Cosa significa fuorilegge per la comunità queer? Fuori dalla legge, illegali, senza legge? Perché dal 1994 (anno del primo Pride in Italia) abbiamo raggiunto davvero poco, solo una legge, quella sulla Unioni Civili. Poi il nulla. Anzi, ora nel carnet se n’è aggiunta una che definisce le nostre famiglie un reato universale. Non una tutela in più, ma un passo indietro nel diritto e nella libertà di autodeterminazione, con il solo scopo di attaccare noi e non, come dicono, di tutelare i/le nost* figl*.
Quindi chi sono i veri fuorilegge? Chi sceglie di esserlo o chi, invece, ci finisce senza volerlo, per il solo fatto di esistere?
A maggio, è arrivata una sentenza che ha fatto giurisprudenza e giustizia: la numero 68/2025 della Corte Costituzionale. Una decisione storica: per la prima volta in Italia, viene riconosciuto il diritto dei bambini, nati da coppie lesbiche, di avere due madri sin dalla nascita. Da oggi non sarà più necessaria l’adozione in casi particolari, né saranno più legittimi i disconoscimenti forzati. È un riconoscimento pieno di una genitorialità reale, affettiva, quotidiana. E’ un sospiro di sollievo e un incoraggiamento a continuare a credere che, piano piano, le cose le stiamo cambiando. In meglio. Per tuttə.
Nel mese del pride parliamo di tutti coloro che vorrebbero essere riconosciuti dalla legge, e non lo sono. Sostenuti, e non lo sono. Accolti, e non lo sono. Tutelati, e non lo sono. Garantiti, e non lo sono. È un catalogo di resistenze che parla di famiglie negate, Pride vietati, diritti svuotati. Di sentenze che arrivano. Di percorsi fatti di umiliazioni burocratiche, di leggi che mancano, di silenzi che feriscono. Ma c’è anche chi, ostinatamente, cambia la storia.
Il manifesto del Pride parla di corpi non normati, di famiglie non canoniche, di desideri che non si possono standardizzare. Parla di chi attraversa frontiere non per scelta ma per sopravvivenza. Parla anche di chi chiede di poter scegliere come vivere e quando morire, e per questo viene definito criminale.
FUORILEGGE! è lo slogan del Roma Pride 2025, ispirato al brano di Rose Villain – e mai titolo fu più adatto. Perché siamo fuori da leggi che ci riconoscano, sì, ma anche da un immaginario che ci contempli senza bisogno di giustificazioni. Perché la comunità LGBTQIA+, in Italia, è costretta ogni giorno a difendersi dalla politica, dalla burocrazia, dalla violenza culturale, dal disprezzo istituzionalizzato, dalle omissioni parlamentari, dalle campagne ideologiche che trasformano l’identità in bersaglio. Nel mondo, in oltre 60 Paesi, essere queer è ancora un reato. In alcuni può costare la vita.
E allora essere fuorilegge è diventata una condizione civile. È l’atto semplice ma radicale di esistere quando la legge si rifiuta di nominarci. È vivere con fierezza in una realtà che la politica ignora. Ma è anche – e forse soprattutto – un atto poetico: costruire linguaggio dove c’è censura, comunità dove c’è isolamento, affetto dove c’è odio.
Siamo fuorilegge perché lo Stato non sa ancora scrivere leggi che parlino di noi. Ma sappiamo farlo noi: con le parole, con i gesti, con le piazze.
Questo numero di AUT è il nostro codice civile: non riconosciuto, ma autentico. Non approvato, ma vero. E se oggi essere fuorilegge significa difendere la nostra umanità, allora sì: lo siamo, lo saremo. Con ogni pagina, ogni marcia, ogni voce.