AUT Magazine

25 anni di cultura drag in Italia

di Egizia Mondini
“Drag Italia” è un volume che racconta la storia della cultura drag italiana. Un libro-manifesto che attraversa storia, clubbing, memoria, militanza e che racconta figure iconiche dalle esagerate acconciature e dalle pungenti battute. Un prezioso lavoro di ricerca che dà conto di come lustrini, paillettes e tacchi vertiginosi siano una vera forma di espressione politica. Drag non è un costume. È consapevolezza, arte, resistenza. Ne abbiamo parlato con l’autore, Stefano Mastropaolo.
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foto Leandro Manuel Emede

Uscirà il 9 maggio in libreria e verrà presentato il 16 al Salone del libro: Drag Italia. Storie e sogni di ieri e di oggi, di Stefano Mastropaolo, con la direzione creativa di Nick Cerioni (lo stylist delle rockstar), edito da 24 Ore Cultura. Un’edizione di pregio per celebrare la forza dirompente e scintillante del drag, un’arte che, oggi, è per tutti coloro che hanno il coraggio di osare. Un prezioso lavoro di ricerca che dà conto di come il Drag sia molto più di lustrini, paillettes e tacchi vertiginosi, ma una vera forma di espressione politica, un’arte che abbraccia il camp e il kitsch consapevole, uno spettacolo che celebra la cultura e l’esagerazione.

Drag Italia si presenta come un volume esteticamente bellissimo, dal contenuto potente solo in apparenza frivolo o leggero, frutto di un lavoro collettivo tra arte, archivio e attivismo. Ma è sfogliandolo che si entra nel cuore pulsante di 25 anni di cultura queer italiana, tra personaggi indimenticabili, memorie underground e riflessioni politiche sull’identità e il travestimento. Dalle feste casalinghe al clubbing, dalle dive pop alle lotte per la visibilità dei drag king, Mastropaolo intreccia la sua esperienza personale con una narrazione collettiva, restituendo al drag il suo significato più autentico: uno strumento di rottura e resistenza. Drag Italia non è solo un libro: è un atto d’amore e memoria, un viaggio tra arte, moda e politica queer, tra ribellione e bellezza. Ne abbiamo parlato con l’autore.

“Negli anni, quella del drag si è trasformata in un’arte inclusiva, aperta a chiunque senta il desiderio e la necessità di giocare con il corpo a prescindere dal proprio orientamento sessuale o dalla propria identità di genere”

Stefano Mastropaolo

Mai giudicare un libro dalla copertina. Eppure, il tuo libro fa eccezione… Ci racconti il prezioso packaging che hai scelto?

Il volume è nel catalogo 24ORE Cultura, quindi segue la linea editoriale ed estetica dell’editore. Ho lavorato con un gruppo di persone splendide, partendo da Nick Cerioni che ha curato la direzione creativa. Poi Leandro Emede che ha realizzato la cover e le foto inedite che, insieme a quelle di archivio e di ricerca, rendono il volume davvero prezioso. Il gruppo di  24ORE Cultura, da Chiara Savino, Stefania Vadrucci, Monica Panciera, Chiara Bellifemine, Davide Vincenti e Massimo Zanella: ognuna e ognuno con la propria professionalità ha saputo proporre le proprie idee e “tradurre” quelle delle altre o degli altri. È stato molto bello vedere quelle idee prendere forma e diventare esattamente il volume che volevo arrivasse in libreria.

Il libro è diviso in capitoli che sono dei piccoli manifesti politici. Ci racconti come hai scelto le sezioni e i contenuti?

Già dalla prima riunione avevamo pensato di far partire la nostra storia il più possibile indietro nel tempo. Partendo dall’idea che a Berlino esisteva l’Eldorado ci siamo chiesti: e da noi? Quindi ho fatto ricerca per trovare tracce di quella cultura en travestì (chiamarla Drag a quei tempi era impensabile), ma ovviamente noi in quegli anni già vivevamo sotto il fascismo e quindi quella libertà che ha caratterizzato Parigi o Berlino, fino all’avvento del Nazismo, era impensabile. Così nei capitoli abbiamo provato a ricreare la nostra storia, dalle feste in casa al clubbing, raccontando il contesto, che in un racconto è l’elemento fondamentale, il sentire sociale dei suoi protagonisti. Ho voluto ricordare Vinicio Diamanti che per noi un po’ agé ma è un nome importante, una figura troppo poco celebrata. Vinicio era Queer quando eravamo Froci, come ci ha insegnato Andrea Pini. Lo stesso ho cercato di fare con la figura de La Karl Du Pigné, per il rapporto umano, professionale e di attivismo che ci legava. Sono grato a Matteo Basilè per avermi concesso l’utilizzo di una delle sue foto fatte alla Karl che ho sempre amato. Sicuramente avrò dimenticato qualcuno o qualcuna, ma ho cercato di ripercorrere i miei 25 anni di attivismo, raccontando storie che ho vissuto accanto a personaggi di vario genere, in tutti i sensi! Il tutto è intervallato da focus di argomenti o temi per sottolinearne l’importanza.

In “Drag Italia” racconti il travestimento come strumento di rottura e resistenza. In un’Italia che ancora ha paura del mascara su un uomo, il glitter è un’arma o un balsamo?

La cultura patriarcale impone all’uomo di essere forte, di non mostrare debolezze, di non essere preda ma cacciatore. Un uomo che veste da donna, o fa cose da donna, come truccarsi, indossare la gonna o i tacchi, è una frattura insanabile e impensabile per chi crede che sia quello a rendere una persona degna o non degna di valore. Il glitter continuerà ad essere una ferita aperta nella cultura patriarcale fino a quando non smetteremo di credere che sia quello a rendere più o meno uomo un individuo. C’è da dire che anche all’interno della nostra stessa comunità c’è un’omofobia interiorizzata che rende meno maschi le Drag ecc. Tranne quando si fa shade, ovvero quando ci si offende per gioco, senza reale intenzione di ferire. Darsi della “passiva” in modo sarcastico è un conto, quando lo si dice con disprezzo, si finisce per replicare il modello maschilista Ripeto, quando è un’offesa reale, e non uno scambio di velenose cortesie che nascono e muoiono nell’attimo stesso che si dicono, sono cariche di quell’idea che la virilità sia un valore e che non esiste nessun altro modo per vivere se stessi se non omologarsi e farsi ingabbiare in schemi castranti. Per le donne è diverso: vestirsi con abiti maschili innanzitutto è una pratica giornaliera. Basti pensare allo stile Armani il cui simbolo è stato destrutturare la giacca da uomo fino a farla diventare un capo femminile a tutti gli effetti. O anche alle grandi giacche anni’ 80 di Montana, di Mugler, di Krizia. Tutto questo ha permesso di accettare socialmente questo sconfinamento senza traumi, anche se non dimentichiamoci che nel 1989 Lara Cardella scrisse “Volevo i pantaloni”, un romanzo che racconta il desiderio di emancipazione di una diciannovenne di allora da quella cultura chiusa e binaria. Le donne non pensano mai quando indossano i pantaloni che un tempo quel gesto era illegale o che è stato un atto rivoluzionario. Si è persa la memoria dell’importanza dell’atto politico di vestire abiti maschili per le donne. Da una parte è un bene, perché le donne hanno ottenuto un ruolo sociale diverso da semplice elemento di contorno, dall’altra parte quel gap e quella reale parità sono ancora un miraggio lontano. Noi siamo ancora qui a lottare anche solo affinché un accessorio possa creare una rivoluzione culturale, pacifica e permanente.

Susan Sontag ha scritto che il camp è un modo di vedere il mondo “non in termini di contenuto ma di stile”. Tu pensi che oggi, nella cultura drag italiana, ci sia il rischio opposto: troppo contenuto e poco stile?

Il Camp ha dato la dignità a quel kitsch consapevole e esagerato. Ha canalizzato in un termine uno stile di vita, è diventato un manifesto di una sottocultura. Il Drag come tutte le sottoculture che arrivano alla massa, intesa come gruppo dominante, ne subisce dei cambiamenti, ne perde un po’ della natura originale; quindi, sicuramente chi fa Drag oggi lo fa con una consapevolezza diversa. Lo fa pensandolo come una forma artistica a tutto tondo, ma non credo, anzi sono sicuro, abbia perso di una virgola il suo valore politico. Sicuramente come in tutte le cose, oggi c’è un’attenzione all’estetica, al beauty che possa richiamare X o Y, le reference sono molte e c’è una possibilità d’accesso maggiore, e non lo dico come giudizio, perché poi è il palco che decide se hai contenuto, solo stile o, addirittura, nulla. Ho letto una cosa molto bella che ha scritto Sypario in una sua storia dove ricordava che non esiste un Drag, ma vari modi di essere Drag e che non sono il padding o la parrucca super esagerata a definirti, ma l’arte che porti in scena.

Il libro è pieno di identità ibride, in fuga da ogni definizione. Ma tu, se dovessi creare una nuova categoria estetico-politica per descrivere il drag contemporaneo italiano, che nome le daresti?

Drag racchiude tutto. Perché ha una storia molto profonda. Drag, perché è entrato nell’immaginario collettivo. Ma cercherei di far conoscere la sua storia. Vorrei far capire che, indipendentemente dalla sua identità di genere, drag non è solo un personaggio. Dietro c’è una storia politica, sociale, personale, fatta di gioie, sofferenze, abbandoni, ricongiungimenti, di famiglie di cuore, diverse dalle famiglie di sangue. Una storia che ha inizio con il concetto di consapevolezza di sé.

Da Judy Garland a Lady Gaga, passando ovviamente per Madonna, il libro rende omaggio alle dive ispiratrici del mondo drag. Ma c’è un limite alla deificazione? 

Lo ammetto, quelle che ho scelto sono soprattutto le mie icone, ma sono indubbiamente anche le stesse che, a modo loro, hanno creato una frattura nella società che attraversavano. Il problema non è se c’è o non c’è un limite alla deificazione, ma che non siamo più capaci di creare vere icone perché, anche quella che sembra destinata ad esserlo, dura il tempo di una storia di Instagram. Forse quelle che ho scelto sono state capaci di superare il tempo e di restare punti di riferimento.

Oggi il drag è anche mainstream: talent, TV, pubblicità. Dove finisce l’autenticità e inizia la vetrina? 

E chi dice che la vetrina non sia autenticità? In fondo sono state le vetrine a sdoganare il modo che abbiamo oggi di vivere la vita urbana. L’autenticità finisce quando il pubblico non si lascia sedurre, percepisce il bluff. Ma sfido chiunque a fare Drag tanto per farlo. Una volta che scopri il tempo e l’impegno che ci vuole per Draghizzarti ti assicuro che non lo fai tanto per….  Quindi per me il Drag è sempre autentico, tanto che sia in una pizzeria tanto sul palco del Celebration Tour di Madonna.

Una sezione del libro è dedicata anche ai drag king, gli eterni outsider anche nella scena queer. Secondo te, il pubblico – anche queer – ha più difficoltà ad accettare una donna che gioca col potere maschile, rispetto a un uomo che lo sovverte al femminile? O pensi che sia volontà dei king essere così poco visibili rispetto alle queen?

Ai King ho dedicato un focus perché per raccontarli bene ci sarebbe voluto molto più dello spazio che avevo. Quello King è un elemento della nostra comunità che effettivamente non è molto conosciuto. Ho avuto modo di interagire con alcuni di loro e li ringrazio per avermi introdotto in una sottocultura che ha mille sfaccettature, che vorrei trovare il modo di raccontare, ma ripeto dedicandogli un progetto lungo e che non sia subalterno a quello del mondo Queen. Spero che questa decisione sia compresa perché ho intenzione di iniziare, anche solo per piacere personale, a fare ricerca, come ho fatto per questo libro, per tracciare una storia che meriti di essere raccontata. Sulla poco visibilità, ci ho pensato e me lo sono chiesto anche io. Ma non ho trovato ancora una risposta, anche perché preferirei me lo spiegassero loro.

Se Drag Italia fosse una frase da scrivere su un muro, in un locale queer di provincia, quale sarebbe?

Sicuramente “Si ballava con la morte”, frase che mi disse un giorno Bruno Casini parlandomi degli anni ‘80 e che racchiude il senso della nostra comunità. La capacità di essere consapevoli dei pericoli, delle minacce esterne, ma anche di fare festa per celebrare la vita e il diritto di viverla. In quel periodo l’aids ha spazzato via non solo vite giovanissime, ma una generazione culturale, sociale e politica. Nel suo mietere vittime ha creato, all’interno della comunità e dei suoi alleati, una consapevolezza diversa e una risposta compatta inaspettata da chi gioiva che stesse capitando proprio a noi senza capire che il loro sentirsi estranei, parlo della comunità etero, e fuori dal problema ha permesso al virus di circolare senza ostacoli. Tornando alla domanda, credo davvero che l’unico modo che tutti, indipendentemente dall’identità di genere, etnia, religione e orientamento sessuale, abbiamo per sconfiggere la morte, è vivere, quindi mettiamo su il nostro pezzo preferito e balliamo….

L’appuntamento con la presentazione di Drag Italia. Storie e sogni di ieri e di oggi al Salone del Libro è per il 16 maggio a Torino. Saranno presenti, insieme all’autore: Priscilla e Tsunami.

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Francesco Ferreri
Dall’alto al basso. Perché è sempre tutta colpa dei giovani

Quando parliamo di discriminazioni, e di come quelle discriminazioni vengono raccontate, non possiamo non riconoscere il ruolo che il potere ha in questa dinamica. La società ha imposto delle gerarchie molto chiare sui corpi e sulle identità delle persone e questo sistema di potere fa di tutto per preservarsi, così come fa di tutto per manipolare ogni forma di protesta che potrebbe metterlo in difficoltà. Finché le generazioni più grandi continueranno a guardare quelle più piccole “from top to bottom”, non avremo uno sguardo oggettivo.

Yuri Guaiana
L’importanza della solidarietà internazionale per la comunità lgbtqia+ in Russia

Una delle situazioni più pericolose che come comunità ci troviamo oggi a fronteggiare è la dura repressione in Russia. La Corte Suprema russa ha dichiarato il movimento pubblico internazionale lgbtqia+ come estremista. A pochi giorni dalle elezioni presidenziali, due persone che lavoravano in un bar gay sono state arrestate e ora rischiano fino a 10 anni di reclusione. Non potevano che scatenarsi proteste, petizioni e azioni collettive: un’ondata di solidarietà internazionale necessaria e, ci auguriamo, efficace. 

Emiliano Metalli
Neapolis e le sue voci. In memoria di Enzo Moscato

A distanza di un mese dalla sua morte, disegniamo un profilo del regista e attore italiano, esponente di spicco della nuova drammaturgia partenopea. Enzo Moscato ha espresso Napoli con spudoratezza, narrando un mondo parallelo di emarginati, prostitute e omosessuali, metafora di una condizione esistenziale sospesa tra il maschile e il femminile.

Luca de Santis
L’editoriale – Monopolis: la città per un solo giocatore

Nel gioco del “Monopolis”, metafora della nostra società attuale, le nostre città sono diventate più chiuse che mai, i benefici e i privilegi sono tutti per un singolo cittadino: quello maschio, eterosessuale, bianco, abile, ricco, conforme, quello che vince “senza passare dal Via!”, mentre il resto della popolazione viene messo da parte, ignorato o addirittura penalizzato.

Baldurs gate 3
Marina Pierri
Quando il (video)gioco è inclusivo: la lezione del consenso di Astarion in Baldur’s Gate 3

Può un videogioco insegnare cosa sia il consenso e l’abuso? Essere survivor o abuser? Nel pluripremiato videogame Baldur’s Gate 3 il personaggio pansessuale di Astarion è una masterclass di scrittura, in un “viaggio dell’eroina” sviscerato dalla più esperta studiosa del campo, Marina Pierri.

Majid Capovani
Stai fermo un turno, anzi, due! La (velata) oppressione delle identità impreviste

Non si è solo emarginatə in quanto queer, ma in quanto queer e razzializzatə, in quanto queer e religiosə, queer e neurodivergentə/disabilə e molte altre possibili combinazioni. Trovare dei luoghi davvero safe, in cui poter esprimere liberamente la propria identità con tutte le sue intersezioni, diventa molto difficile, contribuendo ad alimentare quel senso di solitudine e isolamento che moltə di noi si portano dietro, imprevisti di una società che non contempla esistenze e vissuti come i nostri. Strettə nella sensazione di essere sempre “troppo” o “troppo poco”.

Luca Ragazzi
Festival di cinema queer in Italia. Lo stato dell’arte

In tempi in cui il cinema è nel nostro salotto, hanno ancora senso i festival? Se i film a tematica LGBTQIA+ ormai vincono gli Oscar, ai festival restano solo gli scarti? Non è così. Dietro questi festival c’è un enorme lavoro di ricerca.

Milo Serraglia
Perché è importante la carriera alias nelle scuole e sul lavoro

Le vite delle persone trans* sono sotto bombardamento istituzionale e mediatico: ispezioni, illazioni, interrogazioni parlamentari, talk televisivi, raccolta firme piegati alla retorica pro-life. Alla battaglia contro la carriera alias, ora si aggiunge il caso dell’Ospedale Careggi di Firenze con l’ennesimo attacco strumentale nei confronti delle persone più piccole della nostra comunità, bambin* e adolescenti gender variant. E’ necessario proteggere le persone trans* più giovani a partire dal diritto allo studio e a non essere oggetto di discriminazione, proprio come prevede la nostra Costituzione.

Mohamed Maalel
Imprevisti e probabilità: essere italiani di seconda generazione

Nascere e crescere in Italia con un padre tunisino e una madre italiana spesso significa essere ritenuti soggetti al limite, continuamente in cerca di definizione. Siamo sicur* di star giocando con le stesse regole?

Marcello Lupo
Vai in prigione! Storia di una rinascita

Quanti sono i pregiudizi e le difficoltà che gli ex detenuti devono fronteggiare quando vengono reintrodotti nella società? La reintegrazione nel tessuto sociale e lavorativo è un passo cruciale per la vera libertà e il cambiamento positivo nella vita di chi ha scontato una pena e deve essere messo in condizione di tornare alla vita.

Aldo Mastellone
Soldi colorati: come riconoscere il rainbowashing nelle campagne Pride

Nella città di Monopolis come orientarsi nella comunicazione aziendale della diversity e inclusion? Perché un’azienda decide di esporsi su questi temi? E’ vero che “guadagnano sulla nostra pelle” come spesso leggiamo sui social network? Ed è davvero solo per soldi? Ecco una guida semplice e pratica su come riconoscere il rainbowashing. 

Marina Cuollo
Tu non giochi! Rivoluzionare la rappresentazione della disabilità nei media.

Mentre i paesi anglofoni iniziano ormai a considerare inammissibile la simulazione del corpo disabile come performance attoriale, in Italia questa è una pratica ampiamente diffusa. Riconoscere l’importanza di avere persone con disabilità nell’intera filiera dell’industria audiovisiva è un passo fondamentale. Che è tempo di fare.

Isabella Borrelli
Sfamiglia Queer: da cura a pratica politica

La decostruzione della famiglia tradizionale: una riflessione sulle nuove dinamiche relazionali che mettono in discussione una serie di concetti che non ci rappresentano più nelle identità. E ancora: l’importanza delle reti relazionali queer e le sfide nel contesto politico contemporaneo. Perché oggi più che mai la famiglia è politica.

Luca de Santis
Il mio mondo nei videogiochi

In occasione dell’uscita del suo nuovo romanzo “Gamer girl”, abbiamo intervistato Valerie Notari, autrice transgender, gamer e veterana del cosplay italiano. Un intimo sguardo a un’altra famiglia, quella virtuale del mondo dei videogiochi. Una conversazione appassionante sulla crescita personale, l’identità di genere e il potere transformativo delle storie.

Sciltian Gastaldi
Storia di un gruppo rivoluzionario degli anni ’80

Uno dei primi esempi di quella che oggi chiamiamo famiglia queer ebbe origine proprio a Roma, tra le persone del gruppo dirigente del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, nella seconda metà degli anni ‘80. Una domenica pomeriggio, abbiamo riunito in un salotto romano alcuni di loro: Francesco Gnerre, Giorgio Gigliotti e Andrea Pini, e ci siamo fatti raccontare da loro quella che fu la loro ‘comune frocia’. Nel ricordo di Marco Sanna.

Sara Paolella
Scomodo: una questione di famiglia

Scomodo è uno dei prodotti editoriali più interessanti degli ultimi anni. E’ un mensile cartaceo di approfondimento che rappresenta uno spazio di espressione per centinaia di redattori, artisti, creativi e scrittori under 30. Come Aut, combattono la superficialità, la mancanza di approfondimento dell’informazione mainstream e vogliono connettere mondo fisico e digitale. E la redazione è all’interno dello Spin Time, spazio di rigenerazione urbana a Roma. Se non sapete chi sono, è tempo di conoscere questi ragazzi.

Luca de Santis
Queer family: le serie TV che la raccontano meglio

Nella comunità LGBTQIA+ la famiglia ha tanti significati, più ampi e complessi di quanto si creda, e le serie TV negli ultimi anni hanno provato a raccontarle. Io ho chiesto alla mia famiglia queer di mandarmi un vocale con i loro titoli preferiti. Un po’ diario, un po’ podcast, un po’ una finestra intima. Perché se si ha avuto la fortuna di incontrare persone così speciali, condividerle è il miglior regalo che si possa fare.

Mauro Angelozzi
Madonna Celebration Tour: riunione di famiglia

Quello che Madonna ci ha sempre insegnato è che non è nei legami di sangue che si trova la pace. E quella che si è ritrovata intorno a lei in occasione del Celebration Tour è sicuramente la sua fedele e inossidabile (come lei) queer family: vite sopra le righe, famiglie dove tutto è possibile, dove ci si ama e ci si odia in libertà, dove la stravaganza si fa arte e il genere conta zero. Noi eravamo alla tappa di Colonia e vi raccontiamo com’è andata. 

Karma B
A Michela Murgia

“Ricordatemi come vi pare”, ha detto, e si è fatta isola, miraggio superiore, fata morgana, distanza da non colmare, qualcosa che non si può ricordare, come un verbo che ha solo il presente, impossibile da coniugare. Se esistessero le parole giuste per “dire” Michela Murgia sarebbero quelle che le Karma B hanno dedicato a lei sul palco dei Rainbow Awards 2023, di fronte al marito, il figlio e una parte della sua numerosa e variegata queer family. 

Roberta Ortolano
Il nostro percorso di procreazione medicalmente assistita 

Un viaggio intimo attraverso le sfide della maternità lesbica: un racconto di coraggio, speranza, resistenza e determinazione con il sogno di diventare genitori.

Giovanni Raulli
Casa Arcobaleno: le famiglie che ti salvano

Siamo entrat* all’interno di Casa Arcobaleno, il rifugio per giovani LGBTQIA+ espulsi dalle proprie famiglie. Perché non sempre le famiglie di origine rappresentano un porto sicuro. E per salvarci abbiamo bisogno di scialuppe di salvataggio.

Egizia Mondini
L’editoriale – Queer families

Le famiglie queer, intese come reti di affetto e sostegno costruite al di là dei tradizionali legami di sangue, rappresentano un esempio tangibile di amore, inclusività e solidarietà. Quanto sono state importanti in passato e quanto lo sono ancora oggi?

Andrea Pini
Co-housing: una proposta per vivere insieme

Dove spariscono le persone LGBTQ+ quando invecchiano? La maggior parte si ritira riducendo contatti, relazioni ed attività sociali, fino all’invisibilità. Eppure sono tante le energie, le competenze, le esperienze che possiamo mettere in circolo per far fluire in azioni di aiuto reciproco. Serve un ponte tra le vecchie e le nuove generazioni, che dia un senso ai ricordi degli uni e forza agli altri. E il co-housing può rispondere a questa esigenza.

Pino Anastasi
Famiglie di salvataggio ai tempi dell’aids

Un viaggio nelle memorie di chi ha affrontato l’epidemia di aids, dalle prime notizie a una tesi di laurea, da Muccassassina all’Unità di Strada, il  racconto di chi ha trasformato l’impegno in sostegno.

Chiara Tesei
Di salute mentale e tabù di coppia

Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.

Elena Incatasciato
Di bisessualità e pansessualità

Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.

Ali Bravini
Di poliamore, neurodivergenze e salute mentale

Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.

Michela Andreozzi
E se non voglio essere madre?

Essere donna prima di essere madre. Decidere di NON avere figli è ancora un tabù. Dalla discriminazione alla scelta: il percorso verso una vita senza maternità raccontato dalla sagace penna di Michela Andreozzi.

Egizia Mondini
L’editoriale: quali sono i tabù di oggi?

Quello che è tabù per uno può essere pregiudizio per un altro. Quando apriamo il barattolo e dobbiamo decidere cosa metterci dentro, le diverse prospettive emergono e diventano esse stesse un interessante spunto di riflessione e confronto. 

Alessandro Michetti
Il porno è ancora un tabù?

La vergogna è il braccio armato dei tabù, che a loro volta sono l’impalcatura che tiene in piedi uno dei dogmi più insidiosi e castranti che esistano: la sacralità del sesso. Intervista ad Alice Scornajenghi, creatrice dell’acclamata fanzine erotica Ossì, spazio per una narrativa porno di qualità.

Raffaella Mottana
Soli

Il tema tabù coinvolge anche la questione delle nuove coppie: troppie, coppie aperte, poliamoros*. E proprio a questo è ispirato questo racconto. Un altro frutto della collaborazione con Accento Edizioni con i suoi promettenti, brillanti giovani autori. 

Francesco Ferreri
Tabù, tra paura e controllo

Il potere dei tabù: strumenti sociali di controllo e l’influenza infettiva all’interno dei gruppi, anche lgbtqia+.

Giulia Paganelli
Corpi grassi: tabù e identità nella comunità LGBTQIA+

Grassofobia: la battaglia contro gli stereotipi nella comunità LGBTQIA+, nell’era di Sam Smith.

Ali Bravini
Basta un pezzo di carta (?)

Tabù di genere e percorsi trans: la necessità di un cambio radicale.

Luca Ragazzi
La sessualità tra gli anziani nel cinema: oltre il tabù 

Desiderio e intimità: rappresentazioni della sessualità tra anziani, oltre gli stereotipi. Ecco un’antologia dei film che trattano (bene) l’argomento. 

Egizia Mondini e Alessandro Michetti
Lo stigma della depressione

Intervista al Trio Medusa, ambassador della campagna “La Depressione non si sconfigge a parole”.

Valeria Scancarello
Il “peso” dello stigma: centimetri della mia storia

Affrontando la grassofobia: una riflessione personale sulla società e l’accettazione di sé.

Egizia Mondini
L’editoriale – Nuove mappe per orientarsi

C’è venuta voglia di indagare nuove geografie, zoomando sui dettagli, sbirciando dentro i vicoli delle nostre sfumature, vedendo fino a che punto ci siamo spinti alla scoperta di nuovi territori, ridisegnando la mappa del nostro ecosistema. Ne è emersa una nuova cartografia della comunità lgbtqia+, e non solo, intrigante e stimolante, ma con confini mai troppo definiti. Non vi resta che sfogliare l’atlante insieme a noi.

Isabella Borrelli
Il linguaggio inclusivo fa schifo

“Vi inventate sempre nuove parole” è l’accusa più diffusa e fessa mai fatta alla comunità lgbtqia+. Il linguaggio neutro ha provato a proporre nuove mappature che scardinassero il maschile universale. L’utilizzo di linguaggi neutrali e non binari ha avvistato una nuova terra del linguaggio queer. La rottura del paradigma, della norma e del cambiamento è invece non solo qualcosa a cui aspirare ma una pratica politica. E’ anche attraverso il cambiamento e sovvertimento del linguaggio che pratichiamo la nostra dissidenza. E affermiamo la nostra esistenza. 

FRAD
Non si può più dire niente?

Sembra l’argomento del momento, anche in bocca a chi ancora fa fatica a capirne il senso. Un senso prima ancora umano che politico. E allora noi, abbiamo pensato di prenderci anche un po’ in giro. Per non farci dire che ci prendiamo sempre e solo troppo sul serio. E chi meglio di FRAD poteva riuscirci? Ma davvero con noi persone LGBQTQIA+non si può più dire niente? E non si può scherzare? Per fortuna ci sono le vignette di Frad.

Antonia Caruso
È davvero inclusivo parlare inclusivo? 

Abbiamo iniziato davvero a credere che cambiando le parole sarebbe cambiato il mondo. Se non ché, il resto del mondo continua a non saper né leggere né scrivere e la lingua del futuro non sarà sicuramente l’italiano.

Jennifer Guerra
Il movimento trans-femminista oggi in Italia

Non solo grandi città. Dalle Case delle donne ai centri antiviolenza; l’importante rete di supporto della rete transfemminista italiana cresce nei piccoli centri con oltre 150 gruppi e iniziative.

Gayly Planet
Le nuove geografie del turismo LGBTQIA+

Dai Grand Tour ai Gay Camp: il turismo LGBTQIA+ in Italia racconta la storia della nostra comunità, dall’Ottocento fino ai giorni nostri.

Vincenzo Branà
L’importanza dei pride di provincia

Piccoli centri, grandi Pride: dal caso di Latina a quello di Campobasso, dalla crescita di Ragusa all’abbraccio orgoglioso di Lodi. E se la politica LGBTQIA+ ripartisse da qui?

Alessia Laudoni Moonday_yoga
Mappe corporee: un viaggio affascinante di connessione e consapevolezza 

Chakra e identità, la connessione tra corpo e spirito è un viaggio di consapevolezza e integrazione che porta allo svelamento del proprio sé al resto della comunità.

Livia Patta
Una mappa verso il Sé: le costellazioni familiari

Accettazione e identità, liberando il passato e imparando dal lessico familiare. Il potere dei legami relazionali cambiano vite, costruiscono comunità, generano galassie.

Luca Ragazzi
Guida per orientarsi nelle piattaforme on demand

Se parliamo di mappe per orientarsi, allora sappiamo bene quanto possa essere utile una guida per non perdersi nei meandri labirintici e infiniti dei film a tematica lgbtqia+ delle library delle piattaforme on demand. Questa la nostra.

Alessandro Michetti
Via Balilla, è così che dovrebbe andare il mondo

Esplorando uno dei quartieri più accoglienti della comunità LGBTQIA+ a Roma, protagonista del documentario “Noi qui così siamo” di Maurizio Montesi.

Collettivo “La Gilda del Cassero”
Geografie queer dal pianeta nerd

La Gilda di Bologna da anni promuove i giochi da tavolo come strumento di impatto sociale e politico per le persone LGBTQIA+, battendosi per una giusta rappresentazione e decolonizzazione degli immaginari ludici.

Mohamed Maalel
Palermo è la mappa del mio corpo

Un diario pieno di coordinate alla ricerca di ricordi, aspettative e identità, nella capitale più LGBTQIA+ della Sicilia. Il racconto intimo e personale di un pugliese, per metà tunisino, che lascia la sua terra per un posto tutto nuovo: la Palermo di oggi.

Nicolò Bellon
Guida agli uomini passati di qua

Tra le note di Milva e Dalla, tra le strade di Roma e Biella, il giovane scrittore Nicolò Bellon disegna una mappa di ricordi, sentimenti e malinconie.

Alessandro Michetti
Chieti, la provincia che vive in mille città

Vivere l’identità LGBTQIA+ nei piccoli centri e il bisogno di spazi sicuri e protetti dall’omotransfobia: un’intervista al consigliere Arcigay di Teramo, Fabio Milillo.

Edoardo Tulli
Per una città diversa in una società di uguali

Una lotta che dal 1994 arriva a oggi: un progetto di riqualificazione per rompere i confini e accogliere la comunità del Palazzo Mario Mieli nel quartiere San Paolo a Roma.

Giacomo Guccinelli
Asessualità e aromaticismo. Identità politiche e narrativa dell’assenza

Le persone aroace, asessuali e aromantiche, sono identità che problematizzano, mettono in dubbio e si sottraggono da ciò che la maggioranza pensa sia normale all’interno delle dinamiche relazionali. Disegnando nuove geografie dei rapporti.

Simone Gambirasio
Corpi disabili, corpi invisibili

I luoghi di visibilità LGBTQIA+ sono davvero così accessibili per le persone con disabilità?

Antonia Caruso
Occhio non vede, cuore non vota

L’invisibilità si crea con l’esclusione dal campo visivo, è un processo attivo e selettivo per annullare l’essenza dell’altro. Ed è soprattutto all’interno della popolazione trans che troviamo un gatekeeping interno.

Stephan Mills
Il mio corpo intersex invisibile

Perché così poche persone conoscono la realtà intersex? E’ tempo di rendere più visibile una realtà ancora troppo poco conosciuta: quella dei corpi intersex. Un percorso di lotta per ottenere i cambiamenti desiderati e di accettazione degli aspetti che non vogliamo cambiare. 

Egizia Mondini e Alessandro Michetti
L’editoriale: Invisibili

Essere visibili è un atto politico, di autoaffermazione, autodeterminazione e affrancamento, ma anche un’urgenza esistenziale, oltre che di condivisione. Perché “fuori dalla collettività c’è solo la mitomania”. 

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