In un tempo in cui anche le cucine parlano, Barbara Agosti non ha paura di usare il piatto come manifesto. Con Rainbow Eggs, dessert arcobaleno creato per il Pride Month, la chef piemontese – fondatrice e anima del Ristorante Eggs – firma un gesto tanto simbolico quanto politico. Perché sì, anche un dolce può dire qualcosa di serio: che la libertà, l’identità e l’inclusione si difendono anche a tavola. E che le battaglie civili si possono servire con gusto, ma senza edulcorare il messaggio.
Dal 10 al 30 giugno, nei locali Eggs di Roma e Milano, l’iconico Ovosodo si veste di strati variopinti e diventa un piccolo atto di militanza quotidiana. Il dessert è una mousse di yogurt greco con gel di mango, cioccolato bianco e terra di cacao. Per l’occasione, la mousse si veste di strati variopinti, ottenuti con coloranti naturali: viola da estratto di mirtillo, giallo da zafferano, arancione da mango – un arcobaleno commestibile e simbolico, che unisce estetica, gusto e messaggio.
Abbiamo intervistato la chef Agosti per capire quanto può essere rivoluzionaria una cucina dichiaratamente inclusiva, quanto pesa ancora il maschilismo nelle brigate e quando, grazie a una vocazione contemporanea e inclusiva, il gusto non sia mai separato dalla visione.

Grazie a voi per dedicarmi questo spazio. Non mi occupo di politica ma di cibo e attraverso il cibo si può fare anche politica. Si possono fare scelte etiche, a partire dalle materie prime usate, si può fare cultura, portando avanti tradizioni dei nostri territori e si può fare innovazione. Ma soprattutto si possono lanciare messaggi di inclusione, piccoli messaggi ma ben indirizzati, tutti dal sapore deciso anche se dolce. Chi li trova indigesti per il messaggio che lanciano, non sono graditi ospiti nella mia cucina. Nel caso, gli forniremo del Gaviscon 😊
Hai creato Rainbow Eggs per celebrare il Pride: è libera ispirazione o un modo per addolcire un clima che, in Italia, resta spesso amarissimo per la comunità LGBTQIA+?
Ispirazione, in un clima non proprio sereno sulle tematiche relative alla comunità LGBTQIA+ dove si ha la sensazione di fare i passi del gambero . Vorrei celebrare l’amore e non le sue forme, vorrei rivendicare la libertà di amare e costruire intorno all’amore, e non intorno alle figure.
Dietro un dolce così colorato c’è un messaggio importante. Ma secondo te si arriva prima al cuore o alle papille gustative?
Il messaggio arriva prima agli occhi, che sono spesso lo specchio dell’anima, attraverso poi le papille gustative si arriva dritto dritto al cuore.
Rainbow Eggs celebra l’identità e l’inclusione. Ma in cucina, quanto è difficile far convivere questi ingredienti?
In cucina, come in tanti altri posti di lavoro, l’inclusione e l’identità a volte sono ardue conquiste. In cucina a volte basta essere donna per essere discriminata o comunque vista con sospetto, quindi è un tema ancora spigoloso e trovare gli ingredienti giusti risulta spesso un’impresa impegnativa.
Le cucine professionali sono considerate un feudo maschile. Pensi sia ancora così? E’ stato difficile guadagnare il tuo spazio e affermare la tua idea di cucina?
Sì è ancora così, anche se con le nuove generazioni qualcosa si muove. piano piano. Non sono cambiamenti repentini ma ci sono. C’è più consapevolezza delle capacità delle donne in cucina, luogo dove per secoli ci hanno relegate, tra le mura di casa. Poi ne hanno fatto un mestiere macho ma la visione sta cambiando per fortuna. Io personalmente sono andata dritta all’obbietivo e lo faccio ogni giorno appena sveglia.
In un ristorante costruito attorno all’uovo, il tema dell’identità è centrale. Hai mai pensato potesse essere un punto di debolezza puntare tutto su un solo “item”?
In realtà lo trovo un punto di forza perché è palesemente manifesto, è riconoscibile, è totalmente identitario e allo stesso momento l’uovo è duttile, malleabile e versatile. E’ il DNA della mia cucina.