessione sulle nuove dinamiche relazionali che mettono in discussione una serie di concetti che non ci rappresentano più nelle identità. E ancora: l’importanza delle reti relazionali queer e le sfide nel contesto politico contemporaneo. Perché oggi più che mai la famiglia è politica.

Luca de Santis
Il mio mondo nei videogiochi

In occasione dell’uscita del suo nuovo romanzo “Gamer girl”, abbiamo intervistato Valerie Notari, autrice transgender, gamer e veterana del cosplay italiano. Un intimo sguardo a un’altra famiglia, quella virtuale del mondo dei videogiochi. Una conversazione appassionante sulla crescita personale, l’identità di genere e il potere transformativo delle storie.

Sciltian Gastaldi
Storia di un gruppo rivoluzionario degli anni ’80

Uno dei primi esempi di quella che oggi chiamiamo famiglia queer ebbe origine proprio a Roma, tra le persone del gruppo dirigente del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, nella seconda metà degli anni ‘80. Una domenica pomeriggio, abbiamo riunito in un salotto romano alcuni di loro: Francesco Gnerre, Giorgio Gigliotti e Andrea Pini, e ci siamo fatti raccontare da loro quella che fu la loro ‘comune frocia’. Nel ricordo di Marco Sanna.

Sara Paolella
Scomodo: una questione di famiglia

Scomodo è uno dei prodotti editoriali più interessanti degli ultimi anni. E’ un mensile cartaceo di approfondimento che rappresenta uno spazio di espressione per centinaia di redattori, artisti, creativi e scrittori under 30. Come Aut, combattono la superficialità, la mancanza di approfondimento dell’informazione mainstream e vogliono connettere mondo fisico e digitale. E la redazione è all’interno dello Spin Time, spazio di rigenerazione urbana a Roma. Se non sapete chi sono, è tempo di conoscere questi ragazzi.

Luca de Santis
Queer family: le serie TV che la raccontano meglio

Nella comunità LGBTQIA+ la famiglia ha tanti significati, più ampi e complessi di quanto si creda, e le serie TV negli ultimi anni hanno provato a raccontarle. Io ho chiesto alla mia famiglia queer di mandarmi un vocale con i loro titoli preferiti. Un po’ diario, un po’ podcast, un po’ una finestra intima. Perché se si ha avuto la fortuna di incontrare persone così speciali, condividerle è il miglior regalo che si possa fare.

Mauro Angelozzi
Madonna Celebration Tour: riunione di famiglia

Quello che Madonna ci ha sempre insegnato è che non è nei legami di sangue che si trova la pace. E quella che si è ritrovata intorno a lei in occasione del Celebration Tour è sicuramente la sua fedele e inossidabile (come lei) queer family: vite sopra le righe, famiglie dove tutto è possibile, dove ci si ama e ci si odia in libertà, dove la stravaganza si fa arte e il genere conta zero. Noi eravamo alla tappa di Colonia e vi raccontiamo com’è andata. 

Karma B
A Michela Murgia

“Ricordatemi come vi pare”, ha detto, e si è fatta isola, miraggio superiore, fata morgana, distanza da non colmare, qualcosa che non si può ricordare, come un verbo che ha solo il presente, impossibile da coniugare. Se esistessero le parole giuste per “dire” Michela Murgia sarebbero quelle che le Karma B hanno dedicato a lei sul palco dei Rainbow Awards 2023, di fronte al marito, il figlio e una parte della sua numerosa e variegata queer family. 

Roberta Ortolano
Il nostro percorso di procreazione medicalmente assistita 

Un viaggio intimo attraverso le sfide della maternità lesbica: un racconto di coraggio, speranza, resistenza e determinazione con il sogno di diventare genitori.

Giovanni Raulli
Casa Arcobaleno: le famiglie che ti salvano

Siamo entrat* all’interno di Casa Arcobaleno, il rifugio per giovani LGBTQIA+ espulsi dalle proprie famiglie. Perché non sempre le famiglie di origine rappresentano un porto sicuro. E per salvarci abbiamo bisogno di scialuppe di salvataggio.

Egizia Mondini
L’editoriale – Queer families

Le famiglie queer, intese come reti di affetto e sostegno costruite al di là dei tradizionali legami di sangue, rappresentano un esempio tangibile di amore, inclusività e solidarietà. Quanto sono state importanti in passato e quanto lo sono ancora oggi?

Andrea Pini
Co-housing: una proposta per vivere insieme

Dove spariscono le persone LGBTQ+ quando invecchiano? La maggior parte si ritira riducendo contatti, relazioni ed attività sociali, fino all’invisibilità. Eppure sono tante le energie, le competenze, le esperienze che possiamo mettere in circolo per far fluire in azioni di aiuto reciproco. Serve un ponte tra le vecchie e le nuove generazioni, che dia un senso ai ricordi degli uni e forza agli altri. E il co-housing può rispondere a questa esigenza.

Pino Anastasi
Famiglie di salvataggio ai tempi dell’aids

Un viaggio nelle memorie di chi ha affrontato l’epidemia di aids, dalle prime notizie a una tesi di laurea, da Muccassassina all’Unità di Strada, il  racconto di chi ha trasformato l’impegno in sostegno.

Chiara Tesei
Di salute mentale e tabù di coppia

Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.

Elena Incatasciato
Di bisessualità e pansessualità

Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.

Ali Bravini
Di poliamore, neurodivergenze e salute mentale

Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.

Michela Andreozzi
E se non voglio essere madre?

Essere donna prima di essere madre. Decidere di NON avere figli è ancora un tabù. Dalla discriminazione alla scelta: il percorso verso una vita senza maternità raccontato dalla sagace penna di Michela Andreozzi.

Egizia Mondini
L’editoriale: quali sono i tabù di oggi?

Quello che è tabù per uno può essere pregiudizio per un altro. Quando apriamo il barattolo e dobbiamo decidere cosa metterci dentro, le diverse prospettive emergono e diventano esse stesse un interessante spunto di riflessione e confronto. 

Alessandro Michetti
Il porno è ancora un tabù?

La vergogna è il braccio armato dei tabù, che a loro volta sono l’impalcatura che tiene in piedi uno dei dogmi più insidiosi e castranti che esistano: la sacralità del sesso. Intervista ad Alice Scornajenghi, creatrice dell’acclamata fanzine erotica Ossì, spazio per una narrativa porno di qualità.

Raffaella Mottana
Soli

Il tema tabù coinvolge anche la questione delle nuove coppie: troppie, coppie aperte, poliamoros*. E proprio a questo è ispirato questo racconto. Un altro frutto della collaborazione con Accento Edizioni con i suoi promettenti, brillanti giovani autori. 

Francesco Ferreri
Tabù, tra paura e controllo

Il potere dei tabù: strumenti sociali di controllo e l’influenza infettiva all’interno dei gruppi, anche lgbtqia+.

Giulia Paganelli
Corpi grassi: tabù e identità nella comunità LGBTQIA+

Grassofobia: la battaglia contro gli stereotipi nella comunità LGBTQIA+, nell’era di Sam Smith.

Ali Bravini
Basta un pezzo di carta (?)

Tabù di genere e percorsi trans: la necessità di un cambio radicale.

Luca Ragazzi
La sessualità tra gli anziani nel cinema: oltre il tabù 

Desiderio e intimità: rappresentazioni della sessualità tra anziani, oltre gli stereotipi. Ecco un’antologia dei film che trattano (bene) l’argomento. 

Egizia Mondini e Alessandro Michetti
Lo stigma della depressione

Intervista al Trio Medusa, ambassador della campagna “La Depressione non si sconfigge a parole”.

Valeria Scancarello
Il “peso” dello stigma: centimetri della mia storia

Affrontando la grassofobia: una riflessione personale sulla società e l’accettazione di sé.

Egizia Mondini
L’editoriale – Nuove mappe per orientarsi

C’è venuta voglia di indagare nuove geografie, zoomando sui dettagli, sbirciando dentro i vicoli delle nostre sfumature, vedendo fino a che punto ci siamo spinti alla scoperta di nuovi territori, ridisegnando la mappa del nostro ecosistema. Ne è emersa una nuova cartografia della comunità lgbtqia+, e non solo, intrigante e stimolante, ma con confini mai troppo definiti. Non vi resta che sfogliare l’atlante insieme a noi.

Isabella Borrelli
Il linguaggio inclusivo fa schifo

“Vi inventate sempre nuove parole” è l’accusa più diffusa e fessa mai fatta alla comunità lgbtqia+. Il linguaggio neutro ha provato a proporre nuove mappature che scardinassero il maschile universale. L’utilizzo di linguaggi neutrali e non binari ha avvistato una nuova terra del linguaggio queer. La rottura del paradigma, della norma e del cambiamento è invece non solo qualcosa a cui aspirare ma una pratica politica. E’ anche attraverso il cambiamento e sovvertimento del linguaggio che pratichiamo la nostra dissidenza. E affermiamo la nostra esistenza. 

FRAD
Non si può più dire niente?

Sembra l’argomento del momento, anche in bocca a chi ancora fa fatica a capirne il senso. Un senso prima ancora umano che politico. E allora noi, abbiamo pensato di prenderci anche un po’ in giro. Per non farci dire che ci prendiamo sempre e solo troppo sul serio. E chi meglio di FRAD poteva riuscirci? Ma davvero con noi persone LGBQTQIA+non si può più dire niente? E non si può scherzare? Per fortuna ci sono le vignette di Frad.

Antonia Caruso
È davvero inclusivo parlare inclusivo? 

Abbiamo iniziato davvero a credere che cambiando le parole sarebbe cambiato il mondo. Se non ché, il resto del mondo continua a non saper né leggere né scrivere e la lingua del futuro non sarà sicuramente l’italiano.

Jennifer Guerra
Il movimento trans-femminista oggi in Italia

Non solo grandi città. Dalle Case delle donne ai centri antiviolenza; l’importante rete di supporto della rete transfemminista italiana cresce nei piccoli centri con oltre 150 gruppi e iniziative.

Gayly Planet
Le nuove geografie del turismo LGBTQIA+

Dai Grand Tour ai Gay Camp: il turismo LGBTQIA+ in Italia racconta la storia della nostra comunità, dall’Ottocento fino ai giorni nostri.

Vincenzo Branà
L’importanza dei pride di provincia

Piccoli centri, grandi Pride: dal caso di Latina a quello di Campobasso, dalla crescita di Ragusa all’abbraccio orgoglioso di Lodi. E se la politica LGBTQIA+ ripartisse da qui?

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